domenica 18 dicembre 2016

Nuove guerre dei mondi

Quando la letteratura scoprì gli alieni cattivi 

A settant’anni dalla morte di H.G. Wells torna in due diverse edizioni arricchite “La guerra dei mondi”: il cult che cambiò per sempre il nostro immaginario

EMILIANO MORREALE Rep 17 12 2016
Negli ultimi anni del XIX secolo, Herbert George Wells pubblica una sfilza di romanzi che fondano e sistematizzano alcune ossessioni destinate a perdurare fino a oggi. Nel 1895, “La macchina del tempo”. Nel 1896 “L’isola del dottor Moreau”. Nel 1897, “L’uomo invisibile” e “La guerra dei mondi” (che esce in volume l’anno
dopo). Wells racconta di viaggi nel tempo, manipolazioni genetiche, invisibilità, invasioni aliene (e nel 1901, sulla scia di Jules Verne, saggerà anche i viaggi interplanetari con I primi uomini sulla luna).
Oggi, che a settant’anni dalla morte dell’autore sono scaduti i diritti, La guerra dei mondi torna in due traduzioni italiane. La prima (minimum fax, euro 14,50) ha in appendice il testo del celebre radiodramma di Orson Welles, che nel 1938 scatenò il panico tra gli ascoltatori della Cbs, convinti che si trattasse di una cronaca in diretta di fatti reali. La seconda (Castelvecchi, euro 22) è accompagnata dalle suggestive illustrazioni d’epoca di Alvim Correa, che contribuirono in maniera decisiva a fissare l’immaginario degli alieni come mostri con tentacoli e dischi volanti.
Al fondo del romanzo, l’idea di una razza superiore che conquista e devasta la terra. Una sorniona messa in discussione del credo positivista e dell’ideologia coloniale, in un’inquietante versione apocalittica dell’evoluzionismo di cui Wells era imbevuto. Ma come nota Antonio Franchini nella prefazione all’edizione minimum fax, impressiona quanto il libro suoni profetico delle guerre mondiali venture, con tanto di esodi di massa, gas venefici e bombardamenti di civili.
La guerra dei mondi riflette anche la fobia molto inglese della violazione del suolo patrio, ossessione ben presto ereditata dagli Stati Uniti, che diventeranno nel secondo dopoguerra la vera patria della fantascienza, con le metropoli rase al suolo o i sobborghi in cui precipitano navicelle. Negli anni ’50 della guerra fredda e del pericolo atomico, romanzi, cinema e fumetti segnano il trionfo di massa del genere. E di volta in volta, è fin troppo facile leggere nella figura dell’alieno il sismografo della politica estera e interna americana. Proprio a partire dai vari adattamenti della
Guerra dei mondi. Nel film di Byron Haskin del 1953 gli alieni sbarcavano in California, aleggiava lo spettro dell’atomica e alla fine i batteri che sconfiggevano gli invasori erano un chiaro segno divino. Nel 2005 Spielberg, messi da parte gli alieni messianici di Incontri ravvicinati ed E. T., ci dava dentro con una metafora di rivalsa post-undici settembre.
Il modello dell’invasione è in verità assai duttile. Gli alieni possono arrivare coi dischi volanti e seminare il panico, oppure impossessarsi della volontà umana (come nel capolavoro L’invasione degli ultracorpi, 1956, di Don Siegel); possono essere anche buoni, addirittura pacifisti ( Ultimatum alla terra, 1951), o spauriti come nell’Uomo che cadde sulla terra, romanzo del 1963 di Walter Tevis (che al cinema verrà incarnato da David Bowie). Possono essere addirittura il Messia ( Incontri ravvicinati del terzo tipo, 1978), piante mutanti ( Il giorno dei trifidi, romanzo di John Wyndham e poi film col titolo L’invasione dei mostri verdi), i nostri figli ( I figli dell’invasione, altro Wyndham diventato al cinema Il villaggio dei dannati). Dopo gli anni ’60, gli alieni cattivi invasori passeranno di moda, con qualche eccezione (lo strascico di guerra fredda della serie Visitors, 1984-5), fino al ritorno con Independence Day (1996).
Intanto, però, nella longeva serie televisiva X- Files (1993) l’espressione dello “stile paranoico” della fantascienza toccava la sua massima articolazione, con una teoria del complotto che vede coinvolta l’alta politica statunitense a occultare o governare l’imminente invasione aliena. Di recente, negli extraterrestri vengono spesso raffigurati i nuovi migranti, come per i clandestini che convivono con gli umani in un underworld parallelo nei film della serie Men in Black. Nel film neozelandese District 9 (2009), girato come un finto documentario, gli alieni approdati a Johannesburg su un’astronave, denutriti e stremati, vengono segregati in uno slum.
Gli extraterrestri possono però anche risultare anche un efficace mezzo si straniamento per ironizzare sulle follie degli umani. Già nello spassoso romanzo
Marziani, tornate a casa!
(1955) di Fredric Brown, i marziani erano impiccioni e maleducati, e rischiavano di distruggere l’umanità senza colpo ferire, solo intrufolandosi nelle vite private, violando la privacy e sabotando i media. Mars Attacks! (1996) di Tim Burton riprende l’iconografia anni ’50 per un apologo sulla stupidità degli uomini, scienziati o politici che siano: e gli alieni sono cattivi ma anche simpatici, dispettosi come bambini.
Kang e Kodos, i due extraterrestri dei Simpson, diventano soprattutto osservatori della stupidità di noi Homer terrestri, come moderne incarnazioni dei persiani di Montesquieu o del filosofo saturniano Micromega di Voltaire. In una puntata del 1996, i due si sostituiscono a Clinton e Bob Dole nella campagna presidenziale degli Usa e, smascherati, si appellano al sistema bipartitico: «Dovete scegliere per uno di noi! Non sprecate il vostro voto!». Kang diventa presidente, l’umanità è ridotta in schiavitù e Homer, in catene, si consola ricordando che lui, quanto meno, aveva votato per l’altro alieno. Dopo le visioni apocalittiche, oggi i pianeti lontani ci rimandano anche il piccolo incubo del “voto utile”.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

Nessun commento: