venerdì 3 giugno 2016

Guerra e violenza nei monoteismi: una analisi semantica


Tutti i libri sacri sono violenti Tranne uno: il Nuovo Testamento

Uno studio matematico dimostra come nei testi islamici ci siano ben 328mila parole contro i seguaci di altre fedi, a fronte di 34mila nella Bibbia ebraica e zero nei Vangeli

Libero 3 giu 2016 FAUSTO CARIOTI RIPRODUZIONE RISERVATA
La differenza tra un luogo comune e una bufala spesso la fa un pignolo che si arma di tempo e santa pazienza, viviseziona ciò che tutti spacciano come verità scontata e scopre che lì dentro di vero non c’è proprio nulla. Vale anche per l’idea secondo cui i libri delle grandi religioni monoteiste sono tutti ugualmente «violenti»: quella equivalenza “morale” del Corano e degli altri libri sacri dell’islam con la Bibbia ebraica (che in gran parte coincide con l’Antico Testamento dei cristiani) e con il Nuovo Testamento che si ripropone, puntuale, ogni volta che si parla di guerre e religioni.
Lo stesso papa Francesco, pochi giorni fa, nella sua intervista al quotidiano francese La Croix, ha mostrato di pensarla così, tanto da dire che «l’idea di conquista è inerente all’anima dell’islam, è vero. Ma si potrebbe interpretare, con la stessa idea di conquista, la fine del Vangelo di Matteo, dove Gesù invia i suoi discepoli in tutte le nazioni». Frase che ha creato un terremoto nel piccolo mondo dei vaticanisti, dove Aldo Maria Valli (Tg1) ha preso le distanze dal pontefice, ritenendo queste sue parole «altamente problematiche». Sempre Bergoglio due anni fa, tornando in aereo dal suo viaggio in Turchia, armato delle migliori intenzioni disse ai giornalisti che «il Corano è un libro di pace», e nella sua esortazione apostolica Evangelii Gaudium ha scritto che «il vero Islam e un’adeguata interpretazione del Corano si oppongono ad ogni violenza».
È quello che pensano in tanti, notando che anche il cristianesimo e l’ebraismo hanno avuto le loro guerre di conquista e che esistono milioni di islamici amanti della pace. Cose verissime, che però non risolvono il problema: davvero i libri sacri di queste tre religioni sono violenti allo stesso modo?
A fare un’indagine oggettiva ha provveduto un signore americano esperto in calcoli matematici che si chiama Bill Warner eha creato il Center for the Study of Political Islam. Il suo motto è: «Io mi occupo dei fatti, non delle opinioni. I miei esperti si chiamano Allah e Maometto. Ogni cosa che dico e scrivo può essere verificata». Il metodo scientifico applicato al Corano e agli altri testi sacri. Filosofia che paga, visto che tra i (tanti) libri scritti da Warner e venduti su Amazon. com non se ne trova uno che abbia meno di quattro stelle.
Così questo studioso ha preso il Corano, la Sira (il tradizionale libro musulmano sulla vita del profeta Maometto) e gli Hadith, gli aneddoti della vita di Maometto, la “tradizione” da cui gli islamici traggono insegnamento e aiuto nell’interpretazione del Corano ,il cui significato è spesso oscuro anche per loro. Quindi li ha analizzati usando i numeri e le leggi della statistica, per calcolare - ad esempio - quanta parte di questi testi è dedicata al trattamento da riservare ai kafir, gli infedeli (per i curiosi: il 64% del Corano, l’81% della Sira e il 37% degli Hadith).
Oppure quante volte ricorre la figura della donna nel Corano e in che modo essa è considerata (151 versi, il 7,3% usati per attribuirle uno status positivo, il 25,2% per collocarla su un livello uguale a quello dell’uomo e il 67,5% per relegarla in un rango inferiore). Risultato: anche se solo il 9% del Corano e circa il 12% della Sira si riferiscono alle donne, essendo il resto della dottrina centrato sul ruolo del maschio, ce ne è «più che abbastanza per governare nel minimo dettaglio la vita di una donna dalla nascita alla morte». Il tutto condito con curve e grafici.
Identico lavoro è stato fatto con il Vecchio e il Nuovo Testamento. Il risultato più interessante è proprio quello relativo alla violenza «politica» contenuta in questi libri, cioè alle aggressioni ai danni di seguaci di altre religioni. Tirate le somme, nella “trilogia islamica” sono raccontati (e quindi portati ad esempio) simili atti di violenza per un totale di 328.000 parole. La stessa cosa accade per un totale di 34.000 parole nell’Antico Testamento (l’attacco degli ebrei ai gentili) e mai nel Nuovo Testamento.
Dunque il tasso di violenza nei confronti degli infedeli contenuto nel Corano e negli altri libri dell’islam è enormemente superiore a quello che appare nei testi delle altre religioni. E il fatto che manchi un’interpretazione univoca e “pacifista” di queste scritture non fa che peggiorare le cose. Conclusione alla quale, senza adottare un approccio matematico, è giunto anche il padre gesuita Samir Khalil Samir in un suo scritto per la rivista AsiaNews: «Nella sua vita Maometto ha fatto più di sessanta guerre; ora se Maometto è il modello eccellente (come dice il Corano, 33:21), non sorprende che certi musulmani usino anche loro la violenza ad imitazione del fondatore dell’Islam».

2 commenti:

Mauro ha detto...

Il Nuovo Testamento non sono solo i Vangeli...
E per il Cristianesimo anche l'Antico Testamento è libro sacro... meglio non parlare dell'odio che contiene comunque (e che, se uno lo ha letto, sa che non c'entra con i gentili... visto che i "gentili" esistono solo a partire dal trionfo del cristianesimo a Roma).
E oltretutto al mondo non esistono solo cristianesimo, islam ed ebraismo.
Ergo: studio che è partito dalla fine (cioè da ciò che aveva deciso dover essere il risultato), non dall'inizio (cioè dalle fonti).

Roberto ha detto...

Non mi sembra giusto contare per l'Islam più testi. In questa maniera il risultato è evidente...