martedì 30 settembre 2014

Verrà Google Glass e avrà i tuoi occhi: capitalismo digitale e colonizzazione totale dei mondi della vita


Federico Rampini: Rete padrona. Amazon Google & co, Feltrinelli

Risvolto

  “Mi trasferii a San Francisco nel 2000 per vivere nel cuore della Silicon Valley la prima rivoluzionedi Internet. Ci ritorno oggi da New York e ho
le vertigini, e un senso d’inquietudine. La velocità del cambiamento digitale è stata superiore a quello che ci aspettavamo e ormai la Rete penetra in ogni angolo della nostra vita: il lavoro, il tempo libero, l’organizzazione del dibattito politico e della protesta sociale, perfino le nostre relazioni sociali e i nostri affetti. Ma la Rete padrona ha gettato la maschera. La sua realtà quotidiana è molto diversa dalle visioni degli idealisti libertari che progettavano un nuovo mondo di sapere e opportunità alla portata di tutti.
I nuovi Padroni dell’Universo si chiamano Apple e Google, Facebook, Amazon e Twitter. Al loro fianco, la National Security Agency, il Grande Fratello dell’era digitale. E poi i regimi autoritari, dalla Cina alla Russia, che hanno imparato a padroneggiare a loro volta le tecnologie e ormai manipolano
la natura stessa di Internet. Sia chiaro: guai a disprezzare i benefici a cui ci siamo assuefatti, nessuno di noi vorrebbe veramente tornare indietro. Ma il tecno-totalitarismo che avanza non è neutro né innocente. Con questo libro vi porto in viaggio con me nella Rete padrona. È un viaggio nel tempo, per confrontare le speranze e i progetti più generosi di un ventennio fa con le priorità reali che plasmano oggi il mondo delle tecnologie. È un viaggio nei luoghi e nei paesaggi della California dove ho vissuto a lungo, che ritrovo sempre più affascinanti, ma in preda a una feroce divaricazione sociale tra le élite digitali e il resto della società. È un viaggio tra i personaggi che hanno segnato quest’epoca, da Bill Gates a Steve Jobs, a Mark Zuckerberg, e tra tanti altri profeti e visionari meno noti, che già stanno progettando le prossime fasi dell’innovazione.
Perché capire quel che sta diventando la Rete è ormai indispensabile per cogliere la vera natura del capitalismo contemporaneo.”


Non esiste la cyber utopia 
Web. Nel libro di Federico Rampini, «Rete padrona, Amazon Google &co», uscito per Feltrinelli, ci si inoltra fra le pieghe inquietanti della rete e del suo controllo

Simone Pieranni, il Manifesto 30.9.2014 


In certi momenti Fede­rico Ram­pini ci va molto vicino: quando descrive i mec­ca­ni­smi di Ama­zon e Face­book o il cam­bia­mento dei gusti e di uti­lizzo di pro­dotti, come la musica con Apple o in molti esempi che for­ni­sce su Goo­gle. Poi, però, si ferma, per­den­dosi in esempi e con­si­de­ra­zioni super­fi­ciali. Eppure il gior­na­li­sta di «Repub­blica», senza volerlo, o meglio, senza espli­ci­tarlo, parla esat­ta­mente del peri­colo più grande che arriva con il «futuro tec­no­lo­gico» dise­gnato da guru e mar­ke­ting expert della Sili­con Val­ley: la «delega tec­no­lo­gica». I social net­work ci sot­to­pon­gono a quello che viene defi­nito il potere del «default», accet­tare deci­sioni prese per noi da altri; deci­sioni che subiamo per pigri­zia, «fidu­cia nel mezzo», poca intra­pren­denza o per­ché, in fondo, ci con­ven­gono.
Ram­pini scrive di que­sto sen­ti­mento, senza mai nomi­narlo, ma sba­glia il sog­getto: non è che que­sta ten­denza alla delega sia nata con Face­book, Apple o Ama­zon. Nella vita al di fuori dello schermo accade già, e non da poco tempo. Quanti di noi si affi­dano alla rap­pre­sen­tanza di chi prende le deci­sioni nel nostro paese o nel mondo? Nel suo libro, Rete padrona, Ama­zon Goo­gle &co. Il volto oscuro della rivo­lu­zione digi­tale (Fel­tri­nelli, pp.288, euro 18) Fede­rico Ram­pini tenta di tenere un equi­li­brio tra lo sballo pro­vato a indos­sare i Goo­gle Glass e il rischio che que­sta tec­no­lo­gia com­porta. Un discorso piut­to­sto comune, con­dotto con stile (Ram­pini sa scri­vere, è indub­bio), ricco di esempi (alcuni forse ecces­sivi e poco signi­fi­ca­tivi, come quelli rela­tivi a moglie e figlia): la tec­no­lo­gia ha grandi pos­si­bi­lità, «ma anche» peri­coli nascosti. 

