sabato 28 maggio 2016

Con l'apporto decisivo della sinistra italiana - soprattutto iscritti della CGIL, post-operaisti e rifondaroli - prosegue la rivoluzione in Francia

La Francia in un vicolo cieco. Anche il calcio preso in ostaggio
di Massimo Nava Corriere 30.5.16
Non è semplice trattare con la pistola alla tempia. È la situazione in cui si sono cacciati il presidente François Hollande e il governo socialista, messi sotto scacco dalla Cgt, il sindacato d’ispirazione comunista, che paralizza il Paese alla vigilia dei campionati europei di calcio. Scioperi nei trasporti, manifestazioni di piazza, blocchi di raffinerie e centrali nucleari si susseguono da settimane e il braccio di ferro potrebbe continuare per tutto il torneo fino alla finalissima.
La contestata riforma del mercato del lavoro, ispirata al Jobs act italiano, già emendata nel corso dei lavori parlamentari, non entrerà in vigore prima di luglio, quando le modifiche passeranno al vaglio del senato e torneranno all’assemblea per l’approvazione definitiva. Fino ad allora, la Cgt promette di continuare scioperi e blocchi, mentre Hollande e il primo ministro Valls fanno sapere di non avere nessuna intenzione di cedere a modifiche né tantomeno di ritirare il provvedimento.
I rischi, in termini d’immagine e di sicurezza interna, sono a questo punto enormi. La Francia, che aveva già perso la candidatura ai giochi olimpici a favore di Londra, ha scommesso sulla kermesse sportiva per rilanciare il turismo, in calo dopo gli attentati del novembre scorso, e ristabilire sotto i riflettori del mondo il ritratto di Paese forte, efficiente, famoso per il livello di infrastrutture e servizi. Al tempo stesso, blocchi e manifestazioni di piazza inveleniscono il clima sociale, moltiplicano le possibilità di provocazioni, mettono a dura prova l’apparato antiterrorismo.
La situazione sembra in un vicolo cieco, con i cittadini, e presto anche tifosi e turisti, presi in ostaggio. Nella maggioranza socialista c’è aria di fronda e circolano proposte di emendamenti degli articoli più contestati — come quello che privilegia accordi aziendali rispetto ad accordi nazionali, in particolare sull’orario di lavoro — ma il presidente Hollande, già ai minimi termini nei sondaggi, non può permettersi di perdere la faccia una seconda volta, dopo avere ritirato la modifica della Costituzione sulla questione della doppia cittadinanza in relazione a reati di terrorismo.
La Francia è ormai entrata in campagna elettorale per le presidenziali del 2017. Una marcia indietro su una questione cruciale confermerebbe la scarsa propensione di Hollande e della sinistra francese a imboccare con decisione la strada delle riforme già percorsa da altri leader e Paesi europei. Anche per questo, alla vigilia del referendum in Gran Bretagna, l’impasse francese non è una buona notizia per l’Europa.
A una pessima comunicazione, il governo ha aggiunto la decisione di fare passare la legge in prima lettura con voto di fiducia. Sul fronte opposto, la risposta è stata ideologica e pregiudiziale, come spesso avviene in Francia, al solo sentire usare parole come «flessibilità» e ogni volta che un governo — qualsiasi governo — mette mano a diritti consolidati e appunto non negoziabili. Come all’epoca di Chirac e di Sarkozy si ripete lo psicodramma collettivo di un Paese che enfatizza le barricate della rivoluzione per impedire il cambiamento e conservare un sistema altamente protezionistico che continua ad escludere milioni di disoccupati, giovani precari, lavoratori part time, immigrati. Anche per questo, l’emorragia di giovani laureati che vanno all’estero è continua.
Secondo i sondaggi, la maggioranza dei francesi approva la protesta, pur criticando metodi di lotta che incidono pesantemente sulla vita quotidiana. Ma i sondaggi non fotografano la realtà di un Paese lacerato. Il Front National di Marine Le Pen soffia sul fuoco, chiede il ritiro della riforma e spera di aumentare i consensi nell’elettorato popolare deluso dalla sinistra. La destra gaullista accusa Hollande di avere fatto già fin troppe concessioni e sotto sotto si compiace di uno scontro sociale che trascina in basso la gauche .
Gli stessi sindacati sono divisi. La Cfdt e altre sigle moderate, dopo avere ottenuto modifiche, sono favorevoli alla riforma. La Cgt e altre sigle come Sud, presenti soprattutto nel trasporto pubblico, tengono duro. Il numero di iscritti e le effettive adesioni alle varie forme di protesta non dicono la verità sull’effettiva consistenza del sindacato, soprattutto nel settore privato. Ma il potere di blocco nel settore pubblico è una specialità molto francese.

