domenica 2 ottobre 2016

L'"autobiografia" di Giordano Bruno nei brani scelti da Michele Ciliberto



Giordano Bruno: Un' autobiografia, a cura di Michele Ciliberto, Castelvecchi


Risvolto
Arrestato a Venezia nel maggio del 1592, Giordano Bruno è costretto a difendersi dall’accusa di eresia di fronte al Tribunale dell’Inquisizione: è l’inizio della lunga e dolorosa trafila processuale che, quasi otto anni dopo, lo condurrà sul rogo. Le sue prime deposizioni, raccolte in questo libro accanto agli interventi dei giudici e dei testimoni, sono la traccia di un profilo autobiografico intenso e sofferto, che del filosofo ci restituisce anche il carattere, lasciandolo emergere nella serrata corrispondenza tra le scelte di vita e gli sviluppi del pensiero. È una confessione resa sotto minaccia, un’abile mistura di verità, intelligenza oratoria e dissimulazione, eppure Bruno rimane orgoglioso anche nell’atto di chiedere perdono. Le sue parole, allora, ci aiutano a comprendere come la scelta di consegnarsi al martirio fu il risultato di una progressiva presa di consapevolezza del proprio ruolo di libero portatore di verità: un’estrema affermazione di autocoscienza.
Selezionata e commentata da Michele Ciliberto, tra i maggiori studiosi del filosofo nolano, questa insolita autobiografia, oltre che un’introduzione all’opera del filosofo, è così anche una chiave per decifrarne le complesse ragioni, al di là di stereotipi e mitologie consolidate.

Michele Ciliberto (Napoli, 1945) Docente e storico della Filosofia, allievo di Eugenio Garin. Dal 2002 è ordinario alla Scuola Normale Superiore di Pisa, presso la quale dirige anche il Centro di Filosofia. Dal 1996 è presidente dell’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento. È socio dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Dirige la rivista «Rinascimento». È considerato uno dei massimi esperti di Giordano Bruno, sul quale ha scritto numerosi saggi e del quale ha curato opere sia italiane sia latine.

Giordano Bruno autobiografia di un processo 

FRANCO MARCOALDI Repubblica 2 10 2016
Quando si vedono le cose troppo spesso e troppo da vicino, si finisce per non vederle più. È il rischio in cui incorre chi passa quotidianamente sotto la statua di Giordano Bruno, in Campo de’ Fiori, a Roma. Quasi che quella statua del filosofo bruciato vivo in piazza il 17 febbraio del 1600 avesse perso il suo più profondo, tragico significato.
Per fortuna sulla medesima piazza c’è una bella libreria, “Fahrenheit 451”: sul banco compare la ristampa di Giordano Bruno, Un’autobiografia, curata da uno dei suoi massimi studiosi, Michele Ciliberto, e pubblicata da Castelvecchi.
Vi appaiono, in successione, le pagine di accusa e difesa dell’interminabile processo davanti al tribunale dell’Inquisizione, cominciato a Venezia otto anni prima della condanna a morte.
La strategia del Nolano si articola in un teatro complesso e doloroso: un continuo ammettere e ritrarre, grazie a una mobilità mentale stupefacente, che lo vede passare dalla ritirata al contrattacco a fronte delle molteplici accuse che gli vengono rivolte: avere opinioni eretiche sulla Trinità, la transustanziazione, la natura del peccato… E per aver sostenuto che «il mondo è eterno, et che sono infiniti mondi, et che Dio ne fa infiniti continuamente perché dice che vuole quanto che può».
Il filosofo cede dove gli appare utile, ma torna e ritorna nelle sue parole quell’irrinunciabile primato del “lume naturale”, di una razionalità antidogmatica e antiautoritaria che prefigura il cuore pulsante della libertà di pensiero della modernità. Per arrivare a tanto, però, prima il Nolano dovrà patire le peggiori atrocità da parte del potere ecclesiastico.
Questo ci ricordano le pagine del fiammeggiante libretto di Giordano Bruno. E, dopo averle lette, finalmente anche la sua statua in Campo de’ Fiori si risveglia dal lungo e incauto letargo a cui per eccesso di abitudine l’avevamo relegata.

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