domenica 8 marzo 2015

Il Paese indispensabile: faro della democrazia, gli USA sono anche difensori della libertà religiosa nel mondo. Un mondo ingrato


Il servilismo della stampa italiana non ha pari [SGA].



Così l’America esporta la libertà religiosa 

Il modello adottato nel 1998 ha incontrato favori e tensioni Ma discriminazioni e ostilità hanno continuato ad aumentare 

Domenica 8 Marzo, 2015 LA LETTURA © RIPRODUZIONE RISERVATA
In gran parte del mondo la libertà religiosa è calpestata. I credenti non possono studiare e insegnare la loro fede. Non possono associarsi e propagare il loro credo. Non possono aprire templi, celebrare riti, rispettare i precetti. Sono guai per chi cambia religione, per chi critica la fede propria o altrui. Gli Stati, dall’alto, vietano e reprimono. La società, dal basso, intimidisce, angaria, perseguita: con aggressioni individuali e di gruppo, con linciaggi di massa. Chi resiste rischia multe, discriminazioni in famiglia e sul lavoro, botte, stupri, carcere, torture, morte. In alcuni Paesi, come Cina e Vietnam, la libertà religiosa è compressa in nome del comunismo ateo. Altrove, la religione perseguita la religione, il credente attacca il credente. Soprattutto, le maggioranze religiose opprimono le minoranze. 

In un rapporto del 2014 il Pew Research Center ha denunciato l’incremento di ostilità sociale e di restrizioni governative di cui sono vittime i credenti nel mondo. Il sociologo americano che ha curato il rapporto, Brian Grim, condivide con «la Lettura» il suo pessimismo. Almeno a medio termine, il barometro continuerà a segnare brutto tempo per la libertà religiosa. Il flusso quotidiano di cattive notizie interpella l’Occidente. Dilagano le bande che uccidono in nome dell’islam. Stragi in Iraq, Nigeria e Pakistan, orrore in Iran e Arabia Saudita, omicidi a Ottawa, Parigi e Copenaghen. Cresce l’allarme per l’emergenza globale. Si moltiplicano gli appelli di leader religiosi e politici, di intellettuali e attivisti, perché l’Occidente promuova una mobilitazione internazionale. 
Ma come agire? Quale modello seguire? Gli Stati Uniti sembrano imporre sempre più la loro leadership . Nata dalle persecuzioni religiose del Vecchio Continente, l’America è la «città luminosa sulla collina» che Dio ha voluto d’esempio al mondo. È il Paese dove la religious liberty è la prima di tutte le libertà, l’eccezione in un mondo ostile a Dio. Soprattutto, gli Stati Uniti sono fin dalla loro fondazione un modello di esportazione della libertà religiosa. Nell’introduzione del suo libro in preparazione per Harvard University Press, che «la Lettura» ha potuto leggere in anteprima, la studiosa Anna Su dell’Università di Toronto spiega lo sviluppo dell’esportazione della libertà religiosa americana. 
Dapprima, gli Stati Uniti si sono limitati a sostenere diplomaticamente le minoranze perseguitate, ma col crescere del loro peso geopolitico hanno influenzato sempre più il diritto internazionale e nazionale. Dopo la caduta del Muro di Berlino, vinta la guerra contro i nemici di Dio, l’America ha dovuto misurarsi con nuove minacce alla libertà religiosa. Nella seconda metà degli anni Novanta, le aggressioni a cristiani in varie parti del mondo, in particolare in Sudan, spinsero la lobby cristiana conservatrice a incalzare l’amministrazione Clinton. Nel 1998 il Congresso approvò l’ International Religious Freedom Act : l’impegno internazionale per la libertà religiosa diveniva obiettivo prioritario della politica estera americana; venivano messi a disposizione denaro, uomini, uffici. Nascevano l’ambasciatore per la libertà religiosa, di nomina presidenziale, e la Commissione per la libertà religiosa internazionale, agenzia di nomina mista parlamentare e governativa che monitora la libertà religiosa nel mondo e stila la lista dei Paesi canaglia. Anna Su sottolinea come la legge riassumesse un lungo processo storico, ma il contesto di fine anni Novanta era affatto peculiare. 

Jeremy Gunn, oggi professore in Marocco, seguì all’epoca l’iter legislativo per il dipartimento di Stato, il ministero degli Esteri di Washington. «Vi fu certo la pressione sull’amministrazione Clinton di chi voleva la legge per rafforzare l’azione missionaria cristiana nel mondo e per contrastare la secolarizzazione — dichiara Gunn a “la Lettura” —, ma la legge intendeva proteggere ogni fede e superava l’unilateralismo americano in favore di un’azione multilaterale su scala internazionale». 
La legge del 1998 e il suo retroterra storico e concettuale sono il punto di partenza di un libro di prossima pubblicazione per il Mulino, in cui Pasquale Annicchino presenta il successo e i limiti del modello americano di esportazione della libertà religiosa. Lo studioso dell’Istituto universitario europeo di Firenze descrive come vari Paesi europei abbiano ascoltato il partner americano e si siano in vari modi ispirati al modello disegnato dalla legge del 1998. In una conversazione con Annicchino citata nel volume, Franco Frattini racconta i suoi tentativi come commissario dell’Unione Europea e come ministro degli Esteri italiano di sviluppare una politica d’intervento in favore della libertà religiosa nel mondo, spesso in collaborazione con la Santa Sede. L’autore presenta Frattini come il pioniere di un’azione continuata dai governi italiani successivi con scarsa efficacia, ma capace di colpi spettacolari come la liberazione di Meriam Ibrahim, condannata a morte in Sudan per apostasia. 
Sebbene la diplomazia francese sia restia a battersi esplicitamente per la libertà religiosa, il «polo religioni» voluto in Francia dal ministro degli Esteri Bernard Kouchner nel 2009 è un segnale del crescente impegno francese nella geopolitica religiosa. Il Foreign Office britannico ha costituito nel 2014 un ufficio per la libertà di religione e si è dato linee guida da cui traspare evidente l’ispirazione americana. Nel 2013 il primo ministro canadese ha nominato un ambasciatore per la libertà religiosa secondo il modello della legge Usa del 1998. Gli attori e il modello americani si sono mostrati influenti anche sul Servizio europeo per l’azione esterna, il ministero degli Esteri dell’Unione Europea: sono in vigore dal 2013 le linee guida dell’Ue per la protezione e la promozione nel mondo della libertà di religione e di convinzione. 
La mobilitazione occidentale non convince tutti. La politologa Elizabeth Shakman Hurd ha più volte denunciato il nazionalismo cristiano alla base della politica estera americana e l’erronea convinzione che la religione sia il principale fattore di identità collettiva. Il suo prossimo libro criticherà la «politica globale» della libertà religiosa. D’opinione opposta Thomas Farr della Georgetown University, secondo il quale l’Occidente non crede abbastanza nel valore della religione nella vita pubblica. Annicchino crede nella via intrapresa, ma invita a non farsi illusioni. È impossibile un mondo in cui tutti intendano la libertà religiosa allo stesso modo, in cui il diritto protegga perfettamente le fedi e in cui nessuno manipoli Dio. È tuttavia possibile lavorare per un mondo migliore. In cui sia più libero chi vive pacificamente il proprio credo. 

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