lunedì 11 aprile 2016

Napoli sotterranea


Napoli sotterranea, la più antica 
Ultraoltre. Il sottosuolo della capitale del mezzogiorno è ricco di grotte e cunicoli, gallerie e cisterne, catacombe e vasche, anfratti rocciosi e scavi amatoriali ed è ormai diventato la nuova attrazione cittadina con un’offerta variegata di esplorazioni e percorsi segreti 

Flaviano De Luca Alias Manifesto 10.4.2016, 0:37 
Il sottosuolo della capitale del mezzogiorno è ricco di grotte e cunicoli, gallerie e cisterne, catacombe e vasche, anfratti rocciosi e scavi amatoriali ed è ormai diventato la nuova attrazione cittadina con un’offerta variegata di esplorazioni e percorsi segreti, abitualmente calpestati da residenti, turisti, semplici curiosi. Le caverne sono state principalmente scavate dagli uomini,se pensiamo al misterioso Antro della Sibilla (nella zona di Cuma) o alla Crypta Neapolitana (la mitica Grotta di Posillipo, secondo la leggenda realizzata da Virgilio e cantata da Goethe) fino ad arrivare all’odierno cinema Metropolitan, ricavato dalle spettacolari grotte in zona Chiaia, le vasche d’ittiocultura inventate dai Romani. 
Sono stati prima i coloni greci più di tremila anni fa e poi gli antichi concittadini di Giulio Cesare a scavare le prime cave sotterranee per ricavare i blocchi di tufo, roccia d’origine vulcanica facile da tagliare e molto resistente, per costruire le mura cittadine e tanti edifici maestosi. Poi la storia di Napoli ricorda nel 537 Belisario, generale di Giustiniano imperatore, che assedia la città per liberarla dai Goti. E dopo alcuni mesi trova il jolly, il reticolo dell’acquedotto sotterraneo che gli permette d’entrare per aprire le porte del municipio e farsi strada tra saccheggi e uccisioni. Stessa strada, percorsa novecento anni dopo, da Alfonso d’Aragona per impadronirsi della città con le sue truppe. E poi naturalmente i pozzari (o cavamonti), i lavoratori idraulici che avevano la cura di una fitta schiera di sorgenti nascoste, alle radici di un’altra figura del folklore napoletano, ‘o Munaciello, spiritello domestico vestito con l’abito bianco e nero dei monaci, «buono con chi lo rispetta e dispettoso con chi lo maltratta», un piccolo demonio con poteri soprannaturali che s’affacciava a sorpresa nelle case popolari provenendo dal basso e troverebbe riparo nelle rovine di antichi monasteri. 
Da oltre 30 anni, Napoli Sotterranea offre escursioni nei luoghi più affascinanti e suggestivi sotto il calpestio della città. Un mondo a parte, per molto ancora inesplorato, isolato nella sua quiete millenaria eppure strettamente collegato con la città. E’ il grembo di Napoli, da cui essa stessa è nata. Napoli Sotterranea è stata la prima organizzazione a “curare” quello che c’era sotto il tracciato di strade e giardini. Inizialmente si trattava di itinerari e opere lasciate in abbandono e recuperate con un sapiente lavoro di ripulitura e valorizzazione. Nel cuore della città greco-romana, in Piazza San Gaetano, a pochi passi da san Lorenzo Maggiore, che ospita, a diversi metri di profondità, magazzini e manufatti romani, c’è l’ingresso di Napoli Sotterranea, che organizza escursioni, anche a lume di candele e di torce, tra gallerie, cunicoli e cisterne. Durante l’escursione oltre ad ammirare i resti dell’antico acquedotto greco-romano e dei rifugi antiaerei della Seconda Guerra Mondiale, si visiteranno il Museo della Guerra (nato nel 2008, in esposizione materiali, oggetti e documenti relativi al periodo che va dal giugno 1940 a settembre 1943)., gli Orti Ipogei (www.ortipogei.it), la Stazione Sismica “Arianna” e i resti dell’antico Teatro greco-romano, accessibili da una proprietà privata, un edificio abitato che l’ingloba attualmente. 
Residui di arredi, graffiti e vari oggetti in ottimo stato di conservazione testimoniano ancora oggi la grande paura dei bombardamenti e i numerosi periodi della giornata vissuti nei rifugi, facendo riemergere uno spaccato di vita importante e al tempo stesso tragico della storia cittadina. 
Il museo del Sottosuolo, una struttura abbastanza recente e con una programmazione di letture, spettacoli teatrali e altro, si trova a venticinque metri di profondità, nel sottosuolo di piazza Cavour. In un dedalo di cunicoli e cave di tufo c’era uno dei più noti rifugio anti-aereo di tutta la città: un posto frequentato da migliaia e migliaia di napoletani. Ebbene, nello stesso luogo, a distanza di oltre mezzo secolo, grazie all’iniziativa e al desiderio del presidente del Centro Speleologico Meridionale, Clemente Esposito, è stato ricavato un sito altamente suggestivo, in cui si condensano secoli di storia made in Partenope. 
Ad aiutarlo e a sostenerlo, in questa difficile opera, tanti amici e volontari tra cui Luca Cuttitta, attuale gestore della struttura museale. E’ attraverso la loro opera e quella delle guide messe a disposizione che, infatti, le meraviglie celate di Neapolis possono mostrarsi al pubblico. 
L’ingresso al Museo si trova a pochi passi dalla linea 2 della Metropolitana: un’anonima porticina, fronte strada, accoglie il visitatore proiettandolo, come per magia, in un viaggio a ritroso nel tempo, nelle paure antiche. Nel museo sotterraneo è stata realizzata una vera e propria opera di riambientazione ricca di cimeli e testimonianze dell’epoca, che il pubblico può ammirare nelle ampie sale del complesso di piazza Cavour: si va dalle lucerne ad olio agli antichi picconi ed utensili utilizzati, nel corso dei secoli, dai cavatori napoletani; dai cocci di anfore impiegati per prelevare l’acqua, alle ampolle e alla strumentazione medica appartenute, un tempo, a un’antica farmacia rinvenuta nel centro storico.
Tutti reperti di scavo, magari privi di valore artistico, ma intensamente impregnati di quel fascino che solo la storia è in grado di infondere agli oggetti.