Il magma dei Big Data 
La tec­no­lo­gia ci fa vivere le infor­ma­zioni in real time, «ma anche» ci rende schiavi, ecce­tera. La tesi di fondo è che la tec­no­lo­gia, il suo uti­lizzo e il suo potere, fini­scono per diven­tare impor­tanti non solo nella vita di ogni sin­golo indi­vi­duo, «ma anche» nei rap­porti tra grandi potenze. Tutto il potere dei vari Goo­gle, Apple, Ama­zon, è in grado di scuo­tere equi­li­bri inter­na­zio­nali, por­tando all’estrema impor­tanza un fat­tore che fino a poco tempo fa veniva quasi snob­bato: la sicu­rezza. E con essa la pri­vacy. A que­sto pro­po­sito Ram­pini dedica dav­vero troppo poco spa­zio allo scan­dalo del Data­gate, sal­vando Obama dalle grin­fie dei suoi detrat­tori, soste­nendo che la Casa Bianca «sapeva poco».
In que­sto magma di Big Data, «tra­spa­renza» e pro­ie­zioni com­mer­ciali, Ram­pini «vede» il futuro mer­cato di tutto quanto riguar­derà la sicu­rezza delle nostre azioni on line, ma lo rac­co­glie intorno a due mondi che tenta di divi­dere, igno­ran­done con­gruità e fina­lità omo­lo­ghe. Nelle pagine di Rete padrona, Ram­pini tenta di trat­teg­giare il con­fronto tra due forme «ambi­gue» di visione della Rete: quella dei Big (Face­book, Goo­gle, ecc) che cer­cano il mono­po­lio, il con­trollo, la crea­zione di onto­lo­gie per con­qui­starsi tutta la torta dispo­ni­bile e i suoi «oppo­si­tori». Par­tiamo dai primi: que­sti nuovi padroni sono in lotta tra loro, coin­vol­gono governi e Stati e hanno come prin­ci­pale nemico «l’Internazionale» dei nuovi anar­chici sma­net­toni (Wiki­leaks, Ano­ny­mous, Sno­w­den). Pre­ci­siamo un punto: tutta la prima parte, riguar­dante l’arroganza dei grandi, la cono­sciamo. Spe­ci­fi­chiamo solo un dato di cui Ram­pini sem­bra non ricor­darsi o essersi dimen­ti­cato.
Il gior­na­li­sta di Repub­blica ricorda il pas­sato idil­liaco di una Sili­con Val­ley in cui si respi­rava lo «spi­rito liber­ta­rio». A pagina 197 scrive: «è pos­si­bile un ritorno alle ori­gini della Sili­con Val­ley, quella che ebbe un’anima liber­ta­ria e anti­ca­pi­ta­li­sta?». Pec­cato che que­sto pas­sato non sia mai esi­stito, tutto quanto è uscito dalla Sili­con Val­ley è cre­sciuto nel brodo dei «right liber­ta­rians», ovvero gli anarco-capitalisti. Per­sone con mon­ta­gne di soldi che sogna­vano un’utopia digi­tale, che, in effetti, oggi pare essere piut­to­sto vicina. Si ricorda Ram­pini chi ha finan­ziato Pay­pal, Face­book e altri? Tutti quei pro­getti che ven­gono defi­niti «ini­zial­mente anti­ca­pi­ta­li­sti»?
Al riguardo, ci sono mon­ta­gne di arti­coli on line ed è impor­tante ricor­dare il libro del col­let­tivo Ippo­lita, Nell’acquario di Face­book, dove sono ben det­ta­gliate le scor­ri­bande capi­ta­li­sti­che dei fondi con cui sono nati mol­tis­simi dei giganti di oggi. Descri­vere que­sto pas­sato «liber­ta­rio» è dun­que un errore, che non per­mette di com­pren­dere la pecu­lia­rità e l’agire con­sueto di que­sti giganti. Un secondo – grave – errore di Ram­pini è quello di rac­co­gliere nello stesso frame chi, appa­ren­te­mente, si pone «con­tro» i «padroni della rete». Come si può defi­nire liber­ta­rio, ad esem­pio, Assange o Wiki­leaks, che ha una con­ce­zione radi­cal­mente gerar­chica del potere e che ha sfrut­tato, alla stessa stre­gua di Apple, i mec­ca­ni­smi con­torti e spesso fuor­vianti dell’odierna società dello spet­ta­colo?
Per­ché Ram­pini non ricorda che i siti che gesti­scono leaks, sono da sem­pre molto più sicuri e liber­tari (nel senso vero) di Wiki­leaks? Forse per­ché lo stesso Ram­pini è in que­sto pal­co­sce­nico su cui si muo­vono ten­denze diverse dello stesso approc­cio: una cyber uto­pia tota­li­ta­ria, per­fetto vestito per le con­tem­po­ra­nee società. Par­lare di «tra­spa­renza» nell’era dei social net­work è rischioso (per quanto Ram­pini sia molto cri­tico sia con Assange, sia con Sno­w­den e abbia posi­zioni difen­sive nei con­fronti di Obama) e andrebbe fatto, anche in un’opera pop, senza sem­pli­fi­care troppo. 

