martedì 24 gennaio 2017

Altro che il carnevale di Livorno o il Congresso dei soviet Pan-Negrieri: il PCI e il comunismo rinascono al compleanno di Ugo Sposetti

Che è tra l'altro quello che per forza di cose deve aver dato il nome e il simbolo ai diliberti, per pietà o perché sfiancato [SGA].

Le parole in cantiere per un lessico rivolto al futuro
Convegni. Presto on line tutti gli interventi e annuncio di un documento per definire nuovi incontri sul tema. Si è chiuso l’incontro romano sul comunismo
Benedetto Vecchi Manifesto 24.1.2017, 19:56
Quattro giorni di conferenze e workshop, nonché una mostra alla Gnam di Roma seguiti da un affollato pubblico attento e che ha ripetutamente chiesto di discutere oltre il già fitto programma dei lavori definito in un anno di preparazione. È questa il primo dato che è emerso dalla conferenza sul comunismo tenuta a Roma, dividendosi tra Esc atelier e la Galleria di arte moderna. Con buona pace del riflesso pavloviano del «circo mediatico» che ha scelto la strada della caricatura sull’età anagrafica di molti relatori. 
ALLA RICHIESTA di continuare la discussione e di «socializzare» i materiali presentati, gli organizzatori hanno chiarito, nell’assemblea finale, che è uno degli obiettivi del prossimo futuro il «come» continuare la riflessione. Per quanto riguarda invece la condivisione dei materiali hanno già cominciato a pubblicarli, nella forma video, sul sito internet: www.communism17.org. Oppure ascoltare le interviste raccolte nel sito: www.dinamopress.it/news/voci-da-c17. Poi l’annuncio della stesura di un documento. 
Nell’assemblea conclusiva sono stati inoltre presentati i «report» dei gruppi di lavoro. E qui sono emerse posizioni certo eterogenee, ma accomunate da uno spirito «costituente». Attenzione e curiosità verso le posizioni espresse, nessuna concessione a uno spirito «settario» (Francesco Raparelli). Allo stesso tempo, la necessità di aprire percorsi di ricerca teorica non significa chiudersi nel recinto noto e rassicurante delle diverse tradizioni teoriche e politiche che si sono manifestate, senza per questo imboccare vicoli ciechi, come quello del populismo, magari qualificato come di sinistra. 
Provocatoriamente, c’è chi ha invitato (Beppe Caccia) a tradire le tradizioni di appartenenza: l’unico gesto teorico che consente di innovarle e salvaguardarle dall’oblio.
LA CRITICA dell’economia politica, ovviamente, è la condizione necessaria, ma non sufficiente. Ad essa va aggiunto il tema del potere e la costruzione di un «sensibile comune» in un’era di individualismo massificato che cancella le singolarità. . 
Sono emersi punti di vista non convergenti, ma come ha detto Etienne Balibar, questo non impedisce di lavorare assieme. E se molti hanno concordato sulla necessità di declinare il comunismo al plurale – l’unico che ha espresso distanza rispetto a questa impostazione è stato Mario Tronti -, il pluralismo, cioè la successione neutrale di opinioni, viene considerato con fastidio, come un altro vicolo cieco da evitare con ogni mezzo necessario. Questo è stato evidente nella sessione sulla critica dell’economia politica.
Christian Marazzi, Saskia Sassen hanno insistito sulla necessità di un rapporto dialogico, di ascolto verso chi analizza criticamente il funzionamento del capitalismo, senza però essere comunista. Ma se questo è un dato per scontato dagli organizzatori e dalla platea, più articolato e meno lineare è ad esempio una critica dell’economia politica a partire dalle critiche femministe. Qui la strada è indicata, meno evidente è il come percorrerla. La produzione di merci, certo, ma anche la riproduzione sociale come bandolo di matassa da sbrogliare. 
RISPOSTE CORALI di interesse verso chi propone di formare un nuovo partito comunista ma fermo rifiuto a vedere tale proposta come il deux ex machina che risolve tutti i problemi. Il tema del potere è un argomento troppo importante e va infatti affrontato sia per quanto riguarda l’organizzazione politica, che il ruolo dello stato nazionale e degli organismi sovranazionali. 
I partiti non sono da considerare come un apriori negativo. Quel che conta sono le forme di potere espresse dai movimenti sociali, che si possono tradurle nella costruzione di contropoteri (Etienne Balibar) o di istituzioni del comune (Toni Negri) che hanno un rapporto conflittuale con lo stato nazionale e gli organismi sovranazionali. Con sobrietà, ha aggiunto Sandro Mezzadra, è infatti produttivo il tema del dualismo di potere in quanto terreno di sperimentazione politica per quanto riguarda il superamento del «presentismo» dei movimenti denunciato da Enzo Traverso, cioè quella capacità dei movimenti sociali di esprimere e costruire consenso senza però dare continuità e efficacia alla loro azione. Questo è un altro percorso di ricerca. Questa la scommessa politica da giocare.

Nessun commento: