mercoledì 18 maggio 2016

Socrates e il pallone prima della sottomissione reale


Pippo Russo: Socrates. L’irregolare del pallone, Edizioni Clichy, pp.120, euro 7.90

Risvolto
Questo gigante proveniente dal Brasile, irregolare nel nome, nella vita e nell'uso del pallone, ci ha insegnato come il gioco più bello del mondo possa essere anche un veicolo per la promozione dei diritti e delle azioni politiche per l'allargamento della cittadinanza.
Attraverso l'irripetibile esperienza della Democrazia Corinthiana, cui da leader di un gruppo di colleghi diede vita nel Corinthians, ha indicato la via per un'altra percezione del ruolo sociale, politico e culturale del calcio.
In quei tre anni, mentre intorno a loro il paese era oppresso da una dittatura militare ventennale, un gruppo di calciatori dimostrò come il calcio possa essere tutt'altro che un fattore di spoliticizzazione.
L’intellettuale organico della democrazia corinthianaMemoria. "L’irregolare del calcio", la vita del giocatore brasiliano Socrates in un libro delle Edizioni Clichy 
Nicolas Martino Manifesto 17.5.2016, 19:43 
Prendete un sociologo, un pubblicitario e un calciatore, un fuoriclasse che è anche un medico e soprattutto un intellettuale comunista. Metteteli insieme in una squadra di calcio e quello che verrà fuori è la cosiddetta «Democracia Corinthiana», il più straordinario esperimento di gestione democratica e dal basso di un gioco, quello del pallone, da sempre legato alla verticalità di un ordine rigidamente gerarchico. 
A quella esperienza, e alla figura del suo principale protagonista, Socrates, è dedicato ora un libretto, curato da Pippo Russo, Socrates. L’irregolare del calcio (Edizioni Clichy, pp.120, euro 7.90). E davvero straordinaria risulta la figura di questo irregolare, laureato in medicina prima di diventare calciatore professionista, figlio di un autodidatta che riesce a trasmettergli l’idea della cultura come arma da usare contro la subalternità. Chi sa può difendersi, il potere può levarti i diritti e la libertà ma non la coscienza critica che il sapere alimenta in continuazione. 
È così che cresce Socrates, in un Brasile tenuto stretto nella morsa di una dittatura militare rozzamente anticomunista, con la consapevolezza che la cosa più importante è l’impegno nello studio, perché il sapere, fuori da ogni velletà astrattamente accademica, ha una dimensione concretamente e immediatamente politica. E in un paese dove il calcio non è semplicemente un gioco, ma l’autobiografia di una nazione, diventa particolarmente produttiva l’intuizione rispetto alla possibilità di fare di una squadra di calcio uno strumento di lotta politica. Accade all’inizio degli anni Ottanta quando una serie di circostanze fortunate mettono insieme le tre figure di cui si diceva prima, e queste decidono di dar vita a una gestione democratica del Corinthians, il club di San Paolo, per cui ogni decisione sugli aspetti tecnici, gestionali ed economici diventa appannaggio del collettivo della squadra, che inoltre moltiplica l’orizzontalità dello spogliatoio attraverso una serie di messaggi politici stampati sulle magliette e che si devono alla genialità del copywriter Washington Olivetto. 
Il soviet calcistico funziona, perché la squadra vince e rimette a posto i conti scalcagnati della gestione precedente, mentre Socrates incanta con i suoi colpi di tacco e le sue dichiarazioni, alcune delle quali raccolte qui da Russo, che risvegliano le coscienze dei brasiliani. «Quello che conta è la gioia», ripeteva sempre il dottore, che nell’84 arriverà anche in Italia per giocare nella Fiorentina, ma di gioia ne troverà poca, tanto da tornare a casa a fine stagione, non prima però di aver sorpreso tutti dichiarando che il suo principale interesse qui era «leggere Gramsci in lingua originale e studiare la storia del movimento operaio». Ciò che alla fine ci restituisce la vicenda di Socrates raccontata in queste pagine è quanto sia politicamente strategico un lavoro sull’immaginario, un terreno sul quale per battere l’avversario il possesso palla risulta assolutamente decisivo.

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