Loi Travail: le manifestazioni continuano
Francia . Cortei in tutto il paese. Valls: la riforma resta. Ma il governo si incrina e cerca un cuneo tra Fo e Cgt. Il tempo stringe: il 10 giugno inizia l'Euro di calcio
di Anna Maria Merlo il manifesto 27.5.16
PARIGI Ottava giornata di manifestazioni in tutto il paese contro la Loi Travail, la 18esima a Nantes, per esempio, a Parigi tra 18-19mila (fonti Prefettura) e 100mila persone (fonte Fo), con le solite code di scontri. Manifestanti con caschi, occhiali da piscina o da sci, 16 fermi nella capitale, con vetrine spaccate, lacrimogeni, ecc. “Restituiteci i nostri compagni” hanno reagito dei manifestanti alla fine del corteo, in place de la Nation, contestando i fermi. Gli slogan confermano la frattura inconciliabile di quella che un tempo era la sinistra: “fuori questo governo”, “social-traditori”.
In testa al corteo parigino, i leader dei due sindacati Cgt e Fo. Philippe Martinez, della Cgt, afferma di aver chiesto un incontro con François Hollande, ma di non aver ricevuto risposta. Hollande ieri era in Giappone, per il G7, dove ha affermato di seguire gli avvenimenti e ha appoggiato Manuel Valls. Il primo ministro ha “detto quello che doveva dire”, ha affermato il presidente. Valls, al Senato, ha tuonato di nuovo contro la Cgt: “non si puo’ bloccare il paese, non si puo’ attaccare in questo modo gli interessi economici della Francia”. Il 10 giugno inizia l’Euro di football, due milioni di persone sono attese per un avvenimento sportivo trasmesso in tutte le tv del mondo, la Francia non puo’ permettersi immagini di protesta che fanno il giro del mondo, mentre Hollande insiste sul fatto che “va meglio”. Se manca la benzina e i trasporti non funzionano, ci saranno seri problemi. Le raffinerie e i depositi di carburanti sono rimasti bloccati ieri.
Nel backstage, qualcosa si muove. C’è il tentativo di spaccare ulteriormente il fronte sindacale, dando qualcosa a Fo, meno radicale, per isolare la Cgt. Cacofonia nel governo. Valls ha fatto cenno a “possibili miglioramenti” del famigerato articolo 2, quello dell’”inversione della gerarchia delle norme”, che favorisce gli accordi a livello di impresa, al di sotto di quelli di categoria (ma solo per l’organizzazione dell’orario di lavoro, dice Laurent Berger della Cfdt, senza toccare lo Smic, il salario o la sicurezza). Ma pas question di ritirarlo. Valls ha zittito il ministro delle Finanze, Michel Sapin (che in passato era stato responsabile del Lavoro), che ieri ha affermato che sarebbe possibile “ritoccarlo”. Sapin ha cercato di sminare il terreno sociale su un altro fronte: ieri in commissione è passato il progetto di “inquadrare” i guadagni dei grandi manager, non ci sarà un “tetto” ma fa passi avanti l’idea di una legge di regolazione, che imponga ai dirigenti il voto delle assemblee degli azionisti (alla Renault, il consiglio di amministrazione era passato oltre, concedendo al pdg Carlos Ghosn quello che chiedeva – 7 milioni l’anno, a cui si aggiungono altri 7 dalla Nissan – senza rispettare il parere degli azionisti).
I manifestanti restano determinati, dopo quasi tre mesi di proteste, tanto più che il governo comincia a vacillare e l’opinione pubblica continua ad appoggiare la protesta, malgrado i disagi (benzina, trasporti). Anche se a Fos-sur-Mer, nel sud, un’automobile ha travolto uno sbarramento facendo un ferito grave e a Vitrolles un camionista esasperato ha ferito due persone. Nelle ferrovie e nella metropolitana parigina gli scioperi rischiano di esplodere dalla prossima settimana, se non viene trovata una via d’uscita. Per Gilbert Garrel, Cgt Ferrovieri, “il 75% della popolazione rigetta la Loi Travail, quindi dire che c’è un braccio di ferro tra sindacati e governo è falso, la popolazione è contro. Bisogna che Valls prenda atto della situazione e accetti di rinegoziare”. La Cgt prevede “altre mobilitazioni” prima dell’appuntamento della prossima giornata nazionale di protesta, il 14 giugno, quando la Loi Travail inizierà ad essere discussa al Senato (e probabilmente riportata al testo iniziale, quello voluto dal padronato, poiché qui la destra ha la maggioranza). Per Thierry Chevalier, Cgt Energia, “la radicalizzazione è del governo che mantiene posizioni antidemocratiche”, dopo aver forzato l’approvazione della riforma senza voto, con il ricorso all’articolo 49.3.
Grosse polemiche, ieri, sull’assenza dei giornali nelle edicole, fatta eccezione per L’Humanité. La Cgt Livre ha bloccato la stampa, a causa del rifiuto di tutti i quotidiani di pubblicare un “intervento” del segretario Cgt, Philippe Martinez, che era stato inviato alle redazioni. Il testo è uscito su L’Humanité, unico giornale ad aver accettato.


Lo scontro sulla riforma del lavoro. Dopo il blocco delle raffinerie

Proteste in Francia, si fermano anche le centrali nucleari Il governo fa ricorso alle riserve strategiche

di Marco Moussanet Il Sole 26.5.16
PARIGI La Cgt, il sindacato vicino al partito comunista e all’estrema sinistra, getta tutte le sue forze in campo per cercare di costringere il Governo a ritirare la legge di riforma del mercato del lavoro. Dopo il blocco delle raffinerie (sei su otto sono ormai ferme da giorni) e dei depositi di carburante (dove i picchetti vengono però puntualmente rimossi dalla polizia), dopo la proclamazione di scioperi a tempo indeterminato nelle ferrovie (dal 31 maggio, anche se l’adesione alle agitazioni già in corso è in calo) e nei trasporti pubblici parigini (dal 2 giugno), ha deciso di estendere la protesta alle 19 centrali nucleari, per cercare di interrompere la regolare fornitura di elettricità (i 58 reattori assicurano il 75% dell’energia elettrica del Paese).
In concomitanza con l’ennesima (è l’ottava dall’inizio della contestazione, il 9 marzo scorso) giornata di mobilitazione che si svolgerà oggi (un’altra, con scioperi e manifestazione nazionale a Parigi è già prevista per il 14 giugno, quando la legge sbarcherà al Senato). E sarà un test importante, quello di oggi, per capire qual è la reale capacità della Cgt ad ampliare il movimento di protesta.
Il Governo ha dal canto suo deciso di tenere duro, scommettendo sul progressivo isolamento dell’organizzazione sindacale. Nonostante alcuni dirigenti socialisti si siano espressi per la ricerca di un compromesso – con un possibile, ulteriore annacquamento della legge – l’intervento del premier Manuel Valls in Parlamento non lascia dubbi: «Il provvedimento non sarà ritirato e non sarà cambiato. Non è la Cgt a dettare legge in questo Paese».
Per far fronte alla penuria di carburante, dovuta anche all’aumento dei rifornimenti da parte degli automobilisti che temono il peggio (oltre 4mila delle 12mila stazioni di servizio sono a secco), il Governo ha deciso di ricorrere alle scorte strategiche: la Francia ne ha per 115 giorni e ne ha per ora utilizzato l’equivalente di tre giorni.
Sul durissimo scontro sociale in corso, ieri sono nuovamente intervenute le imprese, con un comunicato firmato dalle principali organizzazioni: «La spirale che si è innescata supera ormai lo scenario accettabile di una contestazione. La violenza delle parole e delle azioni ha raggiunto livelli inammissibili. Se lo sciopero è un diritto, si tratta di un diritto che non può avere la sola finalità di seminare il disordine. Spetta allo Stato garantire il rispetto del diritto e prendere misure che tutelino l’interesse generale, la libertà di lavorare e di circolare».
Al riguardo, il ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve ha ribadito ieri che «lo Stato di diritto ha a sua disposizione degli strumenti per intervenire e se servirà verranno utilizzati». È probabile che si riferisse alla possibilità di precettazione dei lavoratori in sciopero, misura alla quale la Francia ha raramente fatto ricorso.
Ma il presidente François Hollande e il premier Valls preferiscono aspettare, convinti appunto che il tempo giochi a loro favore.
Una mano gliel’hanno senz’altro data i numeri di aprile sulla disoccupazione, resi noti ieri sera: dopo il forte calo di marzo (-60mila persone iscritte al collocamento e senza lavoro) anche il mese scorso c’è stata una diminuzione (-20mila). Si tratta della prima volta da cinque anni che si registra un arretramento del numero di disoccupati per il secondo mese consecutivo.
Forse non è ancora l’inversione della curva alla quale Hollande ha da tempo affidato la decisione di ripresentarsi all’elezione presidenziale, ma certo sono dati che il Governo potrà utilizzare in questi giorni per cercare di dimostrare come la direzione imboccata sia quella giusta.

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