domenica 20 novembre 2016

Il mitico populismo

L'unico populismo possibile

Non è di un mito addirittura escatologico che abbiamo bisogno, a oltre 100 anni dalla morte di dio e dopo tanta fatica.
Conclusa l'epoca del sangue e del ferro, abbiamo bisogno di essere nuovamente quelli che portano il futuro e il benessere. Abbiamo bisogno di essere non una effimera novità ma la modernità e il progetto di un mondo nuovo.

Arricchirsi, tutti e tutte e nel più vasto senso del termine, è glorioso [SGA].

Il populismo e la stagione degli eccessi 

Gian Enrico Rusconi  Busiarda 20 11 2016
Il populismo di conio nostrano compare in modo diverso nelle parti in lotta per il referendum e ci fa regredire nell’età delle peggiori ideologie, che è stata frettolosamente dichiarata finita. 
Non  ci sono più partiti ma fazioni, che con gli slogan ripetuti come giaculatorie nel circuito mediatico ai vari livelli, gli spot di 30 secondi ai tg, i finti dibattiti dei talk show segnalano un ritorno alle sedi ideologiche della peggior specie. Di qua la democrazia, di là una oligarchia prepotente si assicura. Di qua l’accusa di scempio della buona vecchia Costituzione, di là l’assicurazione del suo perfezionamento sempre atteso; di qua il popolo, di là la casta. Sottoprodotto inatteso di questi contrasti è l’iper esposizione della persona di Matteo Renzi. Ne uscirà comunque danneggiato.
Nella tempesta che investe il nostro sistema politico c’è un relitto: la parola e l’atteggiamento «laico». Nel nostro linguaggio può avere due significati. Da una parte indica il comportamento, ampiamente minoritario, di chi pur mantenendo pieno rispetto per la religione di chiesa (condizionata dall’istituzione ecclesiastica), la critica. Denuncia la sistematica elusione di diritti civili che sono ineludibili in una società democratica che si vuole e si dice laica. Ma c’è una seconda accezione traslata di «laico». È quella di chi, convinto delle proprie certezze e rispettoso di quelle degli altri, ritiene che in una democrazia nessuno possiede la soluzione ultima e definitiva dei problemi. Tanto meno dichiara che chi la rifiuta è nemico della democrazia. 
Atteggiamento «laico» è quello criticamente (e autocriticamente) attento al valore in sé del dibattito civile tra i cittadini. Compresi i limiti di espressione e di giudizio che dovrebbero essere rispettati. «Laico» è chi si permette di denunciare il pericolo di degenerazioni settarie ideologiche, come quelle che si profilano oggi nel dibattito sul referendum.
Che la vittoria di Donald Trump, diventata inaspettatamente riferimento positivo per i populismi settari, sia imputabile proprio al cinico disprezzo dei limiti espressivi appare ai nostrani velleitari suoi imitatori il segreto della vittoria. Ma ho i miei dubbi che sia così davanti alla qualità e alle dimensioni dell’astensionismo nel nostro Paese.
Spostiamo il discorso su «i cattolici». Uso qui le virgolette per indicare i credenti così chiamati nel linguaggio convenzionale che parla di «laici e cattolici». Ebbene oggi i «cattolici» sembrano latitanti nel duro dibattito in corso. Sembrano spiazzati. Forse perché ritengono che nel referendum non siano in gioco i così detti «valori non negoziabili»?
È singolare che i cattolici, sempre così attenti a dire la loro su tutto, oggi sul contrasto più brutale della Repubblica non diano segni di una scelta chiara. Sono divisi anch’essi tra i due raggruppamenti? Eppure tra il No c’è chi non si limita a «voler mandare a casa Renzi», ma anticipa apertamente misure antimigranti diametralmente in contrasto con le raccomandazioni di Papa Francesco. E sull’Europa, sempre nel campo dei No, ci sono esplicite ostilità contro l’Unione Europea, con grandi confusioni e ambiguità (soprattutto nel movimento di Grillo) che sono agli antipodi della cultura cattolica tradizionale. Insomma la latitanza dei cattolici è un segnale molto serio di confusione. 
Sarà una brutta giornata se il 5 dicembre il raggruppamento vincente si esalterà oltre misura per una vittoria ottenuta verosimilmente con un modesto margine sull’avversario. E se chiederà una resa senza condizioni del nemico. Il tutto potrebbe avvenire davanti ad una platea mediatica rappresentata da un cospicuo numero di astenuti, estraniati in queste settimane non da un generico disinteresse per la posta in gioco. Ma perché sono zittiti, sconcertati se non disgustati dalla violenza verbale degli argomenti messi in campo, assolutamente sproporzionati ai termini reali della questione. Non so se un soprassalto di laicità nel senso detto sopra potrà porvi rimedio. 
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