martedì 23 giugno 2015

Il concetto di eugenetica, la sua storia, il suo uso pubblico

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Francesco Cassata: Eugenetica senza tabù. Usi e abusi di un concetto, Einaudi

Risvolto
L'uso del concetto di «eugenetica» nel dibattito pubblico non è che un guscio vuoto. La sua adozione non chiama in causa un preciso oggetto storico, ma semplicemente proietta i nostri orientamenti, i nostri obiettivi e le nostre paure.
Nel dibattito pubblico italiano l'apparato simbolico del discorso ostile alla genetica e alla biomedicina contemporanee si fonda sull'impiego polemico di accezioni fortemente negative della parola «eugenetica». Si tratti di diagnosi prenatale, fecondazione assistita o terapia genica, è sempre questa parola-tabú a comparire. E ad accompagnarla è, il piú delle volte, il riferimento a uno specifico contesto storico: il nazismo. In tale discorso stigmatizzante l'eugenetica viene presentata come una forma di «pseudoscienza reazionaria, razzista e antisemita», fonte di violenza e discriminazioni. Ma spesso una reale definizione è del tutto assente. In forte contrasto con tale banalizzazione, negli ultimi trent'anni la storiografia ha definito un quadro sempre piú complesso dell'eugenetica nel Novecento. Alla luce di questi sviluppi il libro ragiona sull'uso pubblico del concetto di «eugenetica», per decostruire le ambiguità semantiche, spesso strumentali, legate all'adozione del termine nel dibattito politico-culturale italiano.                    


Un’esperienza non solo nazista 
Saggi. «Eugenetica senza tabù. Usi e abusi di un concetto» di Francesco Cassata, per Einaudi, analizza l'origine di una pratica di «ingegneria sociale», senza facili banalizzazioni 

