domenica 26 giugno 2016

La mistica francescana: Angela da Foligno e Raimondo Lullo

La letteratura francescana. Testo latino a fronte. Vol. 5: La mistica. Angela da Foligno e Raimondo Lullo.
La letteratura francescana. Testo latino a fronte. Vol. 5: La mistica. Angela da Foligno e Raimondo Lullo, Fondazione Valla Mondadori

Risvolto
Immergendosi nel volume V della Letteratura francescana, il lettore si domanderà a un certo punto se il messaggio più vero di Francesco non sia stato quello mistico. Pur vivendo esperienze esistenziali del tutto diverse l'una dall'altra, infatti, Angela da Foligno e Raimondo Lullo portano testimonianza purissima del vivere, sulle orme del santo di Assisi, con e nel Cristo: "testimonianza intera di che cosa fu realmente l'esperienza di Francesco, la sua inevitabile povertà nell'esperienza della divinizzazione, la laicità della vita cristiana nell'ortodossia e la corrispondente teologia della resurrezione". Ecco Angela, sul finire del Memoriale dettato al frate, confidargli: "Una volta ho interrogato Dio dicendo così: "Ecco, tu sei in questo sacramento dell'altare. Dove sono i tuoi fedeli?". Quindi, aprendo l'intelletto dell'anima, rispose dicendo: "Dovunque io sono, sono con me anche i fedeli". E io stessa vedevo che era così. E chiarissimamente trovavo me dovunque era lui. Ma in Dio ciò che è "essere dentro" non è ciò che è "essere fuori". E lui è il solo che è dovunque pur comprendendo tutto". Nella vita di Angela, che non si allontana dalla sua piccola porzione di Umbria, che non è affiliata a un ordine religioso, ma semplice terziaria francescana alla guida di un gruppo di laici, Dio si manifesta di continuo. Raimondo Lullo è invece uomo di cultura, poeta e teologo.


Angela e Raimondo, i mistici del santo Poverello


Rosita Copioli Avvenire 9 ottobre 2016


L’estasi insegue Dio. E fallisce

Il quinto volume de «La letteratura francescana» della Fondazione Valla-Mondadori propone il «Memoriale» di Angela da Foligno, testimonianza di un percorso religioso radicale e inappagato
Corriere della Sera 25 giu 2016 Di Pietro Citati
Angela nacque a Foligno attorno al 1248, e vi morì il 4 gennaio 1309: sposò a vent’anni un ricco signore della città; e ne ebbe alcuni figli, che come il padre morirono verso la fine del secolo. Aveva avuto, sino allora, una vita assolutamente normale, simile a quella di una qualsiasi donna borghese. All’improvviso, verso i quarant’anni, Angela si convertì: rinunciò alla sua proprietà e ai suoi poderi: aderì al terz’ordine di San Francesco: fece un pellegrinaggio ad Assisi: esaltò la morte dei suoi come un dono del cielo; e dettò quello che chiamiamo Memoriale, oggi tradotto e commentato in modo eccellente da Francesco Santi ( La letteratura francescana, volume V. La mistica, Fondazione Valla – Mondadori). Il libro fu subito ammiratissimo. Nel suo Arbor vitae crucifixae, Ubertino da Casale ricorda di aver conosciuto Angela nel 1298 e di aver venerato la sua vita spirituale.
Se rileggiamo oggi il Memoriale, queste intensissime pagine che un frate sconosciuto tradusse dall’umbro in latino, ci folgorano come allora. Il Memoriale è tra i massimi testi mistici di ogni tempo e di ogni Paese: la vocazione spirituale di Angela non è inferiore a quella di san Francesco, di santa Teresa e di san Giovanni della Croce. Come in loro, la sua mistica contiene in se stessa una profondissima ed ardita scienza teologica, che talvolta contraddice la tradizione cristiana. Angela non è colta: non ha letto libri; ma la sua scienza teologica è il fuoco interiore dell’esperienza mistica. La lucidità intellettuale del Memoriale è straordinaria: la capacità di superare i limiti della mente umana ci sconvolge.
Come tutti i grandi mistici, Angela sa che la sua esperienza non ha nulla a che fare con le leggi, i riti, le morali, le istituzioni del mondo umano: sa che i teologi — qui rappresentati dai frati francescani — non la amano e i moralisti la esecrano. Appena apre bocca, supera una frontiera, varca un limite, spezza una legge: penetra nel carcere con la stessa rapidità con cui sale nel cielo e discende nell’abisso; non potrà mai ritornare indietro, nella mediocre e consolante esistenza quotidiana.
Dio non ama tutti gli uomini allo stesso modo. Egli ne sceglie alcuni: «Sebbene offra a tutti il banchetto, tuttavia ne accoglie alcuni a una mensa speciale, vicino a Lui»; i figli prediletti da Dio, che mangiano con Lui in una stessa scodella, arrivano in alto attraverso grandi tribolazioni e dolori. Angela ha una coscienza doppia: da un lato conosce di essere una grande peccatrice; ha commesso e commette, ogni giorno, ogni secondo, terribili peccati. «Vedevo — dice — che ero degna dell’inferno»: «Vedevo che in me non c’era alcun bene»; «ero un niente, priva di qualsiasi bontà». Eppure sa di essere una prescelta da Dio: sente in se stessa il dono supremo, il Suo profumo. In lei accade una cosa paradossale: con l’aiuto di Dio, il peccato, appena compiuto, si rovescia miracolosamente in grazia. «Il Padre offre ai peccatori una grazia spirituale che non dà agli altri che rimasero innocenti e non si allontanarono». Più essi peccano, più desiderano di convertirsi pienamente.
Angela prova tutte le condizioni dell’esperienza mistica. Quando viene assalita da Dio, resta incerta: «Non sapevo se tutto ciò che facevo fosse gradito a Dio», sebbene, alla fine, fosse folgorata dall’idea di essere la sua figlia suprema. L’esperienza mistica è lenta, lentissima: lei sale verso Dio con fatica, dolore e peso. Offende la misura, non la tollera, vuole andare sempre più in là, ricevendo una gioia tanto grande da non poter sostenerla; e mentre offende la misura, la voce divina interviene a frenarla, moderarla, costringerla, perché Dio, sebbene sia perenne eccesso, non ama l’eccesso. «Se non fosse — commenta Angela — che si sa che Dio fa tutto con misura, avrei detto che quella gioia grandissima era senza misura».
Angela ha sempre davanti agli occhi l’incarnazione e la passione di Cristo. Mentre dorme e veglia, le appare il Crocifisso: egli le dice di guardare nelle sue piaghe; le mostra i peli strappati della barba, indica uno per uno i colpi della frusta sul corpo. Lei piange con lacrime tanto calde, che le bruciano la carne: e di nuovo Cristo le dice di guardare il legno, i chiodi, e di posare la bocca sulle sue piaghe; a lei sembra di bere il sangue che sgorga fresco dalla ferita. È il primo passo. Il corpo ferito di Cristo diventa, in Angela, l’origine di uno slancio spirituale che non finisce mai, sempre più in alto, sempre più

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