giovedì 23 giugno 2016

Tra antropologia ed esoterismo

George Robert Stowe Mead: L’arte del simbolo come strumento di conoscenza, Mimesis, pp. 64, euro 6
Risvolto
L’uomo è la misura dell’universo, e nella corrispondenza tra microcosmo e macrocosmo sono celate le soluzioni di tutti i misteri. I simboli sono le radici da cui si sviluppano tutte le scienze e tutte le arti, i fondamenti su cui sono costruite le porte di accesso a mondi più grandi, inaccessibili alla sola ragione. Per mezzo dei simboli possiamo risalire da mente a mente e da persona a persona per raggiungere la conoscenza totale, suprema e assoluta, cioè sciolta da qualsiasi altro legame. In questa raccolta di scritti si chiarisce il concetto di evoluzione dell’uomo e di sviluppo dell’anima che sarà ripreso da C.G. Jung, diventando il fondamento della sua scuola di psicologia analitica.

George Robert Stowe Mead (1863-1933) nacque in una famiglia di ufficiali di carriera dell’esercito britannico, tradizione da cui si distaccò per dedicarsi allo studio di materie classiche e lingue antiche, che lo avvicinarono alla Società Teosofica e ne fecero uno dei principali studiosi dello gnosticismo a cavallo tra XIX e XX secolo. Dopo essere stato nominato segretario particolare di Madame Blavatsky, di cui curò gran parte degli scritti, divenne il direttore della rivista Lucifer, organo della Società Teosofica. Nel 1909, dopo 25 anni di assiduo impegno e totale devozione, lasciò la Società Teosofica, assieme a circa settecento altri membri, e fondò la Quest Society, che ebbe una profonda influenza dall’inizio secolo fino agli anni Trenta sulla vita intellettuale europea, interessando personaggi come C.G. Jung, H. Hesse, E. Pound e W.B. Yeats. Al trimestrale omonimo, pubblicato dal 1909 al 1931 collaborarono, tra gli altri, G. Meyrink, A. Blackwood, A. Machen, A.E. Waite, R. Tagore e A. Coomaraswamy. L’attività della Quest Society e i lavori pubblicati sul suo periodico sono considerati anticipazioni degli incontri di Eranos, che si sarebbero tenuti a partire dal 1933 grazie all’ospitalità di Frau Olga Fröbe-Kapteyn vicino ad Ascona, in Svizzera.
Il primo studioso dello gnosticismo si giocò la faccia con la Blavatsky
Fu un pioniere del dialogo religioso tra Oriente e Occidente, influenzando Yeats e Jung. Ma in ambito accademico pochi lo hanno preso sul serio
Libero 23 giu 2016 Di MISKA RUGGERI
Pubblichiamo una parte dell’introduzione del giornalista di Libero Miska Ruggeri al volume di George Robert Stowe Mead L’arte del simbolo come strumento di conoscenza (Mimesis, pp. 64, euro 6), in libreria in questi giorni.

L’inglese George Robert Stowe Mead (1863-1933), curatore e commentatore all’inizio del Novecento di testi magici, gnostici, ermetici e neoplatonici fino ad allora inaccessibili, membro di spicco della Società Teosofica, segretario personale della Blavatsky, fondatore della sezione europea della Società Teosofica e poi della Quest Society, propugnatore in vari libri di una teosofia universale, una «sapienza divina», che mette insieme idee e tradizioni esoteriche orientali e occidentali, dall’induismo all’ellenismo alessandrino, anticipò il filone degli studi di storia comparata delle religioni e il dialogo tra Oriente e Occidente poi codificato dai celebri «Colloqui di Eranos» in Svizzera, riuscendo a influenzare fortemente scrittori come William Butler Yeats (1865-1939), artisti come Jess (1923-2004), psicologi come Carl Gustav Jung (1875-1961) e gnostici moderni come l’ungherese Stephan A. Hoeller (1931, professore emerito e vescovo della Ecclesia Gnostica di Los Angeles), e divenendo una vera e propria icona per i New American Poets, in primis Robert Duncan (1919-1988) e Kenneth Rexroth (1905-1982).
Molto probabilmente Mead, teosofo con inclinazioni sincretistiche e certo non dogmatico, ha pagato cara in ambito accademico la sua militanza nella Società Teosofica, epperò è un personaggio tutto da riscoprire, un appassionato indagatore, all’avanguardia per i tempi, della Tradizione occidentale, nata con l’orfismo, il pitagorismo, il platonismo, lo gnosticismo e l’ermetismo. Non è stato preso molto sul serio (non conosceva il copto, era prolifico e prolisso), eppure lo avrebbe meritato. Tante sue pagine su Ofiti, Cainiti, Carpocraziani, Ebioniti, come pure su Basilide, Valentino, Bardesane e Marcione restano tuttora valide. Tanto da essere citate da studiosi insospettabili.
Tra i suoi numerosi volumi sul mondo antico e la spiritualità greco-egizia, non possiamo non citare Simon Magus. An Essay (1892), Orpheus (1896), in cui, mischiando studiosi e mistici, spiega come l’orfismo sia alla base di tutte le religioni misteriche dell’antichità e i Misteri esistano tuttora con i loro seguaci e iniziati; Fragments of a Faith Forgotten (1900), il suo lavoro principale (oltre 600 pagine), esegesi di frammenti gnostici, in cui rigetta la tesi, postulata per la prima volta da Charles William King in The Gnostic and their Remains (1864) e ripresa dalla Blavatsky, di un’origine indiana e buddista dello gnosticismo, ma anche un saggio “revisionista”, in cui cerca di difendere gli gnostici dalle accuse dei cristiani ortodossi; Apollonius of Tyana, the Philosopher-Reformer of the First Century A.D. (1901), una biografia (basata ovviamente su Filostrato) del celebre taumaturgo neopitagorico; ThriceGreatest Hermes (1906), monumentale studio in tre volumi sulla letteratura, per lui (sulla scorta di Giamblico) di origine egizia e tradotta dai geroglifici, che va sotto il nome di Ermete Trismegisto, basato anche su lavori moderni, come quello del filologo tedesco Richard Reitzenstein sul Poimandres (1904); Echoes of the Gnosis (1906-1908), serie di 11 volumetti per attirare il lettore comune verso la teosofia, contenenti, tra l’altro, gli Inni di Hermes ,i Misteri di Mithra e gli Oracoli Caldaici, fonti importanti per Jung (più tardi corrispondente di Mead, suo frequentatore a Londra e Zurigo e possessore di oltre 15 suoi volumi nella biblioteca privata), convinto che tali miti e dottrine influenzassero l’inconscio ancestrale collettivo; e The Doctrine of the Subtle Body in Western Tradition (1919), uno studio «in psico-fisiologia alessandrina», un’antologia di citazioni da fonti neoplatoniche, gnostiche e cristiane sui concetti del «corpo-spirito», del «corpo-radiante» e del «corpo di resurrezione», per sostenere, alla fine della fiera, che il progresso della scienza dimostrerà come vera l’antica ipotesi del corpo sottile, di ordine materiale, sferico, radiante e luminescente, al centro dell’astrologia e dell’alchimia.

Nessun commento: