mercoledì 7 dicembre 2016

L'educazione sentimentale tra gli anni Settanta e Ottanta

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Valeria Arnaldi: Corpi e anime. Nudo ed erotismo nell'animazione giapponese, Ultra pagg. 256 euro 22

Risvolto
Il primo studio iconografico sul nudo nell’animazione, tra libertà e censure del nostro immaginario
Le curve di Margot, spiate e desiderate da Lupin. Il fisico da pin-up di Lamù. E ancora, Sailor Moon, Bia, Ransie la strega, Mila e Shiro, Kiss me Licia e Ranma 1/2. Senza dimenticare i grandi film, come Perfect Blue e Paprika di Satoshi Kon. Sono bastati pochi trasgressivi frammenti di china e colore senza veli per “animare” le fantasie di intere generazioni.

Tra serie per tutte le età e prodotti più adulti, come ecchi ed hentai, tra appuntamenti in fascia protetta e veri e propri lungometraggi, il nudo è presente in modo importante all’interno degli anime giapponesi, con valenze più o meno erotiche. Una presenza non sempre evidente che ha permesso alla nudità, accompagnata da sguardi maliziosi o, al contrario, imbarazzati, di entrare nel mondo infantile, contribuendo a determinarne i primi interrogativi. Corredato di un ricco apparato iconografico, il volume illustra il fenomeno del nudo animato, in un percorso che parte dalle serie di fumetti e cartoni animati, icone dei piccoli, per arrivare alle ultime produzioni degli anime più raffinati ed “erotici”, mettendo a confronto la tradizione nipponica, non priva di pruderie e violenze, con quella di altri Paesi, a partire dall’America.

Grande attenzione è dedicata alla funzione narrativa del nudo e alla censura che hanno prodotto rielaborazioni, fan art, ma anche videogame e opere d’arte. Un’analisi puntuale e approfondita, e assolutamente originale, sugli aspetti “più adulti” dei cartoni animati che sono entrati a far parte del nostro immaginario culturale.

VALERIA ARNALDI è nata nel 1977 a Roma. Laureata in Scienze Politiche, è giornalista professionista. Scrive su quotidiani e mensili italiani e stranieri. Per Ultra, ha pubblicato Hayao Miyazaki – Un mondo incantato, Lady Oscar – L’eroina rivoluzionaria di Ryoko Ikeda, Roma da Paura e SPQR Sono pettegoli questi romani. Cura mostre di arte contemporanea in Italia e all’estero. Ha scritto e diretto spettacoli e cortometraggi, tra i quali Dietro le quinte di un bacio con l’attore Enrico Lo Verso.
Il sesso spiegato dai cartoon giapponesi 

Così robot e sexy eroine hanno plasmato l’immaginario degli adulti nati tra gli anni Settanta e Ottanta

