giovedì 17 novembre 2016

Una nuova edizione delle Opere di Primo Levi

levi primo - opere completePrimo Levi: Opere complete, a cura di M. Belpoliti, Einaudi

Risvolto
Nel 1997 uscirono in due tomi nella Nue le Opere di Primo Levi, che contenevano oltre cento scritti dispersi. Da allora, anche grazie a quelle scoperte e al ricco apparato di Note ai testi che corredavano quell'edizione, gli studi su Primo Levi sono progrediti in misura considerevole. La presente edizione, sempre curata da Marco Belpoliti, propone un corpus accresciuto di opere, dalla tesi di laurea alle versioni radiofoniche di "Se questo è un uomo" e "La tregua", da nuovi scritti dispersi (oltre venti) alle note scritte da Levi per le edizioni scolastiche dei suoi volumi. La prima novità consiste nella riproposizione della prima edizione di "Se questo è un uomo" (1947), mai ristampata da allora. Inoltre, rispetto alla precedente edizione, le nuove Note ai testi si arricchiscono di uno studio dei dattiloscritti oggi disponibili. Il commento tiene conto delle acquisizioni e degli studi intrapresi negli ultimi vent'anni attraverso convegni, mostre, dibattiti, lezioni pubbliche, nonché degli approfondimenti compiuti dal Centro Internazionale di Studi Primo Levi e della recente edizione americana dei Complete Works. Questa nuova edizione si presenta come il corpus leviano più completo che sia mai stato pubblicato fino a oggi. Corpus che verrà ulteriormente ampliato con il terzo volume di queste Opere complete, ora in preparazione, interamente dedicato alle conversazioni e interviste. 
Il chimico scettico che distilla il Male
Da Einaudi una nuova edizione, sempre curata da Belpoliti con l’aggiunta di testi, documenti e pagine inedite 

Ernesto Ferrero Busiarda 17 11 2016
Quanti fraintendimenti e semplificazioni hanno accompagnato la ricezione delle opere di Primo Levi. Il prossimo 11 aprile cadranno i trent’anni della sua scomparsa, eppure non è mai stato così vivo e presente in tutto il mondo, a partire dagli Stati Uniti, dove la benemerita edizione delle Opere complete uscita da Norton Liveright in tre volumi ne propizierà ulteriormente la diffusione. A lungo è rimasto prigioniero del cliché riduttivo del testimone, come se le cose che aveva raccontato fossero più importanti del come le aveva raccontate, come se Se questo è un uomo non fosse in primo luogo un capolavoro letterario (se ne erano accorti sin dalla prima uscita del 1947 Antonicelli, Calvino, Cajumi e Cases). Pesava su di lui l’autoadesivo del chimico che scrive la domenica, come se la chimica fosse una disabilità lieve ma evidente, uno strabismo, una zoppìa, e non invece un arricchimento di strumenti conoscitivi. Aveva ben ragione lo stesso Primo quando spiegava con la sua infinita pazienza (quanta ne ha dovuto spendere con tutti, a partire dal suo stesso editore) che la chimica è una buona metafora della scrittura. Compie le stesse operazioni, distinguere, pesare, filtrare; predispone allo scrivere chiaro, esatto e conciso. 
Un mondo a parte
Ma è anche vero che la leggenda del libro composto di getto sotto l’urgenza del rendere testimonianza l’aveva accreditata lui stesso, come confesserà nel 1985 a Germaine Greer. Per modestia e understatement, perché si sentiva estraneo alla malevola corporazione degli scrittori di professione, per non confessare a se stesso che ancora prima di partire per Auschwitz aveva coltivato sogni di scrittura e scritto poesie e racconti, lui che al D’Azeglio era stato rimandato a ottobre in italiano, anche se aveva assimilato gli ottimi insegnamenti della scuola di Gentile. Era uno scrittore, quello che era partito da Fossoli nel vagone piombato, nutrito di mentalità e letture scientifiche, un antropologo, un linguista, un etologo in piena allerta intellettuale. L’umanità non poteva mandare miglior inviato nel cuore della macchina dello sterminio, nei tragici misteri dell’uomo. 
Resistenza ebraica
Dopo che nel 1963 La tregua aveva dato misura del suo talento di affabulatore, Levi ha continuato a fornire prove delle sue qualità di scrittore poliedrico con la consueta, forse eccessiva discrezione: i racconti «fantabiologici» (come li chiamava Calvino), favole morali che si interrogavano su un uso distorto della tecnologia assai simile a quello del Lager; l’autobiografico Sistema periodico, romanzo in forma di racconti; La chiave a stella, gustosa riproposta della felicità del lavoro manuale, quasi scandalosa nel 1978 ideologizzato; il romanzo-romanzo Se non ora quando?, epopea di resistenza ebraica; le poesie, accorati microracconti del disincanto; gli incantevoli racconti e gli elzeviri pubblicati su questo giornale, e sottesi dal più amabile degli enciclopedismi; sino a quel capolavoro antropologico che è I sommersi e i salvati, che introduce la fondamentale categoria della «zona grigia». Un libro che lo Stato dovrebbe consegnare ad ogni cittadino al conseguimento della maggiore età, perché parla di noi oggi. 
Con gli anni si è finalmente capito che Levi è un continente più vasto e sorprendente di quanto andavano rivelando gli stessi copiosi lavori critici in corso: l’edizione delle Opere complete curata da Marco Belpoliti per Einaudi nel 1997 con un saggio introduttivo di Daniele Del Giudice che metteva il lettore sulla strada giusta; il numero monografico della rivista Riga (Marcos y Marcos, 1997); l’intenso lavoro avviato a partire dal 2008 dal Centro Studi Primo Levi di Torino, esemplarmente diretto da Fabio Levi; le otto «Lezioni Primo Levi» promosse sino ad oggi dal Centro; il gran volume in cui Belpoliti ha raccolto le sue ricerche (Levi di fronte e di profilo, Guanda 2015); ed ora i due primi tomi di una nuova edizione delle Opere complete, che escono da Einaudi sempre curati da Belpoliti. Vi si possono trovare la prima edizione di Se questo è un uomo, la sua versione teatrale e l’adattamento radiofonico, le note informative redatte dallo stesso Levi per le edizioni scolastiche, la tesi e la sottotesi di laurea, testi di argomento tecnico, l’antologia personale La ricerca delle radici, venti nuovi testi di pagine sparse e ritrovate. Inoltre le note ai testi si arricchiscono sensibilmente degli studi intrapresi negli ultimi vent’anni e del confronto con i dattiloscritti disponibili (vol. I, pp. LXXXVIII-1536, vol II pp. XVI-1854, €160).
Il terzo volume 
In attesa del terzo e conclusivo volume, dedicato alle conversazioni e alle interviste, il lettore ha così a disposizione un corpus imponente, che facilita nuove esplorazioni ed aumenta ancora il numero delle facce del poliedro Primo Levi, molto più imprevedibile dell’immagine «buonista» che ce ne siamo fatta. Spietato con se stesso e con gli inganni della memoria, bastian contrario che non teme di navigare controcorrente, maestro di ossimori, affascinato e angosciato dalle asimmetrie che sembrano governare il cosmo, studioso di vortici e di fenomeni estremi, non offre conclusioni tranquillizzanti e catartiche, ma semmai vuole tenerci svegli, allarmati, dubitosi, reattivi. Auschwitz è sempre, se è stata può ancora essere, e difatti è stata ed è. Siamo noi, i presunti «normali», i potenziali abitanti della città del Male. 
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Tra Torino e New york 
Ada Treves Busiarda
Sono diversi i percorsi che hanno portato all’uscita, a distanza di poco più di un anno, dell’edizione americana e poi italiana delle Opere complete di Primo Levi, segno entrambe in un interesse che non scema. Differenti anche i profili delle persone che vi hanno lavorato: Ann Goldstein, apprezzata traduttrice e redattrice del New Yorker, oltre che ricercata editor, ha avuto il compito di uniformare la lingua, ritraducendo alcuni testi di Levi e coordinando il lavoro del team che ha lavorato su The Complete Works of Primo Levi (Liveright, 2015). Marco Belpoliti è scrittore e saggista, studioso dell’opera di Levi da decenni, nonché curatore della prima edizione delle Opere, uscita nel 1997, anch’essa per Einaudi. Allo scrittore torinese, di cui ha curato per la stessa casa editrice diverse raccolte di articoli e racconti, ha dedicato anche La prova, narrazione del viaggio compiuto insieme al regista Davide Ferrario sui percorsi de La tregua (uscito per Einaudi è in ristampa per Guanda), e il più recente Primo Levi di fronte e di profilo (Guanda), in cui ha raccolto quanto scritto nel corso di decenni. 

È di poche settimane fa l’incontro tra Goldstein e Belpoliti avvenuto negli Stati Uniti in occasione dell’assegnazione del premio italo americano «The Bridge/Il ponte», vinto da Primo Levi di fronte e di profilo, che ha portato sullo stesso palcoscenico due diverse esperienze. Ann Goldstein nel 2004, coinvolta nel progetto dei Complete Works, si è resa conto che raccogliere quanto pubblicato fosse insufficiente. «Si trattava di traduzioni fatte in epoche diverse. In particolare quella di Se questo è un uomo risaliva a cinquant’anni fa. Quando con Bob Weil, il direttore di Liveright, siamo riusciti a contattarne l’autore, Stuart Wolf, abbiamo scoperto che da tempo avrebbe voluto farne una revisione. In altri libri, penso in particolare alle raccolte di racconti, si trovavano testi tradotti in maniere stilisticamente del tutto differenti. Un lavoro molto frammentario». Una frammentarietà inadatta a un lavoro di tale portata. «Abbiamo allora deciso - ha spiegato - di seguire l’edizione delle Opere del ’97, che sapevamo essere in corso di revisione». 
Le Opere complete sono in effetti molto più che una revisione, come ha chiarito Belpoliti: «Ho raccolto materiale che era conservato in archivi o da amici di Levi, e ho potuto lavorare sui dattiloscritti delle prime opere, ora accessibili grazie al riordino dell’archivio Einaudi». Nelle note, più di duecento pagine che sono un distillato di vent’anni di lavoro e in cui Belpoliti ha voluto ringraziare il Centro internazionale di studi Primo Levi e i tanti studiosi che si sono dedicati allo scrittore torinese, molte sono le idee nuove con cui, una volta di più, il mondo della critica letteraria dovrà fare i conti. Una in particolare gli è cara: «L’ho realizzato solo a posteriori, ma ora sono convinto che si possa affermare che Se questo è un uomo, sempre considerato un punto di partenza del lavoro di Levi, è invece un punto di arrivo». 
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 E Primo Levi da testimone si fece scrittore
In una nuova edizione le opere dell’autore di “Se questo è un uomo”
La rilettura, curata da Marco Belpoliti, sottolinea come la letteratura emerga dall’abisso in cui è precipitato l’umano
ANDREA BAJANI Rep 17 11 2016
Quando, nel 1976, in occasione dell’uscita dell’edizione scolastica di “Se questo è un uomo”, Primo Levi scrisse un’appendice pensata per rispondere alle domande dei ragazzi, qualcosa cambiò irrimediabilmente. Per la prima volta, cioè, mise più o meno consapevolmente in crisi lo statuto della testimonianza e lasciò che il suo libro entrasse nella letteratura. Che cosa ne è della testimonianza, fu costretto a chiedersi, quando chi legge nasce in un quadro di riferimento completamente mutato, in cui il passato, anche il più tremendo, è una fiction a cui si crede solo per un atto di fiducia? Qual è la verità che, scrivendo, si consegna? A che punto l’uomo di cui Levi parlava ai suoi lettori si sarebbe sganciato dalla contingenza, da quello
sproposito epocale? L’appendice si apriva con queste parole: «Qualcuno, molto tempo fa, ha scritto che anche i miei libri, come gli esseri umani, hanno un loro destino, imprevedibile, diverso da quello che per loro si desiderava e si attendeva ». Era l’inizio di un congedo: la consapevolezza che le sue opere avrebbero avuto lettori futuri a cui non avrebbe potuto rimboccare gli occhi e la memoria con la sua presenza. Fece gli ultimi passi di quella staffetta e passò il testimone, perché a testimoniare la sopravvivenza o meno delle parole e di un mondo sarebbero stati altri.
È per questo, in definitiva, che esiste il corpus delle opere: perché parli in altro modo rispetto al corpo di chi gli ha dato vita, e lo ridefinisca. Ciò che fanno ora le Opere complete di Levi che, a distanza di quasi vent’anni dall’edizione del 1997, Einaudi ripubblica nella cura imprescindibile di Marco Belpoliti e con modifiche di sostanza in un impianto rimasto complessivamente intatto. Belpoliti — che all’autore di La tregua ha dedicato lo scorso anno il monumentale Primo Levi di fronte e di profilo
