lunedì 23 maggio 2016

Aristotele fonte della bolsa critica romantica e piccoloborghese al neoliberalismo "crematistico"

Cercasi Aristotele disperatamenteA ventiquattro secoli dalla nascita, a Salonicco si celebra il grande filosofo
sia per aggrapparsi a un glorioso passato che per illuminare un catastrofico presente
Magari partendo da una sua vecchia lezione: “Il denaro deve essere un mezzo e non un fine”

ETTORE L I V I N I Restampa 22 5 2016
ARISTOTELE SPEGNE le candeline del suo compleanno (sono 2.400, auguri!) e si regala una festa in agrodolce. Dolce perché il mondo non l’ha dimenticato. Anzi: decine di studiosi, filosofi e professori in arrivo da ogni angolo del mondo — in testa il presidente greco Prokopis Pavlopoulos — si ritroveranno da domani a Salonicco per una sorta di Woodstock della cultura dedicata tutta al suo lavoro, il primo atto dell’”anno aristotelico” voluto dall’Unesco. Amaro perché — come direbbe lui — l’uomo è un animale politico. E la realtà quotidiana della Grecia — anche a due passi dalla capitale della Macedonia — è lì a ricordarci che l’utopia di una democrazia “fatta di cittadini liberi e uguali” come la sognava lui è ancora oggi, a tutti gli effetti, un’utopia: un centinaio di chilometri a nord dalla Torre Bianca ci sono i diecimila migranti accampati al confine di Idomeni, all’ombra del filo spinato che ne ha bloccato la fuga da guerra e miseria. E fuori dai saloni che ospiteranno convegni e dibattiti, le vie della città sono segnate dalle cicatrici della crisi senza fine del paese, uno tsunami che ha bruciato un quarto dell’economia nazionale, lasciato senza lavoro un greco su quattro e diviso l’Europa tra Nord e Sud, tra falchi del rigore e colombe della solidarietà.
Il filo tra passato e presente, tra le lezioni di Aristotele ad Alessandro Magno e le trattative con la Troika all’Eurogruppo, è più sottile di quanto si pensi. «Atene è oggi il segno più macroscopico del pericolo di un’Unione che non è più quella che si sperava che fosse», ammette Enrico Berti, presidente onorario dell’Istituto internazionale di filosofia e special guest tricolore al convegno di Salonicco. La Polis ideale immaginata dal filosofo di Stagira — “un mondo dove ognuno deve partecipare, governando bene quando è al potere per poi poter godere dei benefici dell’essere governato bene dagli altri”, riassume il professore dell’università di Padova — è a modo suo un manifesto ante-litteram dei valori fondativi della Ue. Valori che per ironia della sorte rischiano oggi di andare in frantumi proprio sotto il Partenone, in un paese alle corde travolto da una tragedia moderna dove i debiti, il valore del denaro e le storture dell’economia di mercato — altri modernissimi temi degli antichi lavori di Aristotele — recitano un ruolo da primattori. «L’idea che l’Europa si ritrovi a Salonicco per parlare della cultura delle sue radici e non di Pil è comunque un buon segno» dice soddisfatto Mario Vegetti, uno dei massimi esperti italiani del pensiero ellenico, autore assieme a Francesco Ademollo di Incontro con Aristotele (Einaudi).
I tempi, ovviamente, sono cambiati. L’economia globale è qualcosa di più complicato dell’unione virtuosa tra Oikos e Nomos che nel 330 avanti Cristo riassumeva per il filosofo macedone l’arte di dare regole alla gestione dei beni di casa. Lo stesso Aristotele (che probabilmente si sarà rivoltato nella tomba) è finito nel tritacarne mediatico della crisi, sbandierato dal quotidiano tedesco Bild tra i 50 motivi — accanto all’ouzo — per cui i tedeschi devono voler bene ad Atene. Il valore dei suoi messaggi però non si è appannato. «La sua enfasi sul concetto di autarchia può sembrare antiquata — dice ad esempio Chris Hann, del Max Plank Institut — ma in realtà non è così. Basta applicare il concetto di Oikos a livelli differenti ». E se l’Oikos nel senso di casa è oggi l’Europa «il senso di identità culturale e di solidarietà sociale nel continente è una pura ipocrisia — sostiene Hann — visto che il trattamento riservato ai greci nell’era dell’austerità è figlio degli interessi delle istituzioni più della comunità. Un brand da sventolare più che un valore reale». Tradotto nella cronaca di queste ore, è più aristotelico il Fondo monetario internazionale, che chiede un taglio al debito ellenico per non imporre nuovi tagli, piuttosto di Bruxelles che per le sue miopie e gli interessi a breve termine (le elezioni tedesche nel 2018) non vuol fare concessioni e insiste sulle sforbiciate a bilancio e welfare.
