giovedì 28 aprile 2016

La rivolta irlandese della pasqua 1916


Pasqua 1916: il trionfo della mistica Irlanda
RICCARDO MICHELUCCI Avvenire 24 marzo 2016
L’Irlanda festeggia la grande Rivolta
di Sara Gandolfi Corriere 18.3.16
Dublino meta dell’anno secondo il New York Times: dalla fabbrica dei biscotti al carcere dove i leader ribelli furono giustiziati. Tutti tranne una, la contessa Constance
Nel palazzo dell’Oireachtas, il Parlamento di Dublino, c’è il ritratto in stile impressionista di un’aristocratica in abito da sera, la contessa Constance Markievicz. È da quella donna elegante, che il suo popolo oggi ricorda come un’eroina in divisa militare, che inizia il viaggio della futura Repubblica d’Irlanda, cento anni fa.
Era il lunedì di Pasqua del 1916 quando un gruppo di nazionalisti organizzò a Dublino la rivolta armata contro il governo britannico che «occupava» l’isola. Tra di loro c’erano poeti, insegnanti, avvocati e anche un commando di femministe e suffragette, le «Cumman na mBhan», capitanate dalla contessa. L’unica che fu risparmiata, fra i leader dell’insurrezione condannati a morte, dopo che il loro sogno finì, il 30 aprile, tra le rovine di una città bombardata. Eppure da quei sei giorni di sangue, come poi scrisse il poeta William Yeats, «tutto cambiò, cambiò completamente, è nata una terribile bellezza». Era l’inizio della lotta che nel 1922 portò alla nascita del «libero» Stato d’Irlanda, con la separazione del Sud dal Nord ancora oggi britannico.
Quale occasione migliore, dunque, del centenario di quell’avventura coraggiosa e un po’ folle per visitare Dublino, eletta dal New York Times «the place to be in 2016», meta turistica dell’anno. Appena finiti i festeggiamenti di San Patrizio, la città è pronta a celebrare la Rivolta di Pasqua, o Eastern Rising, con una lunga serie di eventi, parate, musica celtica e, c’è da scommetterci, un fiume di birra nei pub.
La prima tappa consigliata è in una casa georgiana del 18° secolo, il Little Museum of Dublin ( littlemuseum.ie ), affacciato davanti ai giardini di Stephen’s Green, dove la contessa Markievicz eresse le barricate prima di arrendersi ai soldati britannici appostati sul tetto dell’hotel Shelbourne (ancora oggi lussuosa sosta per una notte o un drink al Horseshoe Bar). Fino al 24 aprile vi sono esposte 60 grandi (e delicate) illustrazioni dell’artista Fergal McCarty che raccontano la Rivolta sotto forma di cartoon. Piacciono ai bimbi ma aiutano anche gli adulti a capire cosa successe allora.
I 1600 «volontari», con poche armi e poco avvezzi ad usarle, occuparono l’edificio del General Post Office sulla centralissima O’Connell Street, la fabbrica di biscotti Jacob’s e altri punti strategici di Dublino, e proclamarono l’indipendenza dell’Irlanda da Londra. Speravano che il popolo li avrebbe seguiti. Non fu così. Si trovarono invece di fronte migliaia di soldati britannici. Il bilancio fu di 450 morti e oltre 2500 feriti, tra cui moltissimi civili. Buona parte del centro cittadino venne distrutto dalle cannonate. I rivoltosi rimasti in vita finirono nelle celle umide del Kilmainham Gaol, il carcere del 1796 oggi trasformato in museo, dove i quindici capi dell’insurrezione vennero fucilati all’alba. Allora erano degli sconosciuti, oggi Patrick Pearse, Tom Clarke, James Connolly – che dovette essere legato a una sedia davanti al plotone di esecuzione perché non si reggeva in piedi - e tutti gli altri sono «martiri» della nazione. Nell’edificio del GPO c’era anche un giovane di nome Michael Collins, che poi diventò leader della guerra d’indipendenza (interpretato magistralmente da Liam Neeson nell’omonimo film). Per rivivere le loro gesta si può salire sul camioncino simil-militare del «Freedom Tour» ( 1916tour.ie ), con tanto di guida in divisa dell’Irish Citizen Army, o visitare la Witness History Exhibition ( gpowitnesshistory.ie ) nel ricostruito edificio del General Post Office, che racconta attraverso reperti storici e installazioni multimediali il tormentato percorso verso la nascita della Repubblica d’Irlanda. O anche fare un salto alla mostra interattiva alle Richmond Barracks, la caserma che dopo il 1916 diventò centro di detenzione per migliaia di sospetti nazionalisti.
La parata della domenica di Pasqua, con oltre tremila soldati schierati, sarà l’evento più significativo del centenario. Ma il consiglio è di concedersi anche qualche extra, come una serata allo storico Abbey Theatre, dove fino al 23 aprile è di scena « The plough and the stars» , dramma provocatorio e ironico sulla Rivolta. A pochi passi dal teatro, vale una sosta gastronomica il Dublin Woolen Mills ( thewoolenmills.com ). Chi preferisce un fish & chips può optare per Leo Burdock, aperto nel 1913 ( leoburdock.com ). Per un pranzo veloce, a base di zuppe e sandwich, dirigetevi invece al 16 di North Great George Street, al Cobalt Café, un locale cool nascosto in una bella townhouse georgiana. E per tuffarvi nel mondo letterario prenotate un tavolo alla James Joyce House of the Dead, dove viene servito il menu della cena descritta nell’opera «The Dead», proprio nella stessa casa dove il giovane Joyce mangiò oltre 120 anni fa.
Un viaggio a Dublino non può dirsi concluso senza una pinta di birra. Bevetela nel tardo pomeriggio sulla terrazza panoramica della Guinness Storehouse, un imponente edificio in vetri a sette piani dove scoprirete i segreti della storia di questo marchio famoso in tutto il mondo. Per unire alla birra l’ascolto di musica irlandese scegliete un pub tradizionale, il O’Donogue’s o The Cobblestone Pub.
L’ultimo brindisi è per la contessa Markievicz che nel 1916 sfidò la corte che la giudicava: «Spero abbiate la decenza di fucilarmi», disse. La sua condanna a morte fu tramutata però in ergastolo e l’anno dopo arrivò l’amnistia. Nel dicembre 1918 gli irlandesi la elessero al Parlamento britannico ma lei non ci andò mai, rifiutando il potere di Londra. Diventò invece il primo ministro donna della neonata Repubblica d’Irlanda, mentre in Gran Bretagna le donne non sposate lottavano ancora per il diritto di voto.


Dublino 1916, i giorni della terribile bellezza Il 24 aprile di un secolo fa scoppiava in Irlanda la Rivolta di Pasqua Organizzata da poeti e professori universitari, fu un fallimento militare ma una vittoria politica: sei anni dopo, la Repubblica indipendente Paolo Bertinetti Busiarda 24 4 2016
Un paio di giorni dopo la Pasqua del 1916, Samuel Beckett fu accompagnato dal padre in cima a una collinetta vicino a casa loro, a Foxrock, un sobborgo residenziale di Dublino, per vedere le fiamme che in lontananza si alzavano dalla città: era la rivolta per l’indipendenza dell’Irlanda, l’improbabile «Rivolta di Pasqua» che avrebbe dovuto cacciare gli inglesi e dare l’indipendenza e la libertà a quella che a tutti gli effetti era stata la prima colonia inglese.
A rivolta domata, la tensione continuava però a essere altissima e i genitori di Beckett, che aveva dieci anni, decisero che appena possibile lo avrebbero mandato a studiare lontano, in un prestigioso collegio del Nord, la Portora Royal School. Cosa che fecero tre anni dopo. Mentre Beckett frequentava il secondo anno l’Irlanda fu divisa in due, tra l’Ulster, l’Irlanda del Nord, parte integrante del Regno Unito, e l’indipendente Repubblica Irlandese. Ogni trimestre Beckett varcava la frontiera per tornare a casa, nella capitale del nuovo Stato.
Duemila insorti
La rivolta di Pasqua, nonostante il suo fallimento «militare», aveva funzionato. Gli insorti avevano vinto, pur essendo stati sconfitti dalle truppe inglesi: ventimila soldati contro duemila insorti male armati, con la cannoniera inglese Helga ormeggiata davanti all’edificio della Dogana, sul fiume Liffey, che bombardava la città. Tutto lasciava pensare che la sollevazione promossa dall’Irb, l’Irish Republican Brotherhood, non avrebbe mai potuto avere successo: a organizzarla erano stati poeti, professori universitari, letterati. Quando mai degli intellettuali sarebbero stati capaci di fare la rivoluzione? Erano dei sognatori, come dice Yeats nella sua lirica Pasqua 1916, che pensavano di fare esplodere la rivolta il giorno di Pasqua perché la resurrezione dell’Irlanda coincidesse con la Resurrezione di Cristo. Però, avendo poi bisticciato tra loro, avevano rinviato la rivolta al giorno dopo.
Il lunedì dell’Angelo, il 24 aprile 1916, occuparono alcuni luoghi strategici del centro di Dublino e il poeta Patrick Pearse, tra l’incredulità dei passanti, lesse la proclamazione della Repubblica d’Irlanda davanti all’Ufficio Centrale delle Poste: «Uomini e donne irlandesi, nel nome di Dio e delle generazioni scomparse dalle quali le viene la sua lunga tradizione di nazione, l’Irlanda per mezzo nostro chiama i suoi figli sotto la sua bandiera e combatte per la propria libertà».
Sette firmatari proclamavano la creazione di una libera repubblica che avrebbe garantito a tutti libertà di culto e di opinione, parità tra tutti i cittadini e quindi, in prospettiva, il suffragio universale. All’Irb, come settimo firmatario, si era unito con i suoi uomini James Connolly, il leader sindacale che aveva organizzato l’Irish Citizen Army (Ica), un gruppo di autodifesa dei lavoratori: fu lui che condusse l’attacco all’Ufficio Centrale delle Poste e che di fatto fu il capo militare della rivolta. Gli insorti riuscirono a resistere per sei giorni agli attacchi inglesi: la loro determinazione, la loro audacia, il loro sacrificio servirono a suscitare il consenso di almeno una parte della popolazione.
Dura repressione
Decisivo, per un’adesione ben più convinta e più ampia, fu però il comportamento inglese. Non solo e non tanto per la durezza della repressione militare, quanto per le esecuzioni che coronarono la sconfitta degli insorti e ne fecero dei martiri. Poeti e professori furono prontamente fucilati. I nomi di alcuni di loro campeggiano nei versi di Yeats, compreso quel MacBride che Yeats disprezzava (anni prima aveva sposato Maud Gonne, la sua musa, da cui in seguito aveva divorziato). E naturalmente compare anche il nome del sindacalista James Connolly che, ferito, incapace di camminare, fu condotto in barella sul luogo dell’esecuzione, piazzato su una sedia e quindi fucilato.

