giovedì 5 marzo 2015

Un libro su Maria Zambrano e Simone Weil

Stefania Tarantino: Aneu metròs/senza madre. L'anima perduta dell'Europa. María Zambrano e Simone Weil, La scuola di Pitagora

Risvolto

La ricerca di Stefania Tarantino porta alla luce le riflessioni di María Zambrano e di Simone Weil sull’origine della violenza europea, reinterpretando alcuni luoghi fondativi del pensiero occidentale. Vissute controcorrente nella bufera del Novecento, le due filosofe, seppur in maniera diversa, hanno mostrato i meccanismi che hanno modellato la struttura simbolica del dominio, della superbia della metafisica occidentale nei confronti della materialità del corpo materno. Tutto ciò ha determinato un oltrepassamento senza misura dei limiti imposti alla condizione umana, a favore di una oggettivazione intellettuale sempre più calcolante della natura umana e della realtà. La svalutazione del corpo-materia ha provocato la distruzione di quegli antichi saperi che, inizialmente, riguardavano la connessione originaria di corpo, anima e mondo. Madre, materia, misura, simbolizzano la generazione di ogni cosa nella sua misura, nella giusta separazione, la manifestazione ordinata ed equilibrata delle cose e degli esseri attraverso un principio generatore.
Solo quando si sarà liberata dall’ossessione di poter fare a meno di ciò che la rende vulnerabile, l’Europa riuscirà a rigenerare se stessa e ad attingere a una forza inedita.
Stefania Tarantino è filosofa e musicista. Svolge la sua attività di ricerca presso l’Università di Napoli “L’Orientale” e collabora con la cattedra di Storia della Filosofia dell’Università “Federico II” di Napoli. Il suo lavoro è incentrato soprattutto sulle filosofe del XX secolo e sulla problematizzazione della differenza sessuale all’interno della storia della filosofia e del pensiero politico contemporaneo.

L’inciampo del pensiero nel cuore ferito d’Europa Saggi. «Aneu metròs/senza madre», un saggio su Maria Zambrano e Simone Weil di Stefania Tarantino per La scuola di PitagoraAlessandra Pigliaru, il Manifesto 5.3.2015
Tor­nare alla let­tura e alla discus­sione dei testi è sem­pre un eser­ci­zio utile, soprat­tutto in tempi di fra­stuono spet­ta­co­lare. Quando poi l’occasione offerta è quella di acco­starsi a due filo­sofe come Marìa Zam­brano e Simone Weil allora l’esercizio diventa neces­sa­rio. Per dare senso alla poli­tica e riba­dire che no, non si erano sba­gliate nella loro ana­lisi sul modo di inten­dere il mondo e chi lo abita.
Da anni le rifles­sioni di Marìa Zam­brano e Simone Weil con­sen­tono scam­bio e con­fronto poli­tico, insieme alla risorsa di averle sapute siste­mare all’interno di un per­corso genea­lo­gico fem­mi­ni­sta. È forse con­gruo riflet­tere su que­sto sfondo per dire che il recente libro di Ste­fa­nia Taran­tino Aneu metròs/senza madre. L’anima per­duta dell’Europa. Marìa Zam­brano e Simone Weil (La scuola di Pita­gora, pp. 272, euro 18) è ancor più pro­pi­zio e si inse­ri­sce in uno sce­na­rio poli­tico e filo­so­fico pri­ma­rio. Il volume sarà pre­sen­tato, assieme al sag­gio «Fem­mi­ni­smo e neo­li­be­ra­li­smo. Libertà fem­mi­nile ver­sus impren­di­to­ria di sé e pre­ca­rietà» (Natan), sabato 7 marzo alla Libre­ria delle donne di Milano (ore 18). «È neces­sa­rio ripar­tire da ciò che ha fatto d’inciampo al pen­siero per­ché senza madre non si ritorna più a ciò che noi siamo: crea­ture nate nel due irri­du­ci­bile e con­trad­dit­to­rio della rela­zione». Que­sta, in breve, è la posta in gioco poli­tica del volume che si posi­ziona all’interno del pen­siero della dif­fe­renza ses­suale da lungo tempo impe­gnato, come è noto, nella let­tura poli­tica e critico-filosofica di Zam­brano e Weil.

Tra esi­lio e presa di coscienza
L’interrogazione è dun­que sull’inciampo del pen­siero occi­den­tale che si è cre­duto senza madre, insieme alla straor­di­na­ria vio­lenza che ha pro­dotto. L’orientamento pro­po­sto da entrambe pog­gia da un lato sul con­tri­buto mosso a fran­tu­mare il noc­ciolo coria­ceo e neu­tro del pen­siero meta­fi­sico tra­di­zio­nale e dall’altro sulla pro­po­sta di una comu­nità capace di pra­ti­che poli­ti­che all’altezza dei viventi. Si sono così misu­rate intorno all’idea di Europa come pos­si­bi­lità di deci­frare il pre­sente. Ne andava di loro stesse. La pro­du­zione appro­fon­dita da Taran­tino risponde infatti ai primi anni Qua­ranta, momento dop­pia­mente cru­ciale: sia per l’Europa, fune­stata da guerre e vio­lenze, sia per la vita e il pen­siero di Zam­brano e Weil, tra esi­lio, pati­menti e presa di coscienza.
Il fuoco cen­trale ruota intorno ad alcuni testi. Il primo capi­tolo del volume di Ste­fa­nia Taran­tino si sof­ferma su Marìa Zam­brano e L’agonia dell’Europa (in con­ti­nuità con L’uomo e il divino), rac­colta di brevi saggi e testi di con­fe­renze scritti da esule in Ame­rica Latina. Pub­bli­cato a Buneos Aires nel 1945, è stato edi­tato in Spa­gna solo nel 1988. Testo potente che già dall’avvertenza indica un’intenzione pre­cisa: «è spa­rito il mondo, ma il sen­ti­mento che ci radica in esso no». Se infatti l’agonia dell’Europa richiede un’analisi di coscienza dei falsi miti rin­corsi dall’Occidente, di fronte alla disper­sione e alla per­dita di ogni imme­dia­tezza non si può retro­ce­dere. Per comin­ciare a capire pro­fon­da­mente quale sia la malat­tia della poli­tica che sovra­sta l’Europa secondo Zam­brano biso­gnerà anzi­tutto doman­darsi «Dove risiede l’origine della vio­lenza euro­pea? Fare que­sta domanda equi­vale a inter­ro­garsi sulle ori­gini dell’Europa, sulla sua nascita». Andando a sco­prire quali sono le cause di tale vio­lenza si deli­nea la peri­co­lo­sità di con­ce­zioni asso­lu­ti­sti­che e la con­se­guente crea­zione del cosid­detto Dio euro­peo che ha con­sen­tito all’uomo di dei­fi­carsi. Zam­brano auspica allora una con­ver­sione totale della poli­tica occi­den­tale, una tra­sfor­ma­zione che non getti via il buono che delle radici euro­pee può toc­carci in sorte.

Ma il pro­blema è più com­plesso di così, non si tratta cioè di fare ritorno a qual­cosa di incon­ta­mi­nato che non si è saputo rico­no­scere; si tratta piut­to­sto di inchio­dare — e cam­biare di segno — quel che fonda la vio­lenza euro­pea, nomi­nando la tra­co­tanza amma­lante della ragione che, espunto il dato cor­po­reo, non ammette repli­che e si for­gia sul cosid­detto «atti­vi­smo epi­ste­mico». Occorre rivol­gersi a una ragione media­trice, a qual­cosa che dia conto del sapere dell’esperienza e che non viva di scis­sioni tra il pen­sare e il sen­tire. «Solo tenendo conto della diver­si­fi­ca­zione della ragione – chiosa Taran­tino in accordo con Zam­brano — si distrug­gono i peri­coli della ragione tota­li­ta­ria, vio­lenta e superba». È dun­que la stessa legge ido­la­trica occi­den­tale a essere messa in discus­sione, nella sua strut­tura esi­ziale che pre­vede idolo e vit­tima. All’atto di tra­co­tanza, misto e simile all’ossessione di dei­fi­ca­zione, risponde l’azione «sacra» di Anti­gone con tutto ciò che ha com­por­tato per Zam­brano riscri­verne la storia.
Il secondo capi­tolo di Aneu metròs/senza madre è dedi­cato a Simone Weil. Figura che non smette di susci­tare forte attra­zione da parte del pen­siero della dif­fe­renza ses­suale, è stata al cen­tro di un recente numero di Via Dogana (110, set­tem­bre 2014) che l’ha scelta come ispi­ra­trice per aprire un’interrogazione sull’Europa. Con inter­venti impor­tanti e dibat­titi che poi si sono sporti anche al di là dell’occasione mono­gra­fica, varrà la pena segna­lare che in gene­rale il dibat­tito fem­mi­ni­sta sull’Europa è stato pro­fi­cuo e dif­fuso. A tal pro­po­sito, lo scorso set­tem­bre è uscito anche il n. 107 di Leg­gen­da­ria che riporta un cor­poso dos­sier sull’Europa, a seguito della discus­sione pub­blica del docu­mento dif­fuso dal gruppo del mer­co­ledì che si inti­to­lava Dei legami e dei con­flitti. Cosa suc­cede se l’Europa si prende cura? e per il quale si rimanda anche al sito DeA/ Donne e Altri in cui sono pre­senti ulte­riori contributi.
Come Simone Weil abbia signi­fi­cato i con­flitti e la malat­tia dell’Occidente lo evin­ciamo da più di un suo testo. Taran­tino muove dal dibat­tito avve­nuto nei Nou­veaux Cahiers sull’affermarsi dell’hitlerismo, sull’assetto da dare all’Europa del dopo­guerra e sulla con­di­zione da ser­bare a una Ger­ma­nia disfatta.

Osta­coli radicali
Weil si accorge che i suoi con­tem­po­ra­nei non rie­scono a scan­da­gliare le logi­che occi­den­tali inci­state dalla vio­lenza bensì ne for­ni­scono spie­ga­zioni insuf­fi­cienti. Eppure sarebbe bastato, fin da allora, dare conto di quei quat­tro osta­coli che Weil rin­trac­cia ne La prima radice come ciò che ci distan­zia irri­me­dia­bil­mente da una forma di civiltà – e quindi di comu­nità – che valga qual­cosa: la falsa idea di gran­dezza, la degra­da­zione del senso di giu­sti­zia, l’idolatria per il denaro, l’assenza di spi­ri­tua­lità. Sono osta­coli radi­cali «per­ché è dub­bio che in que­sto momento un solo essere umano sulla super­fi­cie del globo ter­re­stre sfugga a quella qua­dru­plice malat­tia ed è anche più dub­bio che ve ne sia uno solo di razza bianca. Ma se ve ne sono, nono­stante tutto, come biso­gna spe­rare, sono certo nasco­sti». Che emer­gano dal nascon­di­glio fa sostan­zial­mente parte di quel che si augura Ste­fa­nia Taran­tino, per­ché non basta più cruc­ciarsi solo dello stra­bi­smo teo­rico né dolersi quando, nella diva­ri­ca­zione fra l’attuale dit­ta­tura finan­zia­ria dell’economia e un’Europa che si è cre­duta senza madre, a finire mas­sa­crate sono migliaia di esi­stenze spesso inde­gne di lutto.

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