sabato 16 aprile 2016

Costumi di i corte e dispositivi socio-politici all'apice dell'Ancien Régime

L'etichetta alla corte di Versailles. Dizionario dei privilegi nell’età del Re Sole
Daria Galateria: L’etichetta alla corte di Versailles. Dizionario dei privilegi nell'età del Re Sole, Sellerio pagg. 344 euro 14

Risvolto
Un dizionario dell’etichetta di corte a Versailles, all’epoca del Re Sole. Nel racconto dei molti cortigiani contemporanei una completa ricostruzione all’A alla Z, di tutte le voci delle buone maniere, negli usi quotidiani come negli imbarazzi e negli incidenti insorgenti.

Che cos’era l’etichetta alla corte di Francia? A cosa serviva veramente? E per quale inclinazione sociale potenti signori, grandi dame, sottili politici, raffinati intellettuali si sottomettevano volenterosi alla sua schiavitù? Fu disciplinamento di una società che diveniva moderna o capriccio di monarchi assoluti? Un catalogo – e quanto sorprendentemente minuzioso, futile e influente nella storia, ci svela questo libro – di precedenze, di modi di portare uno strascico, sorpassare una porta. E chi ne aveva il diritto e in quale occasione. E se si poteva ereditare. E le cifre incredibili alle quali acquistarlo. I conflitti e i paradossi dei modi cortesi. Il nascere e il morire di una moda. Le offese e le frustrazioni per il privilegio di porgere una salvietta. E infiniti altri microscopici gesti di ogni momento ossessivamente disciplinati.

Lo raccontano, con serissima adesione, le molte memorie di cortigiani contemporanei, e imponenti su tutte quelle sterminate e magnifiche del duca di Saint-Simon. «I memorialisti dell’epoca sono dei narratori, quindi raccontano l’etichetta solo quando viene disattesa, e principalmente se dà luogo ad avventure nefaste, comiche o bislacche». Daria Galateria li conosce tutti, da sempre li studia e li commenta; e qui può offrire la completa ricostruzione, dall’A alla Z, di tutte le voci delle buone maniere a Versailles, negli usi quotidiani come negli imbarazzi e negli incidenti insorgenti.
Sicché questo volume ci fa vedere, come se li spiassimo da un falso specchio, tanti quadri viventi dell’Ancien Régime al suo apice. Ma mostra nel contempo l’eterno enigma del potere; dal momento che, come diceva Luigi XIV al figlio: «uno dei più visibili effetti del potere è dare a volontà un valore infinito a quello che in sé non è nulla». 
Daria Galateria (Roma, 1950) insegna Lingua e Letteratura francese nell’Università di Roma «La Sapienza». Ha scritto André Breton (Milano, 1977) e ha curato la prima edizione commentata della Ricerca del tempo perduto di Proust, di cui ha pure pubblicato i primi quaderni preparatori (1988). Si è occupata di Buffon, di Jean Giono e di Paul Morand. Per questa casa editrice ha curato numerosi volumi, tra cui Madame de Duras, Il segreto (1988), Charlotte Robespierre, Memorie sui miei fratelli (1989), Nicolas-Edmé Restif de la Bretonne, Lettera a una scimmia (1995), Raymond Radiguet, Il ballo del conte d’Orgel – e ha pubblicato Parigi 1789 (1989), Il tè a Port-Royal (1995), Fughe dal Re Sole. Memorie di cortigiani riluttanti (1996), Entre nous (2002), Mestieri di scrittori (2007), Scritti galeotti. Narratori in catene dal Settecento a oggi (2012)  e L'etichetta alla corte di Versailles. Dizionario dei privilegi nell’età del Re Sole (2016).


