venerdì 8 aprile 2016

Una storia del Concilio

Il Concilio e la grazia. Saggi di storia sul Vaticano II
Alberto Melloni: Il Concilio e la Grazia. Saggi di storia sul Vaticano II, Jaca Book, pagg. 688, euro 25

Risvolto
"Studiare, mostrare, raccontare il Vaticano non è cosa pacifica: chi lo studiava alla fine del secolo XX e chi lo studia oggi studia infatti qualcosa che si muove: non solo, come insegnava Gregorio Magno, 'divina eloquia cum legenti crescunt', ma crescono anche gli umanissimi e ambivalenti 'eloquia rerum gestarum', il senso degli eventi che le fonti ci raccontano e di cui pian piano si scoprono in un lavoro collettivo i codici nascosti." (A. M.)






Il Concilio di mezzo secolo fa la rivoluzione morbida che arriva fino a Francesco 
La storia ufficiale e quella segreta del Vaticano II, tra compromessi e grandi innovazioni, nella raccolta di saggi di Alberto Melloni

AGOSTINO PARAVICINI BAGLIANI Restampa 8 4 2016
Il Giubileo della Misericordia indetto da Francesco nel cinquantenario del Concilio Vaticano II, conclusosi il 7 dicembre 1965 alla presenza di Paolo VI. Giovanni XXIII lo aveva inaugurato l’11 ottobre 1962, dopo tre anni di preparazione. Il Vaticano II continua dunque a vivere nella memoria della Chiesa, ma non solo. Importanti intuizioni conciliari hanno preso a germogliare proprio durante l’attuale pontificato. I concili hanno sempre una storia dal respiro lungo. Lo ricorda con chiarezza Alberto Melloni, nella sua recente raccolta di saggi ( Il Concilio e la Grazia. Saggi di storia sul Vaticano II, Jaca Book).
Lo storico spiega che il Vaticano II fu volutamente improntato alla pastorale, una novità nella storia dei concili che corrispondeva a porre in modo nuovo la relazione tra tradizione e modernità. Il suo ricco corredo di fonti permette di seguire, anche con vivacità, le complesse lotte procedurali con cui i conservatori — i cardinali Alfredo Ottaviani, Giuseppe Siri e altri ancora — osteggiarono l’idea del Concilio e l’aggiornamento giovanneo. Eppure Giovanni XXIII aveva affidato alla Curia l’intera responsabilità della preparazione del Concilio, tenendo la sua riforma fuori dall’agenda conciliare. Soltanto grazie al suo decisivo intervento, il decreto Sulle fonti della Rivelazione fu riscritto in senso più aperto e moderno. Erano in gioco il riconoscimento della moderna esegesi e la necessità di rinnovamento della teologia cattolica. L’iter del concilio fu irto di difficoltà di ogni sorta, personali e procedurali, tanta era la resistenza, ma anche profonda l’aspirazione all’”aggiornamento”, come tale forse mai presente nei concili precedenti.
Nuovo era anche il rapporto che la Chiesa era chiamata ad intrattenere con il proprio passato. Molti padri conciliari desideravano dichiarare che il processo contro Galileo era stato un errore, il che equivaleva a mettere un freno a posizioni conservatrici, nei confronti ad esempio della contraccezione o della psicanalisi. Nella costituzione Gaudium et spes, che afferma «l’autonomia della cultura e particolarmente della scienza», il nome di Galileo appare soltanto in nota, nel titolo di un’opera di uno storico, Pio Paschini. Documenti scoperti di recente rivelano che persino questo curioso compromesso fu osteggiato fino all’ultimo.
Il Vaticano II non pronunciò però nessuna scomunica, un elemento di discontinuità rispetto al passato. Il merito spetta a Giovanni XXIII. Poco più di due anni prima dell’apertura del Concilio, il teologo francese Yves Congar aveva espresso ( Diario di un teologo) la sua «sofferenza personale immensa» per essere stato accusato e punito dal Sant’Uffizio. Ciò che angosciava il grande studioso, così spiega Melloni, era vedere come l’impianto accusatorio del Sant’Uffizio indicasse come magistero ciò «che era semplicemente una teologia di scuola » e di vedersi accusato di avere scritto cose sulle quali non si doveva scrivere. Il domenicano Congar non esitò a definire le procedure del Sant’Uffizio un «sistema poliziesco simile alla Gestapo ». Durante il Concilio, usò però il termine «sistema romano» una sola volta (a proposito della riforma liturgica), un bel riconoscimento, in fondo, di quello spirito di apertura che vigeva nell’arena conciliare, pur in un contesto di profonda conflittualità. Il Concilio non segnò però la vittoria dei conservatori, anche perché grazie ad Amleto Giovanni Cicognani, la Segreteria di Stato riuscì ad imporsi come “punto apicale” e di equilibro tra le varie Congregazioni, di cui fu il vero portavoce. Tre anni dopo il Concilio, Paolo VI volle nominare il laico Jacques Maritain cardinale. E Yves Congar fu creato cardinale, è vero in fin di vita, il 26 novembre 1994, da Giovanni Paolo II.
Anche i simboli fanno storia. Nel suo Diario, Angelina Alberigo, moglie dello storico del Cristianesimo Giuseppe Alberigo, fondatore della “Scuola di Bologna”, racconta che alla cerimonia di chiusura del Concilio, «la cosa più bella» era vedere il filosofo cattolico Jacques Maritain «vestito nella sua povertà vera e profonda, se neanche il protocollo pontificio è riuscito a fargli mettere l’abito scuro, lui l’ex ambasciatore ufficiale».
La questione della povertà della Chiesa, per cui Giuseppe Dossetti aveva combattuto a lungo, ricomincia sotto il pontificato attuale. Germogli di un Concilio sempre vivo.
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