lunedì 23 maggio 2016

Bye bye anti-imperialismo: la tendenza a cooptare MLK nel dispositivo dirittumanista

Perché non possiamo aspettareMartin Luther King: Perché non possiamo aspettare, Piano B, 14 €

Risvolto
In occasione del 60° anniversario dall'istituzione della Giornata Mondiale contro il Razzismo, che si tiene ogni anno il 21 marzo, Piano B edizioni presenta il testoPerché non possiamo aspettare, raccolta originale di saggi brevi di Martin Luther King, divenuto nel corso degli anni un manifesto per ogni movimento che si batte per i diritti civili e contro le discriminazioni razziali. Inedito in Italia, Perché non possiamo aspettare esplicita attraverso gli otto brevi saggi presenti (tra cui la celeberrima Lettera dal carcere di Birmingham) i temi fondamentali che guidarono la vita e la battaglia di Martin Luther King: la resistenza non violenta, la disobbedienza civile e la fede nella vittoria a qualunque costo. Oltre a vero e proprio manifesto contro il razzismo, il libro resta anche un impressionante documento storico sull'America degli anni del segregazionismo e sulla vittoria del movimento di emancipazione dei cittadini afroamericani.

Martin Luther King: perché non possiamo aspettare 

Libri. Che sia il diritto di entrare in un negozio per soli bianchi ieri in Alabama o attraversare un confine in Europa oggi, le cose continuano a somigliarsi tragicamente

Beatrice Cassina Manifesto 21.5.2016, 11:26 
È una cronaca lenta e paziente, una documentazione precisa che ha accompagnato il popolo dell’America nera al traguardo di importanti diritti civili. 
La battaglia silenziosa e pacifica di Martin Luther King e del popolo Negro, così come lo chiamava lui, l’aveva raccontata nel libro “Perché non possiamo aspettare” (Piano B, 14 €), aprendo le porte della consapevolezza al popolo americano, cominciando a scrollarsi di dosso ingombranti scogli di razzismo. 
Pubblicato oggi da Piano B, proprio nel sessantesimo anniversario dell’istituzione della Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Discriminazione razziale da parte delle Nazioni Unite, Perché non possiamo aspettare è un libro che oggi, soprattutto oggi, dovrebbe essere letto da tutti, in tutte le scuole, da tutti i politici, da chiunque volesse o anche solo dovesse capire come si sta dall’altra parte del muro. 
È il racconto puntuale e preciso delle piccole enormi battaglie vinte a piccoli pezzi e in cui, il popolo nero americano, aveva dovuto e voluto scegliere di tenere la testa alta. Aveva capito che “era qualcuno” e che, nonostante le continue umiliazioni, i soprusi, le differenze ancora scritte nelle leggi, nonostante le continue disuguaglianza, sì, aveva capito che poteva ottenere dei risultati solo con l’azione passiva della non violenza. “Quando sei umiliato, giorno dopo giorno, da insegne che ti tormentano con le scritte bianchi e di colore; quando il tuo primo nome è nigger, (…), quando sei costretto a vivere costantemente in punta di piedi, senza sapere mai ciò che può succederti da un momento all’altro, (…) quando sempre combatti contro la consapevolezza di essere una nullità – solo allora capisci perché abbiamo difficoltà ad aspettare”. 
Mentre Martin Luther King scriveva questo appassionato volume di riflessioni e denunce, il suffragio di voto per tutta la popolazione nera doveva ancora aspettare qualche anno per essere trasformato in legge. Sarebbe stato firmato il 6 agosto del 1965, dopo la grande marcia di Washington del 1963. 
Questo scritto è anche, oggi forse di nuovo come allora, una testimonianza fondamentale per chiunque voglia capire un tempo di ieri che, senza retorica, è sempre stato molto attuale. Che sia il diritto di entrare in un negozio per soli bianchi ieri in Alabama, o quello di attraversare un confine in Europa oggi, le cose continuano a somigliarsi tragicamente. 
Cos’era, cos’è la segregazione razziale? Certo, crediamo di saperlo tutti, ma forse è sempre utile leggere, dalla penna di un signore che si chiamava Martin Luther King, che vinse il Premio Nobel per la pace nel 1964, e che fu assassinato il 4 aprile del 1968 in un motel di Memphis, cosa significava (significa?) avere la pelle diversa, quanti soprusi e umiliazioni si dovevano (devono?) accettare senza protestare. 
Proprio nella prima pagina c’è un invito molto forte a cui, chiunque, dovrebbe tentare di attenersi. Le prime parole dell’introduzione ci dicono “Vedo un ragazzino Negro. Sta seduto sugli scalini di fronte a una palazzina infestata da parassiti, ad Harlem. All’ingresso il fetore dell’immondizia. Gli ubriachi, i disoccupati, i tossici sono gli spettri che riempiono il suo mondo quotidiano. Il ragazzo frequenta una scuola di soli studenti Negri, a parte una manciata di portoricani. Suo padre è disoccupato. La madre è una domestica a servizio completo, lavora a long Island, in una famiglia”. 
Parole che raccontano lo stillicidio che consumava lo spirito dell’America nera. 
Racconti di provincia, di quella piccola provincia americana ignorante, grassa e supponente che, di fatto, si trova ancora un po’ ovunque. Qui siamo negli stati del sud, in Alabama, nel piccolo centro di a Birmingham e da qui, forse inaspettatamente, sarebbe partito il desiderio e la necessità di farsi sentire e vedere. 
“La sfida alla non violenza, all’azione diretta, non poteva essere messa in scena su un palcoscenico più adatto. Nell’estate 1963 un esercito che brandiva soltanto la lama che rimargina della non violenza umiliava i più forti, i più abili e i più implacabili segregazionisti della nazione. Birmingham emergeva da una delicata e instabile posizione di pace, ma, senza aspettare che la situazione migliorasse, il Negro afferrò l’arma che aveva trionfato in quella pace pericolosa e avanzò per tutto il paese”. 
Pagine importanti, oggi storiche che, con coraggio e con la sicurezza di chi sa di essere nel giusto, ci raccontano i tanti e importanti incontri di Martin Luther King con John F. Kennedy che, con il fratello Robert, lo aveva aiutato quando era stato messo in prigione, con Harry Belafonte, che aveva appoggiato con entusiasmo tutte le azioni di protesta pacifiche e di resistenza non violenta nel paese. Pagine che ci raccontano come anche il libro di Lee Harper Il buio oltre la Siepe, aveva rappresentato un forte incoraggiamento per il popolo nero che procedeva lungo i sentieri della disobbedienza civile. Le trecentomila persona raccolte da ogni angolo degli Stati Uniti per la marcia pacifica su Washington poi, erano state il suo grande successo e, lui stesso ci dice che, “in tutta la sua scintillante storia, Washington non aveva mai visto uno spettacolo che, per grandezza e dimensione, fosse simile a quello del ventotto agosto del 1963”.

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