Scendiamo in galleria, grembo antico 
Ultraoltre. Inaugurato l’itinerario che dalle cavità di Palazzo Serra di Cassano porta nel viadotto costruito dalle truppe borboniche nel 1853

Flaviano De Luca Manifesto 10.4.2016, 1:03 
Per immergersi nelle viscere di Napoli bisogna scendere alcune centinaia di gradini, in un scala stretta e ripida. Siamo in un posto centrale, storico e sorprendente, il magnifico palazzo Serra di Cassano situato sulla collina di Pizzofalcone, culla del talento e dello spirito cittadino, oggi sede dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, costruito dalla nobile famiglia partenopea, con un portone su via Egiziaca rimasto chiuso per due secoli in segno di lutto per la morte di Gennaro Serra di Cassano, uno dei giovani patrioti idealisti, uccisi dai reazionari sanfedisti all’epoca della Repubblica Napoletana, nel 1799. Da lì parte il nuovo (ma risale al XVI secolo, per i vari livelli di tufo scavati) percorso sotterraneo chiamato «La via della memoria», inaugurato nei mesi scorsi, dopo un lavoro durato un paio d’anni dell’Associazione Borbonica Sotterranea, un gruppo di appassionati con speleologi, ingegneri, biologi che ha scavato e ripulito l’itinerario da macerie e detriti depositati nel tempo. Una Napoli di sotto umida e affascinante, dagli spazi enormi e dai passaggi angusti. Un museo sospeso nel tempo, sotto il monte Echia, la montagna dove i greci fecero sorgere i primi insediamenti dei coloni. Un luogo di suprema bellezza e fascino. 
Il viadotto sotterraneo oggi chiamato Galleria Borbonica venne ideato nell’Ottocento per volontà di Ferdinando II di Borbone. Erano gli anni delle rivolte liberali, i famosi moti del 1848, e i regnanti temevano per la corona e anche per la loro incolumità. Fu deciso, allora, di collegare «in maniera rapida e discreta» il Palazzo Reale con uno sbocco sul mare nei pressi di Piazza della Vittoria, alla Riviera di Chiaia, dove si trovavano anche le caserme delle milizie, in modo da poter disporre e muovere i soldati in maniera occulta. Tuttavia la grande e alta via sotterranea di collegamento, su progetto dell’architetto Errico Alvino, non fu realizzata completamente per i numerosi problemi dovuti alla morfologia dei luoghi, anche per l’incontro con le ramificazioni seicentesche dell’acquedotto della Bolla. La Galleria Borbonica, infatti, nel suo percorso incrocia le mastodontiche Cave Carafa (XVI sec.), il bacino di tufo da cui si estraeva materiale per le costruzioni di Napoli ma anche le cisterne di età romana e i cunicoli dell’acquedotto seicentesco del Carmignano che serviva la città ed in particolare la zona di Pizzofalcone. I lavori andarono avanti realizzati totalmente a mano con picconi, martelli e cunei, e con l’ausilio di illuminazione fornita da torce. Così la strada correva sotto piazza Carolina nel cortile che si trova alle spalle del colonnato di Piazza del Plebiscito, con una lunghezza di 431 metri. Lo scavo non arrivò, quindi, mai a Palazzo Reale rimanendo, fino alla seconda guerra mondiale, anche senza uscita. Alla morte del sovrano, nel 1859, i lavori rimasero incompiuti. 

Nella Seconda Guerra Mondiale la galleria (ed alcune cisterne limitrofe) venne riscoperta e riutilizzata come rifugio antiaereo, da migliaia di napoletani. Qui si rifugiava la popolazione quando suonava l’allarme dei bombardamenti e si verificò l’occasione di dover restare al chiuso per alcuni giorni. Così lo spazio venne attrezzato con impianto elettrico, brande per dormire, fornelli per cucinare e latrine. Per consentire un accesso sicuro alle persone, vennero realizzate diverse aperture; in particolare, fu fatta una scala a chiocciola, proprio nel punto in cui erano terminati i lavori dell’architetto Alvino, che consentiva l’accesso alla Galleria da Piazza Carolina. Al contempo, su gran parte delle pareti e delle volte degli ambienti, fu stesa della calce bianca con il duplice intento di evitare la disgregazione del tufo e di migliorare la luminosità degli spazi. Al termine del conflitto, lo spazio venne di nuovo abbandonato e trasformato in deposito giudiziario dove trovarono riparo auto rubate o sequestrate, in parte ancora attualmente visibili. E ci sono anche numerose vestigia di quell’epoca, in particolare le scritte di quelli che vi passarono gran tempo, come «26 aprile 1943 – allarme delle 13.20». 
Nell’agosto 2013, Gianluca Minin ed Enzo de Luzio iniziarono a scavare all’interno di una cisterna del ‘600, adiacente alla Galleria Borbonica, cercando il passaggio verso il ricovero bellico del Palazzo Serra di Cassano, utilizzato per diverso tempo anche dall’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Dopo diversi mesi, il passaggio emerse dai detriti consentendo di entrare in una serie di ambienti di epoche diverse, su più livelli collegati da bellissime scale. Tutto risultava in gran parte riempito da detriti derivanti dai resti degli edifici bombardati nella parte alta di Monte di Dio e versati subito, al tempo della guerra, nei pozzi; i componenti dell’associazione Borbonica Sotterranea, con l’aiuto di decine di volontari, hanno rimosso tutti i materiali consentendo il recupero di una porzione rilevante del sottosuolo della città. Gli ambienti superiori costituiscono le cave da cui fu estratto il tufo per la realizzazione del primo insediamento cinquecentesco dell’edificio e per quello che diventerà nel 1718 il nuovo palazzo della famiglia Serra di Cassano, su disegno dell’architetto Ferdinando Sanfelice. Durante il periodo bellico, si ampliò la scala già esistente di collegamento tra il palazzo con i suoi ambienti sotterranei, che furono opportunamente allargati e modificati. All’interno del ricovero, esiste un ambiente riservato alla Milizia Fascista dove c’era il telefono che consentiva ai militari di coordinare le loro funzioni operative anche durante i bombardamenti. 
La scala è costituita da 115 gradini che, partendo dal basso, terminano sotto il pavimento dello spazio polivalente Interno A14 , gestito dalla presidente Vincenza Donzelli, un’artista che lavora riutilizzando i frammenti delle piastrelle decorate, recuperate negli scavi, e polverizzate per riprodurre paesaggi napoletani. Proprio qui, la soglia di pochi centimetri è stata demolita dal basso nel momento dell’inaugurazione del percorso, ripristinando il passaggio chiuso dopo la guerra. 