Manfredi Alberti il Manifesto 23.6.2015, 0:05

La sto­ria è stata defi­nita da Edward P. Thomp­son come la disci­plina del con­te­sto, poi­ché ci per­mette di con­si­de­rare fatti, pro­blemi e con­cetti solo in rela­zione alle cir­co­stanze in cui essi sono nati. Una buona cono­scenza della sto­ria serve a non pro­iet­tare nel pas­sato dina­mi­che che sono figlie del pre­sente, e a non pen­sare che ciò che era vero un tempo debba esserlo neces­sa­ria­mente anche oggi. Pren­diamo il caso dell’eugenetica: cosa inten­diamo esat­ta­mente quando uti­liz­ziamo que­sta parola? A quale oggetto sto­rico ci rife­riamo? A que­ste domande tenta di dare una rispo­sta l’ultimo libro dello sto­rico Fran­ce­sco Cas­sata, il quale si con­cen­tra soprat­tutto sull’uso del con­cetto di euge­ne­tica nel dibat­tito pub­blico, Euge­ne­tica senza tabù. Usi e abusi di un con­cetto (Einaudi, pp. 130, euro 11). 
Par­lare di euge­ne­tica, cioè l’arte di miglio­rare arti­fi­cial­mente la qua­lità del genere umano, signi­fica esporsi a un argo­mento eti­ca­mente e poli­ti­ca­mente sen­si­bile, che si è sem­pre pre­stato a let­ture ideo­lo­gi­che con­trap­po­ste e spesso stru­men­tali. Oggi si parla sovente di euge­ne­tica a pro­po­sito delle bio­tec­no­lo­gie, delle nuove fron­tiere della mani­po­la­zione gene­tica e della pro­crea­zione arti­fi­ciale. Chi intende opporsi alla spe­ri­men­ta­zione e alla dif­fu­sione di tali stru­menti evoca spesso lo spet­tro del pas­sato, per susci­tare le paure dell’interlocutore. 
È molto dif­fusa in par­ti­co­lare l’equiparazione fra alcune delle pra­ti­che attuali della medi­cina – come la tera­pia gene­tica o la dia­gnosi pre­na­tale – e l’eugenetica nazi­sta, fon­data su cri­teri di sele­zione raz­ziale. Ma dav­vero nel corso dell’età con­tem­po­ra­nea è pos­si­bile indi­vi­duare un unico tipo di euge­ne­tica? Dav­vero si pos­sono equi­pa­rare i primi euge­ni­sti del tardo Otto­cento, i medici che effet­tua­vano espe­ri­menti all’interno dei campi di con­cen­tra­mento nazi­sti e gli attuali ricer­ca­tori di bio­me­di­cina? Evi­den­te­mente no, come mostra molto bene Cassata. 
Uti­liz­zando un lin­guag­gio al con­tempo sem­plice e rigo­roso, l’autore del libro cerca di met­tere un po’ di ordine fra i fatti, sot­to­po­nendo al vaglio cri­tico con­vin­zioni dif­fuse e luo­ghi comuni. La tesi di fondo dell’autore è che non è mai esi­stita un’eugenetica sem­pre uguale a se stessa, poi­ché essa ha assunto nel corso del tempo forme e signi­fi­cati dif­fe­renti in rela­zione ai diversi ambienti poli­tici, sociali e cul­tu­rali. Comun­que la si valuti, inol­tre, l’eugenetica non può essere con­si­de­rata come un corpo estra­neo rispetto alla sto­ria della scienza e della medicina. 
Il ter­mine euge­nics fu coniato nel 1883 da Fran­cis Gal­ton, stu­dioso polie­drico e geniale non­ché cugino di Char­les Dar­win. Osser­vando l’ereditarietà dei tratti fisici e psi­co­lo­gici dell’uomo, Gal­ton inten­deva for­nire le basi per un pro­gramma di inge­gne­ria sociale volto a miglio­rare la razza umana. La sua visione era coe­rente con l’idea otti­mi­stica del pro­gresso tipica dell’età vit­to­riana, e non può essere con­si­de­rata come un pre­ce­dente delle misure euge­ne­ti­che coer­ci­tive – come le ste­ri­liz­za­zioni for­zate – intro­dotte per lo più nella prima metà del Novecento. 
È bene chia­rire che l’adozione di prov­ve­di­menti coer­ci­tivi volti a evi­tare la ripro­du­zione di indi­vi­dui affetti da par­ti­co­lari pato­lo­gie fisi­che o psi­chi­che carat­te­rizzò molti paesi occi­den­tali prima e dopo l’avvento del nazi­smo, in alcuni casi in rela­zione allo svi­luppo del wel­fare State. Tra i mag­giori Stati pro­ta­go­ni­sti di que­ste prassi vi furono i demo­cra­tici paesi scan­di­navi, la Ger­ma­nia e gli Stati Uniti. 
Richia­mando una cele­bre espres­sione di Hor­khei­mer e Adorno, si può affer­mare che nel corso del Nove­cento l’eugenetica abbia cono­sciuto in diversi con­te­sti una «dia­let­tica», tra­du­cen­dosi in uno stru­mento repres­sivo e discri­mi­na­to­rio e con­trad­di­cendo il suo obiet­tivo dichia­rato, ossia il miglio­ra­mento della salute e della con­di­zione dell’uomo. Que­sto rove­scia­mento si è mani­fe­stato nella forma più estrema nel caso dei cri­mini nazi­sti, con­dotti anche da alcuni medici fra cui il famoso Josef Men­gele, mem­bro delle SS. Ma il fatto che vi sia un rap­porto di paren­tela fra le diverse varianti dell’eugenetica non equi­vale a dimo­strare un rap­porto di cau­sa­zione diretta fra le idee di Dar­win e Gal­ton e gli espe­ri­menti e i geno­cidi nazi­sti, né tan­to­meno a legit­ti­mare un’equazione fra le varie forme di euge­ne­tica nega­tiva – cen­trate sulle ste­ri­liz­za­zioni for­zate – e gli attuali inter­venti di medi­cina pre­ven­tiva o di con­su­lenza genetica. 
Que­sti ultimi, come spiega Cas­sata, pos­sono essere visti come una forma vir­tuosa di euge­ne­tica, fon­data sul rispetto dell’etica medica e sull’autonomia ripro­dut­tiva dell’individuo. Si tratta di temi com­plessi e spi­nosi, inu­tile negarlo. A mag­gior ragione il libro di Cas­sata può essere accolto come un buon punto di par­tenza per un dibat­tito appro­fon­dito e docu­men­tato, al di là di ogni bana­liz­za­zione o sil­lo­gi­smo fallace. 

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