PAOLO DI PAOLO  Rep 5 12 2016
L’autobiografia – ironica – di una generazione potrebbe iniziare con un’infanzia dove, al posto di Salgari e di “Piccole donne”, appaiono Ransie la strega, Sailor Moon e Jeeg Robot. Chi è nato tra i tardi anni Settanta e gli Ottanta del Novecento – complice soprattutto Italia Uno – non può essersi sottratto al mondo degli “anime”, ai protagonisti maschili, femminili o metallici dei cartoni giapponesi. Per questo, un saggio documentato come quello di Valeria Arnaldi, “Corpi e Anime. Nudo ed erotismo nell’animazione giapponese” (Lit edizioni) può somigliare, per parecchi trentenni, a un album dei ricordi. Pruriginoso?
È questo il punto. Se il mondo animato che scorreva in parallelo – quello disneyano – sembrava desessualizzato, affollato com’era (com’è) di “topi in calzoncini”, di zii e zie ben poco sexy, dal Giappone arrivavano ragazze turbolente. O meglio – come dimostra Arnaldi – ingenue e disinibite allo stesso tempo. Disinibite perché ingenue? A ogni modo, se fanno la doccia esposte a occhi indiscreti, lo spirito non è quello da B-Movie con Edwige Fenech. «Magliette che si strappano, micro-bikini che non coprono se non lo strettamente necessario, vapori di doccia sulla pelle calda, la naturalezza di corpi generosi – scrive Arnaldi – che vogliono ma non sanno chiedere e l’irruenza di forme mal gestite che si schiacciano con veemenza contro fisici maschili, pungolandone reazioni e imbarazzi. È una sensualità evidente, più o meno consapevole ma non per questo meno ammiccante, quella che emerge da manga e anime. Una sensualità “bambina”, spesso associata per età, fattezze e anche pubblico, a scenari e immagini adolescenti».
Cari papà e mamme della generazione di mezzo, avreste mai immaginato? L’educazione (involontariamente) sessuale dei vostri figli di fine secolo è passata anche da storie d’animazione che parevano inoffensive. Non riesco a ricordare con quanta consapevolezza percepissi la tensione erotica di certi episodi di Mila e Shiro o di Doraemon, ma il paesaggio che il libro di Arnaldi ci invita a esplorare con lucidità sembra un inno al corpo sciolto. Intanto perché la tradizione spirituale e culturale giapponese non rimuove l’eros ma se ne alimenta; e non può essere casuale che una serie come C’era una volta Pollon, piccola residente dell’Olimpo greco e figlia unica di Apollo, guadagni, in salsa giapponese, un sovrappiù di seduzioni, allusioni, seni nudi, sederi e perfino calze a rete, spacchi e fruste. Non che la mitologia greca sia esente da focose scene erotiche, ma i disegnatori giapponesi ci sguazzano e ne ridefiniscono i contorni “ad altezza bambino”. In chiave giocosa e ammiccante: amplessi convinti non sono rari nemmeno in Candy Candy. Romanticismo sì, ma fino a un certo punto. E se l’amante di Lupin, Fujiko, non fa che immergersi in vasca e insaponarsi, come pure le sorelle ladre di Occhi di gatto, c’è chi osa di più: Georgie – “capelli dorati” nella sigla italiana di Cristina D’Avena – è desiderata e contesa dai due fratellastri. E lei? Scrive Arnaldi: «Vuole Lowell, può averlo. Vuole Abel, è già suo. Vuole Arthur, lo sposerà. E tutto questo passa, nella pienezza dell’atto, per un “consumo” testimoniato dalla gravidanza. Nel mondo di Georgie la carne prende il posto della parola. Il corteggiamento è manifestazione sanguigna e passionale e l’immaginario erotico va oltre le abituali fantasie, inventandone di nuove. E questa “rivoluzione” non nasce nella cultura erotica del maschio, bensì nei nuovi “esperimenti” della donna». Cripto-femminismo a uso delle bambine occidentali? Forse è troppo, ma l’autrice insiste a lungo sulla libertà del desiderio, sulla naturalezza del nudo, su una esplorazione dei sensi che non è associata alla colpa o alla violazione del pudore. Le eroi- ne vivono un’energia corporea a cui non sanno, non vogliono e non devono resistere: i loro poteri, come nel caso di Sailor Moon, c’entrano anche con la carica sessuale. «Nell’anime – ricorda Arnaldi – si fa esplicito riferimento all’isola R-18, “dove possono andare solo gli adulti, dove cose come queste (silhouette di corpi femminili nudi e inginocchiati accompagnano le parole) si fanno tutto il giorno”».
E che dire di Ranma, l’eroe androgino? Nel personaggio ideato da Rumiko Takahashi nel 1987 la fusione tra sessi si traduce nella maledizione-benedizione di una continua metamorfosi: «Ciò che conta è che Ranma possa sperimentare entrambi i generi, maschile e femminile, senza bisogno di chiedere permesso o vincere pudori, semplicemente essendo se stesso». Altro che i poteri di Jeeg Robot! Certo, il quadro degli “influencer” animati di una generazione non è completo senza metallo e razzi. Può venire in aiuto la corposa Guida ai super- robot di Jacopo Nacci (classe, guarda caso, 1975) e appena pubblicata da Odoya: l’animazione robotica giapponese dal 1972 al 1980 è censita con precisione assoluta. E i giganti di metallo sfilano insieme agli eroi che li pilotano. Se gli anime sensuali pongono, più o meno esplicitamente, il tema del desiderio, della sua scoperta, del suo potere, le storie di robot mettono sul tavolo la questione della tecnica. Prendete il capostipite,
Mazinger Z: introduce – spiega Nacci – «una nuova consapevolezza dell’era della tecnica, una razionalizzazione, una riduzione del gigante di ferro a macchina scientifica, inerte e controllabile, progettata e costruita dalla scienza dell’essere umano». Né mancano, perfino qui, le allusioni sessuali – tra cieli “lisergici” e clima bellico. I rimandi alle tragedie del secolo breve sono costitutivi del racconto e i super-robot sembrano andati a scuola da Orwell, Fukuyama o da Emanuele Severino. E se Jeeg Robot finisce per somigliare all’Angelo della Storia evocato da Walter Benjamin, con gli occhi alle macerie del passato, non stupitevi. Aspetta Sailor Moon per uscire – finalmente – dal ventesimo secolo. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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