Le vecchie categorie, quando sono valide, durano per sempre, aggiornandosi con lo scorrere dei secoli. «Le donne, in fondo, erano persone ma non cittadini per Aristotele», ricorda Berti. Oggi, per fortuna, non è più cosi, e anche l’idea di Polis ha cambiato pelle: «Duemilaquattrocento anni fa era una realtà piccola, autosufficiente a se stessa — continua il professore — ora nemmeno gli Stati nazionali sono autosufficienti. Il mondo è interdipendente, il senso di comunità va ben oltre il limite dei confini. Anche la Ue non è più autosufficiente. Servirebbe una società politica mondiale. Sarebbe un passo fondamentale e invece si sta tornando indietro, come dimostra proprio quello che è successo in Grecia».
La strada verso la comunità ideale, insomma, resta lunga, ma l’influsso dello scienziato macedone nel percorso verso il traguardo è ben vivo anche oggi, malgrado gli incidenti di percorso tra Atene e Bruxelles: «C’è un neo-aristotelismo etico e politico diffuso nel pensiero tedesco e anglosassone — spiega Vegetti — un modello di pensare la politica in senso liberale e non utopistico». Che deve però fare i conti con un pianeta dove il nemico numero uno del filosofo di Stagira — la crematistica, alias una realtà dove il denaro serve solo ad ammucchiare altro denaro — detta la linea. Ventiquattro secoli fa sulle sponde dell’Egeo non si scambiavano derivati, non si scommetteva su future e opzioni e non si affidava il futuro di un paese — è successo ad Atene ma anche all’Italia — a contratti di ricopertura sui tassi d’interesse. «Aristotele era contrario alla speculazione — aggiunge Vegetti — ottenere moneta grazie alla moneta per lui era una perversione. L’economia dal suo punto di vista era solo l’arte di scambiarsi un surplus di merci: io ho più grano, tu hai più olio, possiamo aiutarci a vicenda. Usando il denaro solo per rendere più semplice la transazione. Un mezzo e non un fine». Odiava il debito e i prestiti a interesse, le due armi che hanno messo in ginocchio la Grecia negli ultimi anni d’austerity. Visioni antiquate da critico ante-litteram del capitalismo, sostiene qualcuno, come il sogno di un mondo che riconosca a tutti uguali diritti e uguali doveri. Ma temi che visti attraverso la lente dei fallimenti della turbofinanza senza controlli, regina dei nostri tempi, riemergeranno nei dibattiti di Salonicco dei prossimi giorni, con la forza di idee che hanno ancora attualità.
«Aristotele ha gettato le basi per i concetti di democrazia, cittadinanza e comunità — dice Demetra Sfendoni Mentzou, responsabile del Centro per gli studi interdisciplinari del filosofo e anima del congresso — oggi più che mai abbiamo bisogno delle sue idee per ridefinire questi valori assieme a quelli dell’umanità stessa». «L’idea di una società basata sulla conoscenza è la sintesi stessa della sua modernità e sarà la vera sfida del Ventunesimo secolo» conclude Ennio De Bellis dell’università del Salento. «La conoscenza è la vera arma per difendere la democrazia — aggiunge — perché aiuta a distinguere la giustizia dall’oppressione in una società sempre più complessa, spaziando dalla scienza, ai media fino alla finanza ». Parole che in una Grecia dove crisi e austerity ha allargato a dismisura la platea dei poveri e l’ingiustizia sociale sono d’attualità oggi esattamente come ventiquattro secoli fa. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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