martedì 24 gennaio 2017

Clara Gallini



Marco Aime Doppiozero


Studiava i miracoli e le veggenti Addio all’antropologa Clara GalliniLa studiosa aveva iniziato la sua carriera accademica come allieva di Ernesto De Martino a Cagliari. Nell’ultimo libro aveva raccontato la sua malattiaMARINO NIOLA Rep 23 1 2017
Se cerchiamo qualcosa allora il labirinto è il posto più adatto alla ricerca. Questa frase di Orson Welles potrebbe essere il compendio dell’opera di Clara Gallini, una delle più grandi antropologhe italiane, scomparsa l’altra notte a Roma all’età di 85 anni.
Cominciata nel 1954 con una tesi sul mito di Arianna, tutta la carriera di questa straordinaria studiosa si snoda come un filo, apparentemente ondivago ma estremamente rigoroso, attraverso antico e primitivo, antropologia e storia delle religioni, popolo contadino e borghesie urbane. Insomma un itinerario attraverso i passaggi e gli incroci che segnano i cammini e i destini delle scienze umane in Italia. Da Raffaele Pettazzoni ad Angelo Brelich. Ma a folgorarla sulla via dell’antropologia fu l’incontro con un totem come Ernesto de Martino che nel 1959 propose alla giovane ricercatrice di diventare sua assistente a Cagliari. In Sardegna Clara Gallini rimase a insegnare fino alla fine degli anni Settanta, poi fu chiamata all’Orientale di Napoli e infine all’università di Roma La Sapienza. L’insegnamento demartiniano si trasformò nelle sue mani in un ulteriore filo per addentrarsi in nuovi labirinti. Dal fenomeno ottocentesco del sonnambulismo femminile (esplorato in La sonnambula meravigliosa, Feltrinelli, poi L’Asino D’Oro) fino alla sopravvivenza del miracolo nell’immaginario contemporaneo, cui dedicò un capolavoro come Il miracolo e la sua prova. Un etnologo a Lourdes (Liguori). Gettando su questi fenomeni uno sguardo sempre spiazzante, refrattario alle chimere farlocche dell’arcaismo. «Pensiamo che i miracoli siano arcaici ma li abbiamo inventati noi moderni», disse un paio di anni fa ad Antonio Gnoli che le dedicò una memorabile intervista apparsa su questo giornale. Per la stessa ragione, le sonnambule che affollano le cronache dell’Italia umbertina non sono mai residui di medioevo, ma donne del loro tempo che emergono dalla storia e dalle cronache con la grazia sognante delle eroine del melodramma e la drammaticità straniata delle nuove figure del teatro borghese. Capaci di riconvertire credenze, superstizioni e fantasie arcaiche in nuovi placebo psicologici. E alla fine, ripercorrendo a ritroso i sentieri che aveva esplorato per anni, non esitò ad addentrarsi nel dedalo più arduo e sofferto. Quello della sua malattia che affrontò in Incidenti di percorso (Nottetempo). Così, immergendosi nella cognizione del dolore si fece antropologa di se stessa. E, come avrebbe detto John Donne, cartografa degli ultimi perigliosi stretti che le restavano da attraversare.
©RIPRODUZIONE RISERVATA


Addio a Clara Gallini, il codice dell’insolito 

Ritratti. La scomparsa, all'età di 85 anni, dell'antropologa Clara Gallini. Alla fine degli anni '50 incontrò De Martino e poi continuò a studiare le culture popolari e subalterne, alla luce della modernità e dei conflitti sociali