L’affaire Fox­conn 
La «tra­spa­renza» è, infatti, l’ideologia domi­nante tanto di Face­book, quanto di Wiki­leaks e acco­muna tutti gli attori glo­bali, impe­gnati nella nuova guerra sui dati. Sem­pli­fi­cando troppo, fino a bana­liz­zare, si ottiene l’effetto con­tra­rio: anzi­ché spie­gare, si aprono buchi neri nella com­pren­sione anche di un libro divul­ga­tivo. Infine, un det­ta­glio spe­cia­li­stico: Ram­pini descrive le male­fatte Apple, ricor­dando il caso Fox­conn in Cina. Il gior­na­li­sta ricorda l’opera di Mike Dai­sey che, in uno spet­ta­colo tea­trale, aveva rac­con­tato quanto rac­colto dai lavo­ra­tori cinesi della Fox­conn.
Manca un pic­colo det­ta­glio (che non esenta Apple da gravi respon­sa­bi­lità in ter­mini di diritti dei lavo­ra­tori): a seguito di pole­mi­che, Dai­sey ha ammesso di avere com­ple­ta­mente inven­tato alcuni det­ta­gli dei suoi 


Le tecnologie del controllo di Apple e Google

IOS 8, l’ultima ver­sione del sistema ope­ra­tivo mon­tato dai «mela­fo­nini», pre­senta infatti una serie di nuove fun­zio­na­lità con­ce­pite appo­si­ta­mente per garan­tire una mag­gior sicu­rezza alle comu­ni­ca­zioni e ai dati per­so­nali dell’utente. Un esem­pio è l’introduzione della full disk encryp­tion: una sorta di cas­sa­forte vir­tuale che pro­tegge le infor­ma­zioni archi­viate all’interno di un iPhone e che può essere aperta solo dal pro­prie­ta­rio del dispo­si­tivo con una pas­sword da lui impo­stata. Un sistema di cifra­tura blin­dato, che la stessa Apple non potrebbe scar­di­nare, nem­meno di fronte ad even­tuali richie­ste di col­la­bo­ra­zione da parte di forze di poli­zia e agen­zie di law enfor­ce­ment impe­gnate in inda­gini penali.

Un dif­fuso scetticismo
Non passa nep­pure un giorno e Goo­gle, prin­ci­pale con­cor­rente di Cuper­tino nel mer­cato degli smart­phone, annun­cia che non sarà da meno. Dalla pros­sima ver­sione di Android (nome in codice L) «la cifra­tura verrà abi­li­tata auto­ma­ti­ca­mente — ha dichia­rato il por­toa­voce Niki Chri­stoff -. I nostri clienti non dovranno nep­pure pen­sare a come atti­varla».
Nono­stante le pro­messe sban­die­rate a mezzo stampa da Chri­stoff e le solenni dichia­ra­zioni di intenti fatte da Cook, lo scet­ti­ci­smo ser­peg­gia tra gli addetti ai lavori. «Non vedo che inte­resse dovrebbe avere Goo­gle a ren­dere i suoi ser­vizi pri­vacy ena­bling — sostiene Clau­dio Nex Guar­nieri, esperto di sicu­rezza infor­ma­tica e atti­vi­sta per i diritti digi­tali -. È con­tro il suo modello eco­no­mico». Una larga fetta degli introiti di Big G deriva infatti dalla ven­dita di pub­bli­cità per­so­na­liz­zate, rita­gliate a misura d’utente, gra­zie a un costante moni­to­rag­gio delle sue atti­vità on-line. E per quanto riguarda Apple? Il giu­di­zio di «Nex» non cam­bia di molto. Seb­bene il ricer­ca­tore ammetta che «i miglio­ra­menti intro­dotti da iOS 8 siano inte­res­santi», que­ste sono tutt’altro che una pana­cea ai mali del tecno con­trollo dila­gante. Milioni di per­sone uti­liz­zano infatti in maniera asso­lu­ta­mente incon­sa­pe­vole ser­vizi come iCloud, un soft­ware che replica in modo auto­ma­tico sui ser­ver di Cuper­tino foto­gra­fie, fil­mati, rubri­che e mes­saggi di testo con­te­nuti nelle memo­rie di iPhone e iPad. «Apple può acce­dere a quei dati in qual­siasi momento e per qual­siasi motivo. E per quanto mi riguarda — con­clude Guar­nieriresta un part­ner del pro­getto Prism».

