martedì 3 marzo 2015

L'avvento della società di massa in un saggio di Robert Musil del 1923

L' uomo tedesco come sintomo
Libero ha giornalisti culturali in gamba. Perché allora questa recensione? [SGA].

Robert Musil: L’uomo tedesco come sintomo, Pendragon
Risvolto

"Trattare l'uomo tedesco come sintomo significa porre il problema della civilizzazione ". In questo saggio incompiuto, del 1923, Musil mette a tema l'impossibilità di una ideologia dominante. Distrutta ogni fede, ogni regola di vita, rimasto privo di una cultura, l'uomo crolla: ne rimangono solo i sintomi. Contando sulle qualità più meschine dell'uomo, il capitalismo plasma e concentra le forze: è l'immane organizzazione dell'egoismo al ribasso. Il lavoro oggi è il nesso fondamentale e il denaro è la misura di tutte le cose. Nel vuoto ideologico, sorge quindi l'uomo dei fatti: politico, commerciante, ingegnere - sottile bilanciamento di calcolo e volontà, razionalità e irrazionalità. La mentalità calcolante poggia però sempre su un coacervo di congetture, approssimazioni, desideri. Inutile cercare soluzioni di retroguardia nel passato: la nuova teoria all'altezza dei tempi è il teorema dell'assenza di forma, antesignano dell'uomo senza qualità. 

Gli uomini senza qualità vengono da Berlino» 
Esce in Italia «L’uomo tedesco come sintomo» in cui Musil, nel ’23, distrugge il carattere germanico schiavo dell’economia, burocrate, introflesso. Molte le analogie col «Quarto Reich» della Merkel... 
3 mar 2015  Libero ROBERTO COAOLA 

Per Robert Musil (1880-1942) «trattare l’uomo tedesco come sintomo significa porre il problema della civilizzazione». Una civilizzazione, che come ha illustrato la storia del Novecento è stata messa in crisi più volte dalla Kultur tedesca. E oggi Deutsch Kultur è soprattutto sinonimo di rigore finanziario e astrattismo formale. Che cosa direbbe oggi l’uomo della Carinzia (e suddito dell’Impero multinazionale degli Asburgo) dell’attuale Europa targata Germania? Che cosa direbbe di Angela Merkel? L’Europa sta subendo un nuovo Anschluss, un’affilizione mentale prima ancora che un’annessione politica ed economica? L’Europa è diventata una vera e propria gabbia istituzionale? È la nuova Kakania di Musil? 
Oggi, a suscitare queste domande sulla superpotenza tedesca è l’uscita in Italia di un saggio del 1923, incompiuto, di Robert Musil, L’uomo tedesco come sintomo (Pendragon, Bologna, pagg. 128, euro 14,00), nella traduzione e con un saggio introduttivo di Francesco Valagussa. 
La Kakania, dove tutto era «K. u. K.» (dalle iniziali Kaiserlich und Königlich) era l’Impero di Francesco Giuseppe, Imperatore d’Austria e Re d’Ungheria. Questo secolare Impero si stava lentamente sfasciando proprio perché i suoi uomini chiave (ministri come Ottokar Czernin) aspiravano a una germanizzazione dell’Austria-Ungheria. Francesco Giuseppe e poi l’ultimo Imperatore Carlo (che non voleva far prevalere l’elemento tedesco nella Duplice Monarchia) furono ostaggi del Kaiser Guglielmo II all’indomani dello scoppio della Prima guerra mondiale, quando il popolo tedesco entrò nel conflitto con esagerato ottimismo. Musil fu soprattutto un austriaco. Quando la Prima guerra mondiale distrusse l’Impero, egli diventò un intellettuale di lingua tedesca, che cercava la consacrazione letteraria in quella che allora era una capitale della cultura, Berlino. Restò in Germania fino alla presa di potere dei nazisti nel 1933, quando tornò a Vienna per il pericolo che sua moglie ebrea correva nel Reich. Nel 1938, dopo l’Anschluss, Musil emigrò con lei in Svizzera. A Ginevra lavorò alacremente per terminare l’opera L’uomo senza qualità, 1942. 
In L’uomo tedesco come sintomo, lo scrittore si pone delle domande sull’impossibilità di un’ideologia dominante, dopo la Grande Guerra. Distrutta ogni fede, ogni regola di vita, rimasto privo di una cultura, l’uomo crolla, trovandosi con un capitalismo che plasma e concentra le forze, in un’immane organizzazione dell’egoismo al ribasso. Oggi, non c’è più la Kakania di Musil, ossessionata dal Reich guglielmino come modello. C’è il «Quarto Reich» di Angela Merkel, che esercita spavaldo il suo predominio. Non c’è più il partito tedesco dell’Austria-Ungheria, che prima della Grande Guerra aveva, di fatto, esautorato il potere degli Asburgo alleandosi pericolosamente con Guglielmo II. Oggi c’è il Quarto Rei- 
ma morì 
il 15 aprile ch di Frau Merkel, che con il suo eccesso di burocratismo minaccia gli equilibri economici e le conquiste sociali in Europa, sviluppatesi nel corso del Novecento. È il ritorno dell’uomo tedesco, compiaciuto, che osserva la sua pancia piena e non vede al di là del proprio ombelico, antesignano dell’uomo senza qualità. 
Dopo la guerra, Musil scrisse: «Eravamo dei cittadini laboriosi, siamo diventati degli assassini, dei macellai, dei ladri, degli incendiari e roba simile». Siamo tornati a casa portando con noi «soltanto un’inquietudine piena di stupore». Il primo conflitto mondiale è il tournant: «Ciò che abbiamo vissuto nel 1914 ha insegnato di quali eccessi di espressioni contrapposte è capace il medesimo materiale umano».  
Per Musil non bisogna fare gli errori del passato: l’uomo tedesco si è allontanato troppo dai suoi modelli incarnati da Goethe e Kant. L’economia, a un certo punto della storia tedesca, è prevalsa. Osserva: «Vi è qualcosa di provinciale che contamina questo volo in alta quota dello spirito tedesco che si leva da uno stato nano feudale e borghese, qualche cosa di ristretto tipico del Biedermeier». Parole che sono un preludio a una critica del mondo tedesco nel suo capolavoro, L’uomo senza qualità: «Nel mondo di Goethe il battito dei telai era ancora considerato un rumore molesto; ai tempi di Ulrich s’incominciò a gustare la canzone delle macchine, dei magli e delle sirene di fabbrica».

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