(Guanda) — consegna un’edizione per certi versi popolare: «Il destinatario ideale delle Opere complete non è tanto lo studioso o lo specialista, bensì il lettore che vuole accostarsi all’intera opera dello scrittore torinese e cercare di capirne il movimento interno, le forme e i criteri di lavoro, senza doversi perdere in un apparato di annotazioni e varianti ». Che pure ci sono, essendo le note ai singoli libri per la maggior parte scritte
ex novo. Levi scrisse l’Appendice per gli studenti e poi decise di accluderla all’edizione per così dire regolamentare, poiché, scrisse, «le domande rivolte dai lettori studenti […] coincidono ampiamente con le domande che ricevo dai lettori adulti». Questa edizione è perfettamente in linea con quello spirito, con però anche aggiunte significative, tra cui la prima edizione di Se questo è un uomo, (quella pubblicata presso l’editore De Silva nel 1947), le versioni radiofoniche dei primi due libri di Primo Levi, la tesi e la sottotesi di laurea del Levi-chimico. Non ultima, una focalizzazione speciale, da parte di Belpoliti, su Il sistema periodico come libro snodo, pietra miliare di quel mestiere di scienziato che contribuì a salvare la vita di Levi nel lager e che si saldò in alcuni libri alla scrittura testimoniale, generando, in quella fusione, lo “scrittore di professione” che Levi accettò di essere dopo la pubblicazione di La chiave a stella.
È con questa edizione, mi sembra, che la prima incrinatura del Levi testimone che egli stesso produsse approntando delle edizioni per i giovani lettori del futuro, si fa completa. A vent’anni dalla sua morte, quella prima pelle resta definitivamente sul sentiero e Primo Levi entra nella letteratura. Lo annota Belpoliti stesso nella sua Avvertenza: «Dopo essere stato considerato un grande testimone […] ora Levi è uno scrittore a tutto tondo, cosa che vent’anni fa, nel 1997, nel momento dell’uscita della prima edizione di queste Opere, non era così certa e assodata”. Questo non dipende, però, paradossalmente dalla “completezza” dell’opera. Non dipende cioè dal fatto cioè che, di queste quasi 3500 pagine, la testimonianza rappresenti soltanto un’esigua porzione, e che abbiano diritto di cittadinanza anche i libri nei quali Levi ha percorso altre strade. Al contrario. A guardare tutti i cerchi che i suoi libri hanno prodotto cadendo come un sasso dentro lo stagno della Storia, si resta sbalorditi da come siano le onde di tre di essi — Se questo è un uomo, La tregua e I sommersi e i salvati — a increspare ancora il mare in cui oggi navighiamo. Il testimone si è ritirato ed è rimasto lo scrittore, ma non è lo sconcerto storico a turbarci. È l’abisso dell’umano che quelle parole ci rovesciano negli occhi e che Primo Levi ha estratto dalla Storia. È da quella estrazione, precisamente, che nasce la letteratura. Ed è in virtù di quella, che nascono e svettano tre cime della letteratura e del pensiero del Novecento. Nonostante il Lager, si potrebbe dire, ma inesorabilmente attraverso di esso. Perché è lì che l’umano e la sua dissoluzione si manifestano in una forma, che l’incandescenza forgia un’opera mai vista prima. È arrivato forse il momento di avere questo coraggio di lasciare da parte il testimone per lo scrittore pur tornando nel suo stesso “campo”, come dice Belpoliti, su quel terreno scandaloso da cui si è ingenerata un’opera d’arte così cruciale. Daniele Del Giudice, che introduceva l’edizione del 1997, e che è leggibile anche in questa, scriveva: «Levi estrae la sua narrazione da una radice di necessità indiscutibile, la più profonda e cruciale e antica che possa sorreggere l’atto stesso del racconto: narrare il non conosciuto, l’incognito, ciò che per volontà altrui avrebbe dovuto restare nascosto». È quello il punto estremo fino a cui Levi scrittore si è spinto. Là dove l’uomo smette di essere tale e torna l’animale, là dove anche la sofferenza più atroce impedisce di volere la morte come requie: «Il suicidio è dell’uomo e non dell’animale, è cioè un atto meditato, una scelta non istintiva, non naturale; ed in Lager c’erano poche occasioni di scegliere, si viveva appunto come gli animali asserviti, che a volte si lasciano morire, ma non si uccidono».
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1 commento:

Unknown ha detto...

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