Il declino del Sili­con Val­ley Consensus
Nutrono per­ples­sità simili anche i mediat­ti­vi­sti di Av.A.Na (acro­nimo di Avviso Ai Navi­ganti), sto­rico Hac­klab del cen­tro sociale Forte Pre­ne­stino di Roma. «Rispe­diamo l’invito di Cook al mit­tente. Per­ché mai dovremmo fidarci?». Gli hac­ker capi­to­lini in par­ti­co­lare pun­tano il dito con­tro la chiu­sura dei sistemi ope­ra­tivi tar­gati Apple e Goo­gle: «per defi­ni­zione un sistema sicuro deve essere ana­liz­za­bile». In altre parole, il suo codice sor­gente deve essere dispo­ni­bile allo scru­ti­nio di que­gli svi­lup­pa­tori inten­zio­nati a revi­sio­narlo per sco­varvi even­tuali mal­fun­zio­na­menti o vul­ne­ra­bi­lità. Ios non sod­di­sfa que­sta con­di­zione, Android solo par­zial­mente.
C’è poi un altro pro­blema: l’hardware, ovvero le com­po­nenti fisi­che del cel­lu­lare, che gli sma­net­toni del Forte defi­ni­scono «un cola­brodo». Già, per­ché «la rete tele­fo­nica non solo for­ni­sce un trac­cia­mento det­ta­gliato degli spo­sta­menti e delle rela­zioni di ogni indi­vi­duo, ma i cir­cuiti col­le­gar­visi sono in grado di sca­val­care ogni pre­cau­zione ado­pe­rata dal sistema ope­ra­tivo». Fan­ta­scienza? Niente affatto. Si tratta di un’ipotesi già veri­fi­cata a feb­braio dai ricer­ca­tori della Free Soft­ware Foun­da­tion.
Che il Sili­con Val­ley Con­sen­sus sia colato a picco dopo il Data­gate non è un mistero. Pro­prio quest’estate un rap­porto pre­sen­tato dal New Ame­rica Foundation’s Open Tech­no­logy Insti­tute aveva evi­den­ziato come la fine della pri­vacy indi­vi­duale fosse solo una delle con­se­guenze della sor­ve­glianza di massa. Altret­tanto signi­fi­ca­tiva risul­tava essere la per­dita di cre­di­bi­lità dell’industria tec­no­lo­gica sta­tu­ni­tense. Un danno d’immagine con rica­dute diret­ta­mente eco­no­mi­che, dato che «per Goo­gle ed Apple la fidu­cia degli utenti è un bene da pre­ser­vare — spie­gano gli hac­ker di Av.A.Na. — Non dimen­ti­chia­moci che que­ste aziende trag­gono pro­fitto dalle nostre comu­ni­ca­zioni, dai dati che immet­tiamo sulle loro piat­ta­forme. Se smet­tiamo di farlo per­ché la loro repu­ta­zione crolla, alla lunga anche i loro bilanci potreb­bero fare la stessa fine. Un utente spen­sie­rato invece comu­nica di più. E quindi pro­duce di più».

Un esca­mo­tage cosmetico
E in que­sto senso, oltre alle rive­la­zioni di Edward Sno­w­den, non sem­bra aver gio­vato nep­pure il cosid­detto scan­dalo Fap­pe­ning. Il 31 ago­sto cen­ti­naia di foto espli­cite sono state inde­bi­ta­mente sot­tratte dagli account iCloud di vip e per­so­naggi del mondo dello spet­ta­colo per poi essere river­sate in rete. Tra le vit­time anche la modella Kate Upton e l’attrice Jen­ni­fer Law­rence: cele­brità inter­na­zio­nali a cui basta un tweet per influen­zare i gusti e le pre­fe­renze com­mer­ciali di milioni di con­su­ma­tori.
Ade­gua­ta­mente con­te­stua­liz­zata, la «svolta» di Moun­tain View e Cuper­tino sem­bra quindi più un esca­mo­tage cosme­tico che un effet­tivo ten­ta­tivo di raf­for­zare la pri­vacy dei pro­pri utenti: una stra­te­gia di mar­ke­ting dispie­gata per tran­quil­liz­zare i clienti e alli­neare il brand azien­dale ai timori di un pub­blico glo­bale, tur­bato dallo stil­li­ci­dio quo­ti­diano di noti­zie che testi­mo­nia la pro­gres­siva dis­so­lu­zione di ogni sfera d’intimità.
Nel solco trac­ciato da un biso­gno di riser­va­tezza sem­pre più dif­fuso e pal­pa­bile, si fa strada poco alla volta un nuovo trend eco­no­mico. Giorno dopo giorno prende piede un vero e pro­prio mer­cato della pri­vacy, chia­mato a fare le veci di que­gli stru­menti giu­ri­dici tra­di­zio­nali dimo­stra­tisi ina­de­guati a difen­dere l’individuo dallo sguardo per­va­sivo dell’occhio elet­tro­nico.
Non si con­tano più ormai le app per smart­phone, ven­dute con la pro­messa di tute­lare le comu­ni­ca­zioni degli utenti da orec­chie indi­screte; impaz­zano i blac­k­phone(tele­fo­nini spac­ciati come dispo­si­tivi a prova di inter­cet­ta­zione); nascono addi­rit­tura ini­zia­tive di cro­w­d­fun­ding per finan­ziare capi di abbi­glia­mento fatti con tes­suti in grado di scher­mare tablet e cel­lu­lari.
Che tali pro­dotti siano solu­zioni effi­caci conta fino a un certo punto: il loro valore risiede piut­to­sto negli imma­gi­nari che sono in grado di vei­co­lare. La lotta al Grande Fra­tello diventa un busi­ness e può essere intra­presa sem­pli­ce­mente acqui­stando un gad­get su Ebay. «Da que­sto punto di vista — affer­mano gli hac­ker di Av.A.Nala pri­vacy sta ormai diven­tando una moda». Goo­gle ed Apple l’hanno capito bene. «Que­ste mul­ti­na­zio­nali, insieme ai loro pro­dotti, ven­dono un sistema fidei­stico di valori da loro sta­bi­lito. Come se fosse un soft­ware, lo aggior­nano ogni volta che lan­ciano sul mer­cato un nuovo sistema ope­ra­tivo o un nuovo tele­fono». Il risul­tato, con­clu­dono, è che «l’autonomia dell’individuo si riduce ad una scelta acri­tica tra prodotti».

La corsa alla crittografia
Ma la guerra com­mer­ciale tra Apple e Goo­gle è anche spia di pro­fonde muta­zioni che stanno inve­stendo le fon­da­menta giu­ri­di­che del con­cetto di sicu­rezza. «In pas­sato que­sta veniva con­si­de­rata prio­ri­ta­ria rispetto alla pri­vacy — spiega l’avvocato Ful­vio Sar­zana, esperto di diritto dell’informazione -. Si trat­tava di una nozione di tipo col­let­tivo e la sua for­mu­la­zione era una pre­ro­ga­tiva delle isti­tu­zioni sta­tali». Dopo il Data­gate sono però inter­ve­nute tra­sfor­ma­zioni di tipo tec­no­lo­gico e nor­ma­tivo che hanno messo in discus­sione la vali­dità di tale assunto. La corsa alla crit­to­gra­fia nell’industria tec­no­lo­gica, la sua ado­zione da parte di milioni di per­sone, l’acuirsi della crisi di legit­ti­mità degli attori poli­tici tra­di­zio­nali; tutti ele­menti che indi­cano come l’idea di sicu­rezza vada sem­pre più decli­nan­dosi su un piano indi­vi­duale. Essa non è più codi­fi­cata dal legi­sla­tore, ma ero­gata sotto forma di ser­vi­zio da un’impresa pri­vata cui viene cor­ri­spo­sto un com­penso eco­no­mico. Stesso discorso vale per la pri­vacy. «Pen­siamo a quanto accade intorno al tema del diritto all’oblio — dice il giu­ri­sta -. Anche in quel caso Goo­gle svolge un ruolo mono­po­li­stico: è solo lui a sta­bi­lire come e quando con­ce­derlo». Lo spo­sta­mento di com­pe­tenze da entità sta­tali a sovra­sta­tali si fa com­pleto, «così come si spo­sta anche la que­stione della tutela indi­vi­duale del cit­ta­dino: oggi è neces­sa­rio capire come difen­dersi dagli abusi di potere delle grandi cor­po­ra­tion, oltre che da quelli dello Stato». Perso il mono­po­lio di pri­vacy, perso anche quello della sicu­rezza, al vec­chio Levia­tano, sostiene Sar­zana, «non rimane che quello della repressione».


Il giornalista racconta come è cambiata la rivoluzione digitale e come funzionano le logiche dei nuovi colossi mangiatuttoPanorama 3 settembre 2014


La profezia nefasta del giornalista: Internet, da infrastruttura collettiva a strumento di controllo che ci ha resi “servi della gleba”Silvia Malnati Wired

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