Fabio Dei Manifesto 22.1.2017, 23:59 
La scomparsa di Clara Gallini, avvenuta ieri, lascia un vuoto profondo negli studi etnoantropologici e nella cultura italiana più in generale. Forse non così nota a un ampio pubblico, la studiosa ha rappresentato una figura di primissimo piano nello sviluppo delle scienze umane e sociali nel nostro paese. 
Nata a Crema nel 1931, ha avuto una formazione nel campo della cultura classica, laureandosi a Milano in Lettere (1954) e frequentando poi a Roma la Scuola di perfezionamenti in Storia delle Religioni. Qui studia con figure del calibro di Angelo Brelich e Raffaele Pettazzoni. Ma l’incontro intellettuale che cambia la sua vita è quello con Ernesto De Martino, alla fine degli anni ’50. 
IN QUEL PERIODO, De Martino è un personaggio noto per le sue ricerche sugli aspetti magici delle culture popolari nel Mezzogiorno d’Italia; soprattutto, è colui che ha rinnovato radicalmente gli studi etnologici e folklorici italiani, collocandoli in una dimensione storica ed etico-politica di vasto respiro. Nel 1959 viene chiamato a insegnare all’Università di Cagliari, e propone a Clara Gallini di seguirlo come assistente volontaria. Lei accetta, seguendo De Martino anche sul piano degli interessi di ricerca, che si orientano sulla cultura popolare sarda e, in particolare, sulle sue forme rituali e magico-religiose. Resterà in Sardegna anche dopo la prematura morte del maestro, avvenuta nel 1965, assumendo lei stessa l’insegnamento di Storia delle Religioni, che manterrà fino al 1978. 
In questi anni sardi pubblica lavori importanti come I rituali dell’argia (1966; riedito nel 1988 in una nuova versione col titolo La ballerina variopinta), Il consumo del sacro (1971) e Dono e malocchio (1973). Sono lavori influenzati dal De Martino di Sud e magia, che però se ne distanziano anche per aspetti importanti. Gallini usa strumenti teorici più ampi di quelli del maestro, collocandosi con decisione in una prospettiva di analisi marxista e strutturalista; inoltre, non è interessata alle forme più statiche della tradizione, ma alla loro interazione con i mutamenti prodotti dalla modernità. 
L’IDEOLOGIA DEL MALOCCHIO, ad esempio, non è per lei la permanenza di una antica e irrazionale credenza: piuttosto, è il risultato dell’impatto del capitalismo e di una economia di mercato sulle strutture tradizionali delle comunità locali sarde, dominate dai codici dell’ospitalità, della reciprocità e dell’egalitarismo. Se De Martino dipingeva le «plebi rustiche del Mezzogiorno» come chiuse in una dimensione esistenziale metastorica (pur auspicandone l’emancipazione), Gallini presenta le comunità sarde come interamente immerse nel cambiamento e nel conflitto sociale, elementi che plasmano in modi sempre nuovi anche le strutture simboliche. 
Nel 1978 Clara Gallini lascia la Sardegna e va a insegnare Antropologia Culturale prima all’Istituto Orientale di Napoli, e successivamente a La Sapienza di Roma. In questi anni i suoi lavori si sviluppano in due direzioni diverse. Da un lato, continuano a concentrarsi sulla fenomenologia magico-religiosa. Abbandona del tutto l’impianto folklorico della ricerca, per concentrarsi su un’antropologia storica che indaga i rapporti tra alta e bassa cultura. Esemplare è La sonnambula meravigliosa (edito da Feltrinelli nel 1983, e di recente ripubblicato da L’Asino d’oro). Un libro (il suo più bello), che indaga lo sviluppo dell’ipnotismo e del «mesmerismo» nell’800 italiano: fenomeni nei quali si intersecano piani «alti» e popolari della cultura, magia e scienza, religione e secolarizzazione, processi egemonici e resistenze subalterne. 
ANALOGA È LA PROFONDITÀ storica di Il miracolo e la sua prova. Un etnologo a Lourdes (1998), un’indagine sulla nascita e gli sviluppi dei culti di guarigione miracolistica legati al santuario francese. Qui viene posta particolare attenzione all’alleanza tutta moderna fra cattolicesimo e biomedicina ottocentesca che si consuma a Lourdes, decretando la fine della lunga lotta sette-ottocentesca fra religione e scienza e che giunge a occupare, in modalità ufficiali, lo spazio «scandaloso» della guarigione, fino ad allora percorso dalle culture popolari. 
Questi lavori mostrano una discontinuità radicale rispetto alla tradizione della folkloristica o «demologia» italiana. Diversamente da altri successori di De Martino, Clara Gallini è convinta che gli aspetti subalterni della cultura non si possano studiare separatamente da quelli egemonici, isolandoli in repertori o in musei. In questo è interprete fedele di Gramsci, oltre che del suo maestro. 
A QUEST’ULTIMO, peraltro, non smette mai di dedicare la propria attenzione. Nel 1977 è curatrice dell’edizione postuma di La fine del mondo, importante opera che De Martino aveva lasciato interrotta e che resta a tutt’oggi uno dei suoi lavori fondamentali (proprio alla fine del 2016 ne è uscita una traduzione francese). Successivamente, anche come presidente dell’Associazione Internazionale Ernesto De Martino, promuove e cura la pubblicazione di numerosi materiali inediti dello studiosi e di parti del suo archivio (fra cui i materiali, di inestimabile valore storico, delle sue ricerche sul campo in Lucania e Puglia). 
Dagli anni ’90 in poi, Gallini apre nuovi campi d’indagine, ponendosi come osservatrice curiosa e critica della globalizzazione e dei mutamenti culturali che essa apporta. Si occupa in particolare della diffusione del razzismo nell’immaginario comune, delle reti relazionali connesse all’uso di Internet, dei dibattiti legati alle guerre dei simboli e in particolare all’uso pubblico della croce (in libri come Giochi pericolosi, 2002, Cyberspiders, 2004, Il ritorno delle croci, 2009, tutti editi con manifestolibri). 
Ultimamente, era stata colpita da una grave malattia e aveva deciso di scriverne. Ne è uscito il libro Incidenti di percorso. Antropologia di una malattia, pubblicato all’inizio del 2016. Un libro coraggioso e inquietante, che adotta lo «sguardo da lontano» dell’antropologo per osservare le proprie stesse esperienze di sofferenza da un lato, e dall’altro il sistema terapeutico che la accoglie, anche nelle sue dimensioni specificamente culturali e simboliche. Oggi lo si può leggere come un testamento spirituale ispirato a una sempre lucida e critica laicità – da parte di una donna che ha studiato per tutta la sua vita la religione.
Schiva e modesta, Clara Gallini si è sempre tenuta lontana dalla ribalta mediale, come dai giochi di potere accademici. L’opera che ci lascia è di grande ricchezza e varietà: dovremo a lungo lavorare per comprenderla ed elaborarla.

Nessun commento: