martedì 15 novembre 2016

Una rassegna postmoderna della cultura occidentale nella storia: "Lettori selvaggi" di Montesano

Copertina Lettori selvaggi
Giuseppe Montesano: Lettori selvaggi. Dai misteriosi artisti della Preistoria a Saffo a Beethoven a Borges la vita vera è altrove, Giunti


Risvolto
Quest'opera-mondo, che racconta la creatività umana, la letteratura, il pensiero, le arti figurative e la musica, dai lirici greci a Bob Dylan, da Catullo a Maria Callas, dal Gilgamesh a Roberto Bolaño - ognuno può trovare il ''da/a'' che preferisce, il più divertente, il più coerente, il più assurdo, il più iperbolico - è forse, prima di tutto, un atto d'amore. Amore verso la vita, prima ancora che verso la lettura, perché non c'è pagina, che parli di poesia T'ang, di sapienti indiani, di Marziale o di Friedrich Nietzsche, in cui non si intraveda nitidamente la vita del ragazzo, del giovane, dell'uomo che su quelle pagine si è entusiasmato, si è interrogato e ha sognato, e che di quelle pagine si è nutrito fino a tramutarle in sua carne e suo sangue.

 L’opera completa di un lettore selvaggio 
In un gigantesco volume di Giuseppe Montesano una storia della creatività dai lirici greci a Charlie Chaplin
ROBERTO SAVIANO 15/11/2016
Giuseppe Montesano ha scritto un libro impossibile e ci è riuscito. Con impossibile intendo dire un libro in grado di tenere dentro tutto ciò che è possibile dire. Tutto ciò che è possibile pronunciare. Sì. Di fronte alla fisicità di questo libro, il suo numero di pagine, il suo stile, ci si trova con la stessa emozione che si è provata dinanzi a “Horcynus Orca” di Stefano D’Arrigo, scritto in vent’anni, vent’anni sulle stesse pagine. Lo stesso senso di occupazione che ti genera l’”Ulisse” di Joyce, da cui non esci, se non mutato per sempre. Ecco, Montesano percorre queste strade letterarie.
Voglio avvisarvi sin da ora: questo non è un libro e nemmeno un’enciclopedia, ma una visione. Leggerete le recensioni più disparate su “Lettori selvaggi”, opera omnia nel vero senso della parola, pubblicata da Giunti. Un libro, un compendio, un’enciclopedia, ho difficoltà a inserirlo in un preciso genere letterario, a categorizzarlo. Un libro così non è mai stato scritto in Italia. Un’opera coraggiosa, ardita, ma assolutamente naturale, come quei libri, quei film, quei brani musicali che quando li leggi, vedi o ascolti pensi che siano sempre esistiti e sai che ti serviranno, che li consulterai, rivedrai, ascolterai infinite volte perché sono progetti che non si esauriscono. Ma la prima cosa che mi sono chiesto è che tipo di persona avrebbe potuto scrivere un libro come questo e poi a quale tipo di lettore avrei potuto consigliarlo.
Conosco Pino Montesano al punto di poter dire che la sua opera è paragonabile allo slancio di uno studente appassionato, febbricitante, di un giovane uomo che sta scoprendo il mondo, tutto, tutto in una volta. Che se ne vuole nutrire, che lo morde fino a consumarlo. Che lo ingurgita per poi digerirlo, vomitarlo, per restituirlo sotto altra forma. Vedo e sento in queste pagine i discorsi interminabili, le affinità e le divergenze, quelle violente, proprie degli anni in cui ancora si è disposti ad accogliere tutto e a trovare collegamenti iperbolici che poi il tempo, il ragionamento, la prassi, la conoscenza delle dinamiche del mondo, ti impediscono di vedere.
Cosa c’è in questo testo? Non riesco neanche ad almanaccarlo. Non riesco nemmeno a dirvi quello che non c’è. Quello che c’è e quello che non c’è in queste pagine vi arriverà da ovunque, e arriva attraverso una tessitura di storie. Tutto è qui dentro. Ecco, forse se dovessi trovare una sintesi, troverei questa: è dentro questo libro tutto ciò che è possibile leggere. Se puoi leggerlo, lo troverai in questo testo.
Per prima cosa ho aperto l’indice e mi sono perso. E ho pensato che c’era lì tutto ciò che nella vita avrei voluto vedere assieme. Roberto Bolaño e Catullo, Alfieri e Goethe, Blake e Hitchcock, e poi Céline, e poi ancora Chaplin. Tutto. Per darvi un’idea di come io mi sia sentito dalla prima pagina vi dico: immaginate di entrare in una foresta tanto fitta di alberi, rami, piante, tronchi che vedere il cielo vi risulta impossibile. E siete nudi, completamente. Silenzio intorno a voi. L’unico suono è quello dei vostri piedi che calpestano le foglie. Ogni passo genera un nuovo suono che scoprirete essere parola. E il percorso diventa un racconto.
Pino Montesano, come è sua abitudine, ci sfida a compiere un’operazione impossibile. Ci invita a compiere un atto selvaggio di approccio ai pensatori del presente e del passato, in una composizione letteraria che non teme accostamenti e che, anzi, di quelli si nutre. Queste pagine ti rendono lettore selvaggio, senza confine, senza categoria. Tutto insieme, arte, storia, romanzo, teoretica e teologia. Baudelaire e Mozart.
Il lettore selvaggio se ne frega dei perimetri di genere e disciplina, attratto romanticamente da tutto ciò che non è catalogabile, che non è sintetizzabile, che non è riconducibile a quella cultura dello snack, del post, del pasto veloce, dell’immediata occasione, della lettura distratta che domina il nostro tempo.
E se la serialità è la cifra del nostro presente, se il racconto lo si frammenta per renderlo di più agevole fruizione, Montesano si è spinto oltre, ha fatto dell’enciclopedia la lettura più moderna degli ultimi tempi. Ha trasformato l’enciclopedia in racconto di una vita, in racconto di un percorso. Di un percorso che appartiene a tutti.
Montesano è un selvaggio che con questo libro tenta di convertirci a questo essere. E selvaggio è l’apolide che si perde nei boschi. Selvaggio è il lettore scevro da pregiudizi, disposto a seguire il suo personale Virgilio (in questo caso Montesano) che lo guida nelle voragini più antiche della cultura preistorica che si scopre imparentata con le note jazz di Miles Davis.
Cito da Lettori selvaggi: «Che importa lo specchio se si può essere sempre giovani attraverso le metamorfosi? Bisogna rubare tempo perché è in gioco l’esistenza, leggere per vivere vuol dire attingere quell’energia che fa essere la realtà diversa da una prigione, e dobbiamo diventare lettori selvaggi proprio ora che non abbiamo tempo. In fretta, prima che sia tardi. Lentamente, perché il desiderio brucia lungo. I tempi sono adatti? I tempi sono inclementi come sempre lo sono stati».
La lingua di Montesano è la lingua bellissima, che riesce a realizzare l’ossessiva tesi di tutta la sua vita: la vita è altrove. Non c’è alcun punto interrogativo alla fine di questa proposizione rimbaudiana, c’è un punto. Cioè: la vita è altrove. Questo libro è in fondo uno straordinario manuale che mostra questo: che qualunque sia la scelta, l’opera, il racconto e la narrazione, è altrove il senso, un altrove indescrivibile, irrintracciabile, impercepibile, inintuibile. Ed è in questo altrove che il lettore coraggioso, in grado di leggere tutte queste pagine, sarà trasportato.
©RIPRODUZIONE RISERVATA


Nessun commento: