venerdì 11 novembre 2016

Anche la Fondazione Gramsci ama molto Matteo

BEPPE VACCA

“L’esito delle elezioni Usa non ha nulla a che vedere col voto del 4 dicembre” 
Rep
«Non credo che si possa qualificare la vittoria di Trump come una vittoria populista. Trump è un esponente del partito repubblicano che ha avuto gli stessi voti che nelle precedenti elezioni aveva avuto il candidato repubblicano.
Non credo neanche che, nel caso della Brexit, possa essere applicata la nozione di populismo a una votazione referendaria.
Quindi, malgrado l’estrema eterogeneità delle collocazioni politiche del fronte del No, trattandosi di referendum non userei il termine di populismo sia in caso di sconfitta che in quello di vittoria del No, che io non auspico perchè voterò a favore della riforma».
2) «Qualunque cosa si pensi della coppia vecchio-nuovo, mi pare indubbio che Renzi rappresenti una novità nella storia dei leader politici italiani. Ma è una novità che risale ormai a quattro anni orsono. Non vedo come potrebbe essere considerato un simil Trump».
3) «Non c’è. Non mi convincono paragoni facili tra lo scenario politico di uno Stato europeo in crisi di sovranità e di sistema politico democratico, come in diversa misura tutti gli altri Stati europei, e la Repubblica federale americana che vota per il presidente di un continente».
Beppe Vacca

GIULIANO DA EMPOLI
“Nella nostra storia politica il premier resta la novità lui è la rottura col passato” «No, perché da noi la situazione è più complessa. Non c’è un fronte della rottura e un fronte dell’establishment. Renzi ha basato il suo percorso sulla rottamazione, dopo di che oggi è al governo è diventato anche un po’ establishment. Dall’altra parte hai questa alleanza contronatura tra il nuovissimo e il vecchissimo: Grillo, forse Salvini, ma anche tutto un pezzo della classe dirigente della Seconda Repubblica. Il nuovo contro il vecchio non c’è. Ciò detto, la rottura di Renzi è sempre la vera novità della politica italiana.
Per questo io voto Sì».
«Tutti sanno che Renzi nasce come rottamatore. Non si trumpizza adesso, inizia alcuni anni fa un percorso. Non lo vedo trumpizzarsi tra ieri e oggi, sulla base del risultato americano. Continua a fare quello che ha sempre fatto, spingere per un’azione di rottura e di cambiamento».
3) «Essendo l’Italia un laboratorio politico incredibile che sperimenta prima degli altri tutte le forme di populismo, noi Trump lo abbiamo già avuto ed è stato Berlusconi. Il populismo plutocratico, il magnate che si mette alla testa della rivolta, è un film che abbiamo già visto. Il che ci dà qualche chiave per capire cosa potrà essere Trump: una tempesta in un bicchiere d’acqua e non la fine del mondo».
Giuliano da Empoli

GIANFRANCO PASQUINO
“Tutta la vera demagogia è nella campagna dei favorevoli alla riforma” «Io voterò No contro questa riforma che non permette al sistema di funzionare al meglio. E penso che la prossima tappa del populismo sarebbe rappresentata da una vittoria del Sì. La ministra Boschi sostiene che sono gli unici a riformare le istituzioni da settant’anni a questa parte. Il premier continua a personalizzare la campagna elettorale, dicendo anche di essere il solo ad aver fatto le riforme negli ultimi trent’anni, grazie al taglio del numero dei parlamentari e alla riduzione dei costi
della politica. Più populista di così...».
«Negli Stati Uniti il voto è stato per il cambiamento. Questo punto è importante: Hillary rappresentava l’establishment, quindi con Trump ha vinto il cambiamento. Questo non significa che si tratti di un miglioramento, naturalmente.
Da noi, il Sì propone un cambiamento che peggiora il funzionamento delle istituzioni».
«Il Trump italiano non esisterà fino a quando non ci sarà l’elezione popolare diretta del capo dell’esecutivo, come avviene negli Stati Uniti. In questo senso, da noi un Trump non potrà vincere finché resterà il nostro sistema parlamentare. E non penso che si possa dire che Salvini, Grillo o Berlusconi assomiglino a Trump: anzi, si tratta di paragoni fuorvianti e superficiali».
Gianfranco Pasquino

CARLO GALLI
“Chi governa da tre anni non può accreditarsi come simbolo anticasta” «Ho scritto un libro per il No. Rifiuto l’etichetta di populismo associata a Brexit e a Trump, anzi la ritengo una comoda scorciatoia intellettuale che evita di nominare quanto accade, e cioè che il sistema economico neoliberista - e le sue articolazioni politiche - non sono in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini.
Queste contraddizioni insanabili si sfogano come possono, individuando Paese per Paese personaggi e linee di pensiero diverse. C’è il rifiuto delle
élite
e delle loro politiche fallimentari. Una eventuale vittoria del No andrebbe ascritta allo stesso trend».
2) «Il premier cerca disperatamente di accreditare presso i cittadini che la casta non è lui, ma chi vota No. È stravagante sostenere che chi siede da tre anni a Palazzo Chigi non sia della casta e, anzi, si carichi addirittura delle contraddizioni insanabili di questo tempo lottando contro il neoliberismo. Se riuscisse a convincere di questo la gente, beh, meriterebbe il mio applauso».
3) «Entro certi limiti, un “pre-Trump” è stato Berlusconi, figlio però di un’economia neoliberista espansiva. Grillo e Salvini? Come le dicevo, ogni paese individua il suo Trump, che interpreta a modo suo queste contraddizioni. In questa chiave, Grillo può vincere».
Carlo Galli


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