lunedì 14 novembre 2016
Ulisse e l'Occidente: Piero Boitani
«Il grande racconto di Ulisse» (il Mulino). Una sterminata «enciclopedia» alla ricerca dei molteplici sensi riverberati dall’eroe omerico nella letteratura e nell’arte
Con Il grande racconto di Ulisse (il Mulino «Beaux livres», pp. 672, € 55,00) Piero Boitani ha realizzato una summa del suo lungo, ininterrotto dialogo con l’Odissea
e ne presenta gli esiti in un’opera fastosa e policentrica, che cattura
e seduce anche perché indirizza a quell’anagnorosis, il riconoscimento
delle radici, di cui è intriso il nostro essere nel mondo e di cui
Ulisse è in definitiva l’icona più potente. Il libro si svolge e si
riavvolge continuamente su di sé: via via si apre, mostra e offre un
tessuto di racconti e immagini, e poi a tratti si ritira ripiegandosi in
un silenzio fitto di echi e memorie: lì il lettore deve compiere i suoi
passi e cimentarsi personalmente con i problemi che il testo reca in
sé.
Nel Grande racconto di Ulisse vanno a convogliare una serie non
quantificabile di dati, impreziositi – nelle numerose sezioni
iconografiche – da centinaia e centinaia di immagini originate dal mito
di Ulisse, il più prolifico tra quelli che l’antichità ci abbia
consegnato e che rappresenta un’eredità che ancora oggi ci tocca, ci
coinvolge e ci identifica. Il poema omerico rappresenta l’archetipo in
cui l’uomo moderno coglie la propria immagine, è «l’archeologia
dell’uomo moderno», come viene dimostrato in modo inequivocabile. E ciò è
tanto più vero se si considerano le ramificazioni originate da un
personaggio e da una storia infinitamente riproponibili e manipolabili.
I limiti dell’essere
Il volume è scandito in parti che invece di un tutto ‘finito’
suggeriscono un’idea di apertura e di non delimitabile. Più complicato
del suo ritorno è infatti il meccanismo del suo riconoscimento. Il
protrarsi delle prove, più di tutte quelle cui lo sottopone Penelope,
confermano che il mito di Ulisse giace entro i limiti dell’essere come
processo in fieri, il cui senso si spiega solo all’interno
dell’orizzonte del divenire, un divenire perennemente attualizzabile. In
apertura c’è uno scritto proemiale, «In guisa di introduzione: Ulisse e
io», cui fa seguito una sezione intitolata «Narrami, o Musa, dell’eroe
multiforme, che tanto vagò…», nella quale vengono esposti i contenuti
del poema e presentati alcuni tra i passi più noti; in «Tre millenni di
Odissea» si snodano le tappe del lungo tragitto percorso da questa
figura, comprese le riscritture, le metamorfosi e le sue varie
reincarnazioni; seguono la riproposizione de «L’ombra di Ulisse»
(omonima pubblicazione del ’92), «Oltre le colonne d’Ercole, fino a noi»
(dedicata al ‘folle volo’), «L’avventura delle immagini», «Ulisse nel
mondo». In chiusura, il canto dantesco di Inferno XXVI, quindi le serie
di «Frammenti e Letture».
La postura dell’autore è in tutto simile a quella dell’aedo, che
raccoglie i materiali e con abilità li cuce in un tessuto di parole che
si rivela necessario all’identità di chi legge. Gli dèi mandano le
sventure agli uomini perché questo divenga materia di canto; dunque
conoscenza e dolore, da Omero a Wordsworth e oltre. Ulisse rappresenta
la «tragedia del sapere» che impone una scelta: «da ciascuno di noi
dipendono l’evadere, o il lottare, il cercare il trovare e il non
cedere».
Opera di fatto enciclopedica, Il grande racconto di Ulisse è
uno sterminato racconto che mette in scena la proliferazione di
significati riverberati dal personaggio Ulisse secondo un meccanismo che
comprende anche la generazione di altri racconti e di altra poesia, e
implica in sostanza anche quello che continua ad accadere tra Ulisse e
l’autore. Se Ulisse è il viaggiatore per eccellenza, Boitani è il
professore che ha fatto continuare i viaggi del proprio eroe
rappresentandone il mito in giro per il mondo, accompagnandone e
illustrandone le imprese, soprattutto – come si sottolinea – in quegli
spazi d’oltreoceano che Dio non aveva permesso che l’Ulisse dantesco
solcasse.
Insidie dell’gnoto
Non c’è viaggiatore che affronti le insidie dell’ignoto che non si
rifaccia al personaggio omerico, l’unico antico a essere punito e
dannato da un Dio che non poteva conoscere. Il figlio di Cristoforo
Colombo, viene qui ricordato, lascia scritto di essere convinto che suo
padre abbia portato a compimento il ‘folle volo’ di Ulisse. Anche i
successivi esploratori saranno sostenuti da tale convinzione, così che
il raggiungimento e la conquista della nuova terra americana sono stati
letti come l’inveramento cristiano del desiderio espresso dall’eroe
pagano. Ma è con l’Ulisse dantesco che l’avventura della conoscenza di
cui Ulisse è l’emblema giunge a decisiva maturazione poetica. Con Inferno XXVI e Purgatorio
I Dante inscrive il suo proprio viaggio nei confini dell’esperienza
ulissiaca. È lui il vero, moderno Ulisse, il personaggio autorizzato a
varcare il limite posto all’umanità, capace di giungere all’estremo
orizzonte e soprattutto capace di tornare indietro. Quell’aldilà che
Ulisse e i suoi compagni avevano potuto scorgere solo per un istante
prima di essere sprofondati negli abissi, è ora invece pienamente
accessibile. Dopo Dante, l’Ulisse omerico muterà per sempre profilo.
Boitani è in grado di rintracciare il DNA di Ulisse anche dove i segni
sono meno evidenti. Oltre i più canonici (Tennyson, Leopardi, Joyce,
Borges, Brodskij, Levi, Calvino) moltissimi artisti (Brueghel, Canova,
Attardi, Manzù, Mozart…) traggono ispirazione dal personaggio che fa del
viaggio e della menzogna i propri tratti distintivi.
Carattere proteiforme
Intrinseco delle forze più fonde e primigenie dell’umanità, Ulisse è un
segno che non si limita a rappresentare un significato. Il suo carattere
proteiforme si fa latore di un sovrappiù di senso che non può non
conquistare il lettore moderno. Boitani, sulla base di una materia
universalmente nota e familiare, edifica un racconto con il quale
accompagna nell’alto mare di implicazioni sorprendenti. La sfida è alta.
Con astuzia pari a quella mostrata dall’eroe greco, vengono
sapientemente ridestate nel lettore memorie fondamentali che renderanno
possibili quel riconoscimento, e quell’autoriconoscimento, sperimentati
dal medesimo Ulisse alla corte dei Feaci. Che l’eroe pianga all’udire la
sua propria storia per bocca di Demodoco è un particolare che Boitani
più di una volta ripropone, quasi adottando egli stesso quello stile
formulare con le ripetizioni di marca omerica che faceva sì che l’aedo
continuamente richiamasse e mantenesse vivi alla coscienza degli
ascoltatori i singoli elementi di una storia tanto complessa. Dunque il
racconto ‘cucito’ dell’aedo riattiva la memoria di Ulisse e lo porta a
vedere se stesso. Il pianto non è che il segnale dell’avvenuto
riconoscimento e della riconquistata identità: l’eroe, ridotto alla
nudità, con il corpo cosparso di sale, deve ascoltare la propria storia
raccontata da un altro per ricominciare a vivere e ad agire.
Sulla scorta di questo libro dottissimo, tutto aperto e godibile, il
lettore che raccoglie la sfida compie anch’egli un viaggio con l’intento
di conquistare ciò che è lontano, per poi ritornare a un sé che
includerà di fatto tutti gli ‘altri’ nei quali l’eroe si è via via
imbattuto o travestito. La sporgenza dell’io di Boitani, avvertibile
regolarmente nelle pagine, ha una funzione narrativa precisa e avvicina
l’esperienza di lettura e di studio dell’autore a quella ulissiaca.
Rievocare la fascinazione infantile e la protratta passione per
l’Odissea non è dunque un gesto di esibizione narcisistica, ma risponde a
una strategia, tesa a dimostrare la vita inesauribile della cultura
classica e quanto di quella cultura, anche al di là della soglia della
consapevolezza, il presente si sostanzi.
Riconoscere è un dio è appunto il titolo di un saggio di
Boitani dedicato al processo oscuro e difficile grazie al quale avviene
il riconoscimento di un’identità ignorata o smarrita. È la dimostrazione
che il mondo classico e tutto l’intreccio delle sue storie, che stanno
sepolte nel fondo della coscienza e ne determinano la dimensione,
possono essere riportate alla luce e rese di nuovo attive. Ed è partendo
da lì che si può riprendere il cammino.
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