giovedì 24 novembre 2016

I giornali dell'Impero cercano di stroncare il film di Stone su Snowden



E' solo un caso che molti tra i peggiori giornalisti vengano dal Manifesto? [SGA].


Snowden, la favola di Stone sceneggiata dal CremlinoIl film del regista americano sulla talpa dell’intelligence digitale Usa esce in Italia. La sceneggiatura tratta dal libro di Anatoly Kucherena Gianni Riotta Busiarda 24 11 2016
Nel 1932 il premio Pulitzer, allora come oggi il più prestigioso riconoscimento per il giornalismo, andò a Walter Duranty, inviato del New York Times a Mosca.
In una serie di reportage Duranty negò che la carestia affamasse l’Ucraina, che i contadini venissero deportati e che in Russia imperassero repressione e gulag. La fame indotta dalle leggi di Stalin causò, secondo lo storico Conquest, fino a 5 milioni di vittime e l’«holodomor», il genocidio degli ucraini, è ricordato come uno degli orrori del Novecento. Duranty, però, festeggiato al Cremlino, non se ne accorse. Capita nella storia, che gli intellettuali in certe stagioni abbiano in uggia la democrazia, con le sue esasperanti lentezze, i dibattiti, la demagogia, e, come Duranty, si lascino abbagliare dall’autoritarismo virile.
È la nuova voga del nostro tempo, con il filosofo marxista Slavoj Zizek a dirsi affascinato da Trump, il conservatore francese candidato all’Eliseo Fillon a deprecare insieme «fondamentalismo islamico e imperialismo Usa» e con la corsa al Cremlino del cineasta americano Oliver Stone, il cui ultimo thriller politico, Snowden arriva sui nostri schermi. A Mosca Stone è adottato dall’astuto Putin, con cui appare alle parate militari, discute di Nato, adottando i toni del linguista Noam Chomsky sul sanguinario boia Zio Sam. Putin affida a Stone un documentario sull’Ucraina, che ricorda i cinegiornali Anni Trenta in Italia, Putin liberatore del Donbass, Europa e Stati Uniti corruttori delle ricchezze ucraine.
A tirare le fila per Snowden è il misterioso Anatoly Kucherena, l’avvocato d’affari che Putin ha affibbiato a Snowden, per «proteggere» e controllare l’ex agente dello spionaggio Usa Nsa che ha rivelato lo scandalo dei metadata, ubiqua rete Usa di controllo anti terrorismo. Kucherena è stato scelto dal presidente russo per coordinare il Consiglio Pubblico, organo di direzione del Fsb, lo spionaggio russo erede del temibile Kgb in cui Putin si formò e che rimpiange insieme all’Unione Sovietica. Nessuno incontra a Mosca l’ex agente Snowden se Kucherena non è d’accordo e se non ne ricava un profitto («assisto gratis Snowden» dichiara Kucherena al New York Times, lasciando intendere che deve pur vivere in qualche modo). E così quando Stone, impetuoso e avvezzo al tappeto rosso di Hollywood, deve passare più di una sera a bere da solo a Mosca, la strada si apre alla moscovita. Kucherena ha scritto un romanzo, Il tempo della piovra, ispirandosi al suo povero cliente Snowden, «Cold» nel romanzo: basta che Stone ne compri i diritti e lo usi come canovaccio per il film e tutto si aggiusta. Stone paga, Kucherena incassa e Il tempo della piovra esporta i personaggi a chiave, Cold-Snowden, Boitras-Laura Poitras, la documentarista che ha vinto un Oscar per una pellicola su Snowden, Greywold-Glenn Greenwald, il giornalista che realizzò lo scoop sui metadata trafugati anche lui Pulitzer, e infine – senza troppa fantasia – Augusto Cassangie, alter ego di Julian Assange, la cui rete Wikileaks diventa Mikileaks.
Il tono di Stone ricalca quello di Kucherena, mano pesante con il corrotto Occidente che spia, reprime e decade, mentre a Est i patrioti trovano rifugio all’ombra del Cremlino, dove il dissidente Boris Nemtsov è caduto per mano dei sicari, senza che nessuno si scaldi. I retroscena, rivela la saggista Irina Alexander, sono tostissimi, perché nel frattempo anche Greenwald vende i diritti di un saggio a Sony e sogna di avere George Clooney protagonista. Stone, i cui ultimi film sono stati fiaschi di cassetta, accelera, stringe i legami con Kucherena, diventa il Walter Duranty di Putin, riverito a corte. Per di più la Laura Poitras, militante severa, disprezza il giro di primedonne e una notte Stone le mette le mani addosso, «faceva come scherzasse, era un po’ ubriaco, mi strinse la gola, non fu per nulla una bella serata» racconta la regista. Stone dice alla Alexander «di non ricordare di aver tentato di strangolare la Poitras», e la definisce «superparanoica».
I protagonisti di questa storia hanno ricevuto Oscar e Pulitzer, pur se le intelligence francese e inglese sono persuase che i costi, anche umani, dei dossier di Snowden siano gravissimi. Il segretario di Stato democratico Kerry voleva arrestare Snowden, che tanti seguaci del senatore Sanders invece idolatrano. Donald Trump lo voleva giustiziare, fino almeno a quando i leaks del Cremlino non l’hanno sospinto alla Casa Bianca. Il film, spesso girato con telecamerine spia per effetto, è intriso di «superparanoia». Capita, come capitò a Duranty, cui, 90 anni dopo, vorrebbero togliere il Pulitzer, concesso da creduloni faziosi, che detestavano la democrazia ed erano sedotti dall’Uomo Forte. Ma naturalmente quelli erano gli Anni Trenta…
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