domenica 24 aprile 2016

Tolstoj contro Shakespeare

Shakespeare fa proprio schifo. Parola di Tolstoj
In un saggio del 1906, inedito in Italia, il grande scrittore russo fece a pezzi il Bardo: i suoi dram m i sono insignificanti e noiosi, il linguaggio è lam biccato e innaturale, Am leto è privo di carattere...
Libero 23 Apr 2016 Di LEV TOLSTOJ 
L’articolo del signor Crosby sull’atteggiamento di Shakespeare verso la classe operaia mi porta a esprimere la mia opinione, di vecchia data, in merito alle opere di Shakespeare; del tutto opposta a quella che si è andata affermando in tutto il mondo.
[…] Ricordo lo stupore, che provai alla prima lettura di Shakespeare. Mi aspettavo di provare un forte gradimento estetico, ma leggendo una dopo l’altra le sue opere annoverate tra le migliori: Re Lear, Romeo e Giulietta, Amleto e Macbeth, io non solo non provavo soddisfazione, ma al contrario sentivo irresistibile ostilità, tedio e imbarazzo. Mi chiedevo se io fossi pazzo a trovare insignificanti e anzi nettamente cattive le opere che sono ritenute il colmo della perfezione in tutto il mondo intellettuale, o se fosse errata la stima attribuita da questo mondo alle opere di Shakespeare.
[…] Tutti i personaggi di Shakespeare non parlano una loro individuale lingua, ma sempre lo stesso lessico shakespeariano, cioè un linguaggio lambiccato e innaturale, che non solamente non avrebbero potuto usare i personaggi raffigurati, ma per nulla al mondo e in nessun luogo una persona reale avrebbe potuto usare.
[…] Ma non basta che tutti i personaggi parlino nel modo in cui non hai parlato e non può parlare nessun individuo sulla terra, tutti soffrono di una generale incontinenza e logorrea. Amanti, combattenti e agonizzanti parlano con esagerata abbondanza, inaspettatamente e senza alcun nesso con l’oggetto dell’azione, lasciandosi guidare più dal gusto di consonanze verbali e di calembours che non dal senso.
I personaggi parlano tutti nello stesso modo. Lear delira, fingendo, alla maniera di Edgardo. Similmente si esprimono Kent e il buffone. Le battute di qualunque personaggio potrebbero applicarsi alla bocca di un altro, e per il carattere del discorso non è possibile riconoscere chi è colui che parla.
[…] In Amleto, Shakespeare prende una storia antica, che nel suo genere non è ma- Lev Tolstoj, a 75 anni, scrisse un ampio saggio critico su Shakespeare (1564-1616): una vera stroncatura. Shakespeare e il dramma è anche un pamphlet che tratta dell’arte e della sua rappresentatività nella società moderna, dove una minoranza controlla i gusti di una maggioranza, sfruttando le mode della decadente società contemporanea. Per Tolstoj la fama di Shakespeare è immeritata. Il che significa riconoscere che la gloria si forma per accumulazione di giudizi. Tolstoj conosce e cita a memoria il laccio, oppure un dramma, elaborato su questo tema una quindicina di anni prima, e scrive su questo soggetto il suo dramma, mettendo assai a sproposito (come del resto egli fa sempre) sulle labbra del protagonista tutti quei pensieri che gli sembravano degni d’attenzione. Così egli mette sulle labbra del suo eroe certi suoi pensieri: sulla vita (discorsi del becchino), sulla morte ( to be or not to be), gli stessi che sono da lui espressi nel Sonetto 66 (sul teatro e sulle donne). Egli non si preoccupa minimamente delle circostanze in cui sono pronunciati questi discorsi e in cui naturalmente si produce il fatto; sicché il personaggio che esprime tutti questi pensieri diventa un fonografo di Shakespeare: perde ogni carattere proprio e le sue azioni non concordano più con quel che dice.
[…] Amleto per tutta la durata del dramma agisce non secondo ciò che egli potrebbe realmente volere, ma secondo le esigenze dell’autore: o inorridisce innanzi all’ombra del padre oppure comincia a burlarsi di essa, chiamandola talpa, in certe circostanze ama Ofelia oppure la stuzzica, eccetera. Non v’è alcuna possibilità di trovare una qualsiasi giustificazione alle azioni e ai discorsi di Amleto e perciò non esiste alcuna possibilità d’attribuire a lui un carattere qualsiasi, ma esistendo il preconcetto che il genio di Kenneth Branagh nei panni di Am leto. A sinistra, Lev Tolstoj a Jasnaja Poljana il 23 m aggio 1908, ritratto da Prokudin-Gorsky; e Roberto Coaloa, curatore di «Guerra e rivoluzione» di Tolstoj (Feltrinelli) e autore di «Lev Tolstoj. Il coraggio della Verità» (Edizioni della Sera) nelle versioni inglese e francese (che però presentano non poche inesattezze e discordanze dal testo russo, oltre a essere monche di interi brani); poi ancora in russo nelle Opere complete. Chi scrive ne ha curato la traduzione dal russo in italiano per le nuove edizioni della Libreria Utopia di Lucio Morawetz, in uscita a breve, con un’ampia introduzione e bibliografia sul tema, che appassionò, tra gli altri, G. B. Shaw e George Orwell.
Shakespeare non può scrivere nulla di cattivo, gli intellettuali indirizzano tutte le forze della loro intelligenza a scoprire bellezze straordinarie, anche nell’evidente difetto che colpisce l’occhio e che si palesa particolarmente nell’Amleto, consistente nel fatto che il protagonista è privo di qualsiasi carattere. Ed ecco i critici profondi dichiarare che in questo dramma nel personaggio di Amleto è espresso in modo straordinariamente forte un carattere completamente nuovo e profondo, consistente nel fatto che questo personaggio è privo di carattere e che in quest’assenza di carattere consiste appunto la genialità della creazione di un tal carattere profondo. Sicché premesso questo, i sapientoni scrivono volumi su volumi, con il risultato che l’esaltazione esegetica della grandezza e dell’importanza assunte dalla rappresentazione di un tal carattere d’uomo privo di carattere, formano delle enormi biblioteche.
[…] È indubbio che Shakespeare non era un artista e le sue opere non sono opere d’arte. Senza il senso della misura non è mai esistito né mai potrà esistere un artista, allo stesso modo che senza il senso del ritmo non può esistere un musicista. E Shakespeare avrebbe potuto essere tutto quel che volete, ma non un artista. ( trad. di Roberto Coaloa)

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