Quando il Re Sole governava con le regole dell’etichetta 
BENEDETTA CRAVERI Restampa 16 4 2016
Nell’autunno del Medioevo furono il cerimoniale papale della Chiesa di Roma e quello messo a punto nella loro splendida corte dai duchi di Borgogna a servire da modello alle due grandi monarchie che nel corso dei secoli successivi si sarebbero contese il primato sullo scacchiere politico europeo. Mentre gli Asburgo si servirono dell’etichetta per potenziare un’immagine liturgica della regalità che non consentiva ai profani di oltrepassare la soglia degli appartamenti privati del monarca, i Valois si spinsero oltre. Francesco I volle infatti fare di ogni momento della sua giornata, dal risveglio al ritiro serale, lo spettacolo stesso della sovranità. Rinunciando ad avere una esistenza privata per vivere sotto gli occhi dei suoi cortigiani, il re francese chiedeva loro un uguale sacrificio, legandoli a sé con i lacci insolubili di un’etichetta che rendeva immediatamente visibili le gerarchie e le preminenze di cui egli si voleva l’arbitro. Ma doveva trascorrere ancora un secolo perché Luigi XIV facesse di questa messa in scena fastosa la carta da visita dell’assolutismo regio e, a cominciare dai classici saggi di Norbert Elias, sono infatti innumerevoli gli studiosi che hanno passato al vaglio la politica teatrale di Re Sole. Ma se vogliamo avere un caleidoscopio di immagini parlanti di uno spettacolo rimasto unico negli annali della storia dell’Europa moderna affidiamoci a quelle che Daria Galateria ha scelto ora per noi ne L’etichetta alla corte di Versailles. Forte di una agguerrita conoscenza dei memorialisti seicenteschi, la nostra francesista dà loro la parola dopo averceli presentati nelle pagine iniziali del libro, ma è l’eloquenza visionaria del più grande di tutti, il “piccolo duca” di Saint-Simon, a fare qui la parte del leone.
Mosso dall’ossessione di difendere i privilegi di un titolo di fresca data, Saint Simon ha infatti istruito contro Luigi XIV e la sua corte un processo di migliaia e migliaia di pagine dove è il rispetto dell’etichetta a costituire il principale metro di giudizio. Ed è attingendo a questo archivio della memoria che Daria Galateria ha messo a punto, con sorridente perizia, un “Dizionario dei privilegi” composto da 160 brevi voci che ci introducono nel bel mezzo dello spettacolo barocco di Versailles. La prima impressione davanti a rituali, prerogative, funzioni di cui non afferriamo più il senso è di spaesamento, ma man mano che ci addentriamo in questa casistica dalla terminologia per noi così esoterica, ci rendiamo conto che anche le mansioni più ridicole che essa contempla rispondono tutte a una stessa esigenza: mostrare la maggiore o minore distanza di chi le esercita dalla persona fisica del sovrano e dei suoi stretti congiunti. E chi ha visto il film su Maria Antonietta di Sofia Coppola non avrà dimenticato la scena in cui la giovane regina, già svestita e intirizzita dal freddo, aspetta pazientemente che si decida a quale delle dame presenti competa l’onore di passarle la camicia da notte. Al momento di andare a letto, ci dice infatti Daria Galateria, alla voce “Camicia” questa «doveva essere porta al re, alla regina o ai figli di Francia dalla persona più altolocata presente, a meno che non fosse di rango uguale o superiore». Come dunque stupirci che proprio una principessa della casa d’Asburgo come Maria Antonietta, che aveva conosciuto bambina l’intimità di una vita familiare al riparo dagli sguardi della corte, abbia deciso di sottrarsi all’etichetta di Versailles? Ma, così facendo, l’Autrichienne dimenticava che nel paese in cui cingeva ora la corona, era proprio questo rituale a garantire a ciascuno il rispetto che gli era dovuto. Come ricorda Daria Galateria, Luigi XIV aveva ammonito i suoi discendenti sull’importanza politica delle apparenze: «Si sbaglia di grosso chi pensa che si tratti di semplici questioni cerimoniali. I popoli su cui regniamo, non potendo penetrare il fondo delle cose, regolano il pensiero normalmente su quello che vedono sull’esterno, e per lo più misurano sulle precedenze e i ranghi il loro rispetto e l’obbedienza».
L’etichetta di Versailles altro non era per lui che arte di governo.

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