Così, una volta scesi i gradini in un cunicolo stretto con corrimano, si arriva in un grande ambiente con grotte, muri di contenimento, altre scale discendenti con una volta alta fino a dodici metri e si passa negli altri ambienti, due in particolare, di fascino davvero insolito e sublime. Un’antica cisterna del seicentesco acquedotto di Napoli, con l’apparenza di una piscina dall’acqua azzurroverde con faretti e una ringhiera di sicurezza e una grande ed estesa fungaia, uno spazio molto ampio e molto alto, con una notevole umidità, dove sono state messe delle coltivazioni di funghi cornucopia bianchi dal profumo intenso, una raccolta assai generosa con l’intento di avviarne anche una prossima commercializzazione. 
E l’altra grande galleria allagata, dove è possibile andare in giro con una zattera (che trasporta fino a quattordici persone) in un corso d’acqua, a quaranta metri di profondità, causato dai lavori per la metropolitana leggera, la linea tranviaria rapida, prevista per i mondiali di calcio del 1990. I lavori vennero sospesi e il lungo tunnel abbandonato si è col tempo e con le piogge riempito d’acqua. L’esperienza in zattera, in completo silenzio, è davvero unica e straordinaria. Si effettua solo durante il weekend e su prenotazione. 
Oggi la Galleria Borbonica ha due ingressi, uno nei pressi di piazza Plebiscito in vico del Grottone 4 e un altro in via Domenico Morelli, al quale si accede attraverso il parcheggio. Sono i due punti finali del percorso sotterraneo, visitabile soltanto prendendo parte a una visita guidata. La Galleria offre un “Percorso Standard”, che consente di passeggiare all’interno della Galleria, nei settori del ricovero bellico e nelle cisterne dell’acquedotto. Il “Percorso Avventura” consente di ammirare pregevoli cisterne del ‘500 e del ‘600 e di navigare su una zattera all’interno di una galleria della metropolitana abbandonata ed invasa dall’acqua. Il “Percorso Speleo” consente di addentrarsi, dotati di tute, caschi e luci, nei cunicoli e nelle cisterne dell’acquedotto alla ricerca di simboli realizzati nel tufo e di volare con una teleferica all’interno di un’enorme cisterna seicentesca. E poi, l’ultimo arrivato, la “Via delle Memorie”, un viaggio incredibile nelle cave del Palazzo Serra di Cassano. 
Ci sono numerosi autoveicoli e motoveicoli, liberati dai cumuli di detriti alti 8 metri, da una Fiat 508 Barilla a una preziosa Alfa Romeo 2500 SS cabriolet Pinin Farina, un camioncino per le consegne alimentari ed ancora un autenticocimitero di Vespe e Lambrette sequestrate dall’autorità giudiziaria. Sono state rinvenute parecchie statue di epoche diverse tra le quali l’intero monumento funebre del capitano Aurelio Padovani, pluridecorato capitano dei bersaglieri nel primo conflitto mondiale e fondatore del partito fascista napoletano. Il monumento fu posto nel 1934 nella piazza Santa Maria degli Angeli in Pizzofalcone ma fu poi prontamente smantellato e occultato alla caduta del regime. Oggi una serie di ragazzi, preparati e competenti, fanno da guida agli anfratti più reconditi della città, accompagnando turisti e visitatori in questo magnifico itinerario nel ventre della Napoli meno conosciuta.

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