sabato 25 ottobre 2014

Sossio Giametta sulla filosofia italiana contemporanea

Qui per Cortocircuiti.


«La filosofia di oggi? Chiacchiere alla moda» 
Sossio Giametta stronca Severino e Cacciari, salva solo Morin e spiega il suo essenzialismo fondato sulla natura: «I veri pensatori cominciano dalla vita e dai problem i del loro tempo, non dai libri» 

25 ott 2014  Libero SIMONE PALIAGA 


«La filosofia oggi si è rimpicciolita ed è diventata una semplice variazione di temi alla moda anche per mancanza di genialità e di carattere». A dirlo non è certo uno dei pensatori da vetrina che bucano facilmente le pagine delle cronache culturali e che tutti conoscono. Forse il suo nome suonerà estraneo ai più, ma la filosofia italiana dovrebbe stendergli tappeti rossi. A pronunciare una sentenza così definitiva è Sossio Giametta che da poco ha portato a termine per Mursia una trilogia che è un confronto diretto con la grande tradizione di pensiero europea. Dopo Il bue scartato e altri macelli e L’oro prezioso dell’essere, arriva Cortocircuiti ( pp. 424, euro 18). 
Classe 1929, Sossio Giametta ha a suo carico la curatela di numerose edizioni di Spinoza, Goethe e Schopenhauer. Straordinario conoscitore della lingua tedesca, era stato chiamato da Giorgio Colli e da Mazzino Montinari a Weimar a lavorare sui manoscritti di Nietzsche per la realizzazione della prima edizione critica delle opere del solitario di Sils Maria, che oggi è diventata un riferimento imprescindibile per tutti gli studiosi. 

Come è passato dalla traduzione alla produzione di un pensiero? 
«È la filosofia che è venuta da me. Non mi sono mai definito filosofo. A chi mi chiedeva cosa facessi dicevo che mi occupavo di cose filosofiche, ma invecchiando ho raccolto i frutti del mio lavoro e ho cominciato a fare filosofia davvero». 

Come definirebbe il suo pensiero? 
«Essenzialismo: esso è una nuova filosofia, fondata esclusivamente sulla natura, intesa nei suoi due aspetti, sia come naturans sia come naturata. L’essenzialismo descrive la condizione umana come determinata dalla combinazione di due elementi eterogenei: dall’essenza di tutto ciò che esiste, che è divina, e dalle condizioni di esistenza, che sono spesso fin troppo diaboliche, a cui sono sottoposte tutte le creature. Il contemperamento di questi due elementi, diverso in ogni individuo, spiega le ragioni eterne per cui si crede o non si crede, si afferma o si nega la vita, si è ottimisti o pessimisti...». 

Quindi c’è un legame stretto tra la sua filosofia e l'uomo? 
«Certo! Le dirò di più. Essa nasce da un problema personale, che poi si approfondisce e si lega ad altri fino a generare una vera e propria filosofia. La filosofia comunque corrisponde a una dimensione costitutiva dell’uomo. Se la elimino lo mutilo, come lo mutilerei se lo privassi della politica o della poesia». 

Ma che rapporto corre tra la filosofia e la storia? 
«La filosofia interpreta i problemi del tempo e questo fanno o dovrebbero fare i filosofi di ogni epoca, dunque anche della nostra. Che lo facciano bene o male bisogna vederlo. I più si limitano a variare i temi alla moda. E cominciano dai libri. Il vero filosofo comincia dalla vita e non dai libri; e pur partendo dalla contemporaneità si occupa di tutta la filosofia, confrontandola con le sue idee nuove». 

Quindi per cominciare a filosofare occorre partire dalla vita? 
«Schopenhauer diceva che la filosofia è come Tebe dalle cento porte, che tutte portano al centro. Ciò vuol dire che si può cominciare con uno dei cento problemi personali e finire al centro della filosofia, come ho raccontato di me stesso nel dialogo che occupa le prime pagine di Cortocircuiti». 

Dei filosofi contemporanei che cosa pensa? 
«Severino è simpatico e gentile. Ma quando indaga gli eterni non lo capisco. Parlare di vita eterna equivale a contraddirsi. La vita è un autosuperamento continuo, un alternarsi inesausto di vita e di morte e dunque di eterno c’è ben poco. E lo stesso vale per Cacciari. Ha una tendenza alle sottigliezze e quello che per lui è labirinto per me è chiarezza».

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