mercoledì 19 ottobre 2016

A Taormina non si legge più

Taormina, la città dei letterati resta orfana dell’unica libreria 

Affitti alti, giù le serrande. La proprietaria: “I privati ci aiutino” 

Laura Anello Busiarda
Davanti alle imposte chiuse della libreria c’è un viavai di facce deluse. «Mamma, dove lo compro adesso Harry Potter?», piagnucola Marco, dieci anni, divoratore di storie di maghi. «E io? Io che non guido più? Devo andare fino a Catania per trovare qualcosa da leggere?», si lamenta una signora che tra questi scaffali trascorreva i pomeriggi. Antonella Ferrara, che questa vetrina sul centralissimo corso Umberto l’aveva aperta diciotto anni fa, ha un sorriso per tutti: «Vedrete, riapriremo, non ci arrendiamo».
Parole che leniscono a stento il lutto di una comunità che ha perso la sua unica libreria, la Bucolo, sacrificata sull’altare di un contratto d’affitto diventato insostenibile. E che comunità. Taormina, culla da un secolo e mezzo di letterati e artisti internazionali. La Taormina del fotografo tedesco Wilhem von Gloeden, che con le sue immagini a fine Ottocento la fece conoscere al mondo. La Taormina di David Herbert Lawrence, la Taormina di Oscar Wilde. E ancora la Taormina di Taobuk, il festival internazionale del libro che nel giugno scorso ha ospitato, tra gli altri, il Premio Pulitzer Michael Cunningham e l’Oscar Giuseppe Tornatore, attraendo oltre 30mila visitatori.
Capitale del lusso, arroccata aristocraticamente su un promontorio, con i suoi alberghi a cinque stelle, il teatro antico a picco sul mare, i negozi di griffe. Taormina che non ha perso la sua allure nonostante l’invasione estiva del turista mordi e fuggi, e che adesso – in un autunno che sa ancora d’estate – recupera la sua dimensione internazionale e un po’ snob, tra sandali e panama bianchi. Ebbene, qui, proprio qui, non esiste più un luogo dove comprare un libro, annusare le pagine, sfogliare un catalogo d’arte, comprare un romanzo, cercare una guida turistica. Era l’unica, la Bucolo, nel raggio di quaranta chilometri. E poco conta che Antonella Ferrara, l’anima della libreria insieme con la madre Santina Bucolo, sia la presidente del Festival Taobuk, la donna che lo ha inventato. «Mi chiedo come faremo l’anno prossimo – racconta – quando avremo qui gli scrittori a presentare i loro libri ma non avremo i libri. Troveremo senz’altro una soluzione, ma questo non mitiga l’amarezza».
Tipa tosta la Ferrara, una che dopo tutta la giovinezza passata in giro per il mondo con il padre diplomatico (Sud America, Iran, Bruxelles), è tornata in Sicilia alla ricerca della sua identità. «Sciascia e Pirandello sono stati i miei antidoti allo sradicamento: hanno rappresentato il legame con le radici che non avevo. Ma ho scelto Taormina proprio per la sua dimensione internazionale». Per una storia così, l’apertura di una libreria era in qualche modo un destino inevitabile. «Abbiamo cominciato nel 1994 a Giardini Naxos, il paese alle falde di Taormina, e quattro anni dopo siamo arrivati qui, anche sulla spinta dell’amministrazione comunale di allora. Anni entusiasmanti ma non facili, perché da novembre a febbraio la città si svuota di turisti e allora è complicato fare quadrare i conti. Il margine di redditività sul libro è molto basso, intorno al 25 per cento, le spese di gestione sono alte, deve essere impiegato personale qualificato. Non è un’attività commerciale la libreria. È un’officina della cultura».
Nel 2011 la prima edizione del Festival Taobuk, che per una settimana, a giugno, trasforma la cittadina in una petite ville della letteratura, con scrittori e artisti che sciamano fra strade e piazzette attraversate da una luce unica. Quest’anno, tra i tanti, Michel Onfray, Marc Levy, Roberto Vecchioni, Pupi Avati, Roberto Andò, Benedetta Craveri, Moni Ovadia, il fotografo Giuseppe Leone, l’antropologo francese Marc Augé, la grecista Eva Cantarella, lo chef Gianfranco Vissani. Ma proprio nei giorni del Festival è scaduto il contratto con il proprietario dei locali della libreria, che ha sostanzialmente raddoppiato la pigione. Cifre alte per i negozi su corso Umberto: anche cinque-seimila euro al mese. «Per pagare il doppio dovremmo fatturare il doppio – allarga le braccia la Ferrara – e questo non è possibile dall’oggi al domani. Abbiamo fatto petizioni, raccolto mille firme, c’è stato un grande supporto, ma purtroppo non abbiamo trovato una soluzione. Adesso facciamo appello ai privati perché ci vengano incontro. Sia chiaro, non vogliamo né gratuità né comodati, ma un affitto sostenibile».
Già, perché figlia e mamma non si sono affatto arrese. «Riapriremo, non sappiamo dove, non sappiamo come, ma questa ferita sarà sanata. Taormina riavrà la sua libreria».
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