domenica 15 gennaio 2017

Diario di un voyeur realista nella postmodernità digitale

Ebook Motel Voyeur Talese, GayGay Talese: Motel Voyeur, Rizzoli, pp. 208, € 19

Risvolto
È il 7 gennaio del 1980 quando Gay Talese, all’epoca impegnato nell’imminente pubblicazione del suo bestseller La donna d’altri, riceve una lettera scritta a mano e anonima. Il mittente è un uomo del Colorado, che dice di aver «appreso del suo attesissimo studio sul sesso in America» e «di poter contribuire con alcune importanti informazioni». Nel seguito di quella lettera l’autore rivela a Talese qualcosa di inconfessabile: alla fine degli anni Sessanta ha acquistato il Manor House Motel, alla periferia di Denver, per soddisfare le proprie tendenze voyeuristiche. Sotto il tetto della struttura ha costruito una «piattaforma d’osservazione», e da lì, attraverso dei finti condotti di ventilazione, da anni osserva gli ospiti ignari.
Talese, incuriosito e intenzionato a scriverne, incontra l’uomo – Gerald Foos – in Colorado qualche settimana dopo, e visita il motel. Foos, però, dichiara di voler rimanere anonimo, il giornalista non accetta e decide che questa storia non sarà raccontata. Passano degli anni, Talese rimane in contatto con Foos, che gli invia pagine e pagine del suo Diario del Voyeur, un registro in cui ha annotato le abitudini, i vizi, le passioni dei suoi ospiti – coppie sposate, amanti occasionali, omosessuali, vedove, escort, e tanti altri – pensando a sé come a un pioniere della ricerca sul sesso. Quello che ne risulta è uno spaccato della sessualità in America tra gli anni Settanta e i Novanta, l’istantanea di una nazione che sta vivendo gli aspri effetti della guerra in Vietnam, i giorni della Rivoluzione Sessuale, della desegregazione.
Oggi, dopo oltre trentacinque anni da quella prima lettera, Talese, in questo straordinario esempio di giornalismo narrativo, può raccontare finalmente la controversa vicenda umana di Gerald Foos, offrendoci il ritratto della vita più segreta dell’America nell’ultima metà del secolo scorso.             
American Voyeur 
Il padre del “new journalism” racconta l’ossessione del gestore di un motel in Colorado che per vent’anni ha spiato i suoi clienti a letto e in bagno annotando tutto in un diario. Negli Usa il libro ha scatenato le polemiche 
Bruno Ventavoli Busiarda 15 1 2017
Se vuoi capire l’America cerca nei motel. Pochi altri luoghi (o non luoghi) hanno ispirato così tanta voglia di libertà, riflessioni esistenziali, immagini, nonché crimini, paure, follie. Simbolo supremo è quel Norman Bates di Psycho che si teneva la madre impagliata e scannava donne dopo averle spiate. Gay Talese, vate del new journalism, ha scovato un tizio che con Psycho condivide tanti vizi, ma per fortuna non la stessa pulsione omicida. La sua storia meravigliosamente morbosa è finita in un libro, Motel Voyeur, uscito tra mille polemiche in America e ora proposto in italiano da Rizzoli (pp. 208, € 19). Forse diventerà film con la regia di Sam Mendes. Un «American (nient’affatto) Beauty».
Il protagonista di questo viaggio nei torbidi abissi della mente umana si chiama Gerald Foos, ha gestito un piccolo motel di Denver e ha contattato il giornalista-scrittore per confessargli, senza remora alcuna, un hobby segreto che infrangeva disinvoltamente svariate leggi federali: per vent’anni aveva spiato centinaia di clienti a letto e in bagno. 
Incuriosito dalla faccenda, Talese andò a trovare il voyeur reo confesso. Si trovò di fronte un padre di famiglia ben rasato, sposato con una rispettabile infermiera, che spiegò di aver costruito (con la complicità della moglie) in soffitta un corridoio foderato con tripla moquette per attutire i rumori e munito di feritoie segrete per guardare nelle stanze senza essere visto. Offrì una dimostrazione pratica in loco. Vedere (nel vero senso della parola) per credere. Talese accettò e fu così preso dallo spettacolo che rischiò di farsi scoprire perché la cravatta gli penzolò dalla grata dell’aria condizionata. Per fortuna il marito spiato, deliziato dal servizietto erotico della moglie, tenne gli occhi chiusi e non s’accorse di nulla. 
Talese capì di avere una storiona. Poco dopo ricevette il Diario che il guardone aveva compilato per anni. Centinaia di pagine che descrivevano amplessi di ogni genere con un piacere ovviamente morboso, ma anche, paradossalmente, con la lucida minuzia di un etologo o di un astronomo che invece di osservare gorilla o astri lontani forniva un incredibile ritratto dell’intimità americana, come nessun rapporto Kinsey avrebbe mai potuto fare, semplicemente perché i soggetti agivano con l’assoluta naturalezza di chi non sa di essere spiato. 
Passione tassonomica
Con una passione per la tassonomia pari a quella per l’onanismