venerdì 21 ottobre 2016
Una storia della Repubblica
Risvolto
Immigrazione, guerre, terrorismo e crisi dell’Europa sembrano oggi
problemi insormontabili. Di fronte a queste sfide, gli italiani appaiono
incerti tra ripresa di un forte progetto comune e rassegnazione al
declino. Dopo la Seconda guerra mondiale, sulle rovine lasciate dal
fascismo, dal disastro bellico, dal crollo politico-istituzionale, la
Repubblica italiana nasceva sulla spinta di un fortissimo slancio
ricostruttivo, cui contribuì anche un inedito coinvolgimento della
Chiesa. Nonostante lo scontro fortissimo tra comunismo e anticomunismo,
la democrazia consensuale della Prima repubblica – con De Gasperi e
Moro, Togliatti e Berlinguer, Nenni e La Malfa – ha poi unito gli
italiani di fronte alla sfida di un cambiamento economico-sociale
rapidissimo. Il tramonto della ‘Repubblica dei partiti’ – con Craxi e
Andreotti – e il bipolarismo iperconflittuale della Seconda hanno
rispecchiato invece divisioni e impotenza davanti a problemi come debito
pubblico e rallentamento dell’economia. In entrambi i casi, le vicende
nazionali sono state strettamente legate all’evoluzione del sistema
internazionale. Al nuovo ordine economico post-bellico imperniato sugli
Stati Uniti è poi subentrata, a partire dagli anni settanta, una
globalizzazione che ha cambiato le società occidentali, travolto il
blocco sovietico e imposto un ‘nuovo disordine mondiale’. In queste
ultime trasformazioni si radicano anche la crisi della democrazia
rappresentativa, la fine dei partiti di massa e il tramonto di classi
dirigenti in grado di rappresentare i popoli e governare gli Stati. Alle
origini del nostro presente, insomma, c’è la trama profonda della
storia repubblicana.
I tormentati settant’anni della Repubblica
Un saggio di Agostino Giovagnoli mette a confronto bilanci positivi e insoddisfazioni diffuse
UMBERTO GENTILONI Rep 3 11 2016
Il cammino della nostra Repubblica ha superato il traguardo dei 70 anni. E lo spazio per discutere si popola di interlocutori, domande, libri e problemi. Cosa tiene insieme una comunità? Quali confini permettono di limitare uno sguardo nel passato che non scivoli verso facili conclusioni? Come rispondere ai cantori del declino annunciato, alle sirene di chi annuncia o prevede un esito segnato da marginalità e paure?
Interrogativi che attraversano le pagine della sintesi che Agostino Giovagnoli dedica al lungo dopoguerra italiano ( La Repubblica degli italiani 1946- 2016, Laterza) dopo che Guido Crainz aveva proposto una prima riflessione sui decenni che abbiamo alle spalle ( Storia della Repubblica. L’Italia dalla Liberazione ad oggi, Donzelli). Un confronto a più voci, forse una nuova stagione storiografica che si annuncia con altri significativi contributi. In fondo il tempo che ci separa dalle prime Storie della repubblica (di Ginsborg, Scoppola o Lanaro, per citare i classici) permette di tornare su quelle pagine cercando conferme o smentite, rivedendo così interpretazioni e giudizi. Non è solo mutato l’arco cronologico di riferimento, la parabola è diventata più articolata, ciò che appare con evidenza è il peso di inquietudini che popolano il nostro tempo, emersi dopo la fine della contrapposizione bipolare.
Giovagnoli parte dal presente, da quella contraddizione stridente tra «un bilancio positivo sotto molti aspetti» del cammino percorso e la «diffusa insoddisfazione » che attanaglia la società italiana. Come misurare tale distanza? Quale posto occupa la storia con i suoi percorsi di comprensione e giudizio sul passato? Sono pagine che accompagnano il lettore fino alle radici di problemi lontani senza smarrire il senso di un cammino comune. Il pregio è quello di misurarsi con i risvolti più controversi e dolorosi, con lo smarrimento che circola e si rinnova: «Gli italiani sono insoddisfatti anche perché più divisi e meno partecipi di un destino comune». Ecco il punto qualificante, la novità che può restituire allo sguardo sul passato una centralità perduta: se noi riuscissimo a valutare le conquiste progressive, i punti di approdo raggiunti, confrontandoli con le tragedie della seconda guerra mondiale, allora il profilo dell’itinerario percorso ci apparirebbe meno contorto o casuale, più aderente alle sfide e ai problemi del mondo contemporaneo. Non è semplice, richiede attenzioni e conoscenze, e la capacità di non prendere i condizionamenti del presente come permanenti.
La Repubblica degli italiani appare come un ponte verso il resto del mondo, un punto di osservazione su scenari in divenire, poco battuti o rassicuranti: difficile isolare percorsi o appartenenze, pericoloso sottovalutare la spinta innovatrice della progressiva globalizzazione dei processi storici. A partire dalle figure chiave di Cavour e De Gasperi il peso della dimensione internazionale avvolge lo scorrere del tempo. In questa tensione interpretativa l’autore rilegge le parabole dei partiti, si sofferma sui caratteri della nazionalizzazione e sulle ambiguità del consenso democratico, valorizza il peso della Chiesa, le novità profonde del Vaticano II, mette a fuoco limiti e incongruenze del sistema politico, dentro le strettoie impegnative di una possibile «nuova fase della storia repubblicana».
La crisi non è più una suggestiva e astratta categoria di riferimento e la transizione del dopo 1989 appare nella sua reale dimensione di una storia difficile che attraversa il tempo di una generazione ben lontana dagli entusiasmi della prima ora. La sfida di storicizzare un segmento recente del passato esplicitando i tratti di continuità e le ragioni di rottura fa parte del mestiere dello storico alla ricerca di spiegazioni ai tanti dubbi di un tempo inquieto. Non è poco. Può valerne ancora la pena.
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