mercoledì 22 giugno 2016
Anche Shimon Peres oltre destra e sinistra: la versione Herrenvolk sionista del Mito Transpolitico
Shimon Peres: «Guardate avanti. La destra e la sinistra ormai non esistono più»
intervista di Maurizio Caprara Corriere 22.6.16
Statista raffinato che ha conosciuto le durezze della vita, pastore da
ragazzo e poi ministro della Difesa, degli Esteri, premier e capo dello
Stato, Shimon Peres contribuì da giovane a fondare nel 1948 lo Stato
d’Israele e a 92 anni d’età mantiene alta la speranza. Già leader del
Partito laburista, di fronte alla crisi della parte della sinistra nella
quale è cresciuto è convinto che occorra esplorare strade nuove,
diverse da prima. A chi gli domanda come fa a credere che progetti in
apparenza irrealizzabili possano essere realizzati oppone una richiesta.
Questa: «Calcola quanti risultati hai raggiunto nella vita e quanti
sogni hai avuto. Se il numero dei tuoi sogni supera quello dei
risultati, sei giovane».
Il laburismo ha perso colpi in Gran Bretagna e Israele. Tra i parenti
non va meglio: il Partito socialista è in difficoltà in Francia, i
socialdemocratici lo sono in Germania e Austria. Sebbene riunisca storie
eterogenee, in Italia il Partito democratico è andato male nelle
elezioni amministrative parziali. Lei nel 2005 fondò Kadima, formazione
al di fuori del Labour. Che cosa crede possa rimanere vivo del
laburismo?
«La vecchia sinistra e la vecchia destra appartengono al passato. Siamo
in una nuova era. Dobbiamo scegliere: rimanere con il passato o andare
avanti in una nuova epoca», risponde il premio Nobel per la pace Peres
in questa intervista al Corriere della Sera, rilasciata a Roma dopo
un’udienza da papa Francesco».
In che cosa consisterebbe la differenza tra era vecchia e nuova?
«Il passato era basato sulla terra: i campi, l’immobiliare. Per avere
più terra si faceva la guerra, per difendere i confini si costruivano
eserciti. Così la politica girava intorno a terra e guerra».
Adesso non più? Del tutto?
«La nuova era è senza confini, perché la scienza non ne ha. Se vuoi
essere un grande scienziato, non devi ridurre qualcuno a essere
piccolo».
Per scienza lei intende soprattutto le nuove tecnologie. Non è facile che la sua tesi convinca tanti tra quanti fanno politica .
«Infatti gran parte dei popoli e della politica vivono nelle due età.
Quindi pagano un prezzo doppio: per l’epoca vecchia e la nuova. Pagano
gli eserciti. Ma che bisogno c’è se confini non esistono? E la scienza è
neutrale».
Ammesso che lo sia, può essere un problema .
«Il problema è la scienza senza moralità: può perfino distruggere il
mondo. Ma anche se vivi nell’epoca della moralità senza scienza rischi
di morire: non hai cibo. Perciò occorre avere scienza e morale, non
separarle».
Presidente, è passato dal laburismo al positivismo?
«No. Osservo che si spendono milioni per le armi. Anche nell’Unione
Europea, nonostante da oltre 70 anni qui non abbiate una guerra. E
perché non la avete? Perché non ci sono più i confini fra voi. La gente
non capisce, il prestigio della politica cala. Negli Stati Uniti le
proteste contro la politica sono di destra e di sinistra».
Sia del repubblicano Donald Trump sia del socialista Bernie Sanders?
«Sì. Oggi la politica non può essere più dirigere la popolazione, è
servirla. Per cercare simpatia alcuni vanno in tv. Anche se sono bravi
la gente non se ne innamora. Li giudica per ciò che fanno. Dobbiamo
cambiare le nostre menti».
Non è che nel passato manchino esempi positivi .
«Israele è un grande esempio. Perché capimmo che eravamo soli, non
avevamo terra, risorse, armi, niente. Potevamo scomparire. Poi abbiamo
scoperto la grade risorsa naturale».
Quale risorsa?
«Quella umana. Puoi trovare nell’essere umano molto più di quanto trovi
nella terra: Israele non è stato costruito dalla terra, dall’olio o
dalla guerra, bensì dal popolo».
Di fronte alla paralisi che continua da anni, quale ragione ci sarebbe
per essere ottimisti sul processo di pace con i palestinesi?
«Oggi in Medio oriente ci sono 60 o 70 mila terroristi. Ma anche
centinaia di migliaia di studenti che possono diventare innovatori,
costruire una nuova vita. Nessuno li fermerà».
Come fa a esserne certo?
«Mentre da giovane lavoravo al ministero della Difesa c’era chi diceva:
“Ebrei e arabi non possono più vivere insieme”. Poi facemmo la pace con
l’Egitto, il più grande dei Paesi arabi, e con la Giordania. Dopo
provammo con i palestinesi, però erano divisi. Ho comunque una
certezza».
Quale?
«Quando noi facemmo la pace con Egitto e Giordania se ne parlava, proprio come si parla oggi di quella con i palestinesi».
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