In quei giorni di Pasqua Yeats, il Poeta per eccellenza, il promotore, in particolare nei suoi testi teatrali, della rinascita culturale irlandese, si trovava in Francia, insieme proprio con Maud Gonne. In un primissimo tempo restò sconcertato, dubbioso, timoroso che l’insurrezione avesse soltanto peggiorato le cose, che anni di lavoro culturale potessero andare perduti. Fu Maud Gonne a convincerlo subito del contrario, a spiegargli che la rivolta aveva dato all’Irlanda una «tragica dignità». Anche Yeats si lasciò così trascinare dalla commozione per quel sacrificio generoso. Da quegli avvenimenti, si convinse, poteva derivare la possibilità del riscatto. «Una terribile bellezza è nata» è il verso che chiude tre delle quattro stanze di cui è composta Pasqua 1916. Terribile per le morti dovute alla rivolta; ma foriera di libertà. Nella composizione stessa la lirica ribadisce il valore della rivolta attraverso un omaggio «numerico»: la prima e la terza stanza sono di 16 versi (1916), la seconda e la quarta sono di 24 versi (il giorno della rivolta).
Una nuova dignità
La lirica è una palinodia, il componimento poetico in cui Yeats ritratta quanto affermato in precedenza: il Poeta rimedia, per così dire, alla sua valutazione negativa dell’impegno politico a danno di quello culturale per la rinascita irlandese. Molto duro, ad esempio, era stato il suo giudizio nei confronti di Constance Markiewicz, a cui è dedicato l’inizio della seconda stanza, colpevole di avere lasciato la bellezza dell’arte per la lotta politica: Constance aveva combattuto nelle strade di Dublino, era stata imprigionata e condannata all’ergastolo. Ma proprio dalla lotta, la sua e quella dei suoi compagni di fede, era sorta una nuova bellezza, quella di una rivolta che tragicamente, «in ogni luogo in cui si indossi il verde» (il colore dell’Irlanda) avrebbe dato per sempre nuova dignità alla nazione irlandese e nuova forza alla causa dell’indipendenza.
Nel manoscritto di Pasqua 1916 compare la data del 25 settembre 1916. Cinque anni dopo veniva eletto un Parlamento irlandese autonomo; sei anni dopo veniva istituita la Repubblica d’Irlanda.
BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

Nessun commento: