lunedì 23 gennaio 2017

Centrosinistra: il richiamo della foresta







La Repubblica


Prodi rilancia l’Ulivo E Renzi il Mattarellum 
Guerini: “È la soluzione migliore per vincere”. Sinistra tentata 

Carlo Bertini  Busiarda 22 1 2017
«Quella del centrosinistra unito non penso sia un’esperienza irripetibile e soprattutto è necessaria». Bastano queste parole di Romano Prodi, un rilancio dell’Ulivo 2.0, incorniciato in una riflessione più ampia sull’esordio «preoccupante» di Trump, per scatenare la ridda di ipotesi nella sinistra e nel Pd. 
Bene bravo, ma no al tris
«Torna Romano?» è la domanda che rimbalza a destra e a manca, a cui risponde secca la sua storica portavoce e oggi vicepresidente Pd, Sandra Zampa. «No, lui non è in campo. Ma più di questa ricerca di un nuovo Prodi, meglio ascoltare cosa dice il professore. Ora bisogna aprire un grande confronto con la sinistra, il Pd si misuri su grandi temi a cominciare dalla disuguaglianza». 
Renzi pare gradire, anzi fa dire ai suoi uomini più fidati come Guerini di aver «molto apprezzato le parole di Romano Prodi sul riformismo e il lavoro che attende il campo progressista». «Bene Prodi, la prospettiva di un rilancio dell’Ulivo è insita nel Mattarellum», dice Ettore Rosato, che guida i trecento deputati Dem. Senza voler dire però che se prevarrà il proporzionale, la prospettiva sarà quella delle larghe intese anche con Forza Italia. «Una coalizione? Il Pd la farebbe con chi ci sta, non solo con partiti della sinistra, ma con quel che resta di Scelta civica e con forze civiche che operano fuori dall’arco parlamentare. Da Prodi è venuto un contributo politico alto: noi lavoriamo sul Mattarellum, l’Ulivo per noi rappresenta la scelta di fondo e come primo protagonista accanto al Pd vedo Pisapia e il suo progetto». Tradotto, non con Fassina, D’Attorre e la sinistra radicale.
Segreteria frenata dai veti
Vero o tattico che sia il rilancio di Renzi del Mattarellum, l’uscita di Prodi smuove le acque di un Pd in attesa della sentenza della Consulta; e di una nuova segreteria che stenta a nascere per i veti incrociati delle correnti, tanto che Renzi non sfornerà la lista di nomi (molte conferme e qualche innesto) prima di una settimana. I dissidenti interni sono scatenati nella battaglia per far fuori il leader, provando a scongiurare il voto a giugno per cambiare timoniere prima del 2018 con la sfida congressuale giocata su due punte: un candidato al ruolo di segretario, Speranza e un candidato premier che non c’è. 
Il nuovo leader che non c’è
Ma la ricerca di un «nuovo Prodi» capace di insidiare Renzi in questo ruolo pare sia un ballon d’essai lanciato per vedere l’effetto che fa da Bersani, come confermano i suoi colonnelli, spiegando che l’ex segretario non avrebbe alcun nome preciso in testa a dispetto di quanto va dicendo. Ma sulla strategia di un’unione a sinistra torna pure il fondatore dell’Ulivo. «Io vedo che la gente ha bisogno di sentirsi unita in questo mondo che si disgrega, con Trump, con la Brexit, con le crepe che arrivano dappertutto. È uno sforzo che non mi sembra impossibile». E la ricerca di un nuovo Prodi che ruota su nomi come Enrico Letta, Michele Emiliano, o altri ancora? «Non mi interessa, non ne ho idea», si schernisce Prodi dietro una risata, «io non sono giovane, sono vecchio... Ma è necessario tornare a una coalizione, a una politica di consenso, di unione». 
«Parole sacrosante!», gongola Bersani, che evoca «impegno e generosità di chi la pensa così», alimentando il dubbio che voglia tornare lui in campo. «Il centrosinistra unito è il nostro obiettivo. Altrimenti vinceranno le nuove destre», dice Speranza. «Ma è indispensabile rimettere al centro la questione sociale e archiviare la stagione dell’uomo solo al comando». E fa effetto sentire lo stesso refrain dal capogruppo di Sel, Arturo Scotto: «Alleanza non è una parolaccia, ma oggi non ci sono le condizioni. Serve una correzione seria su jobs act, scuola. Con Renzi al comando il centrosinistra sarebbe destinato alla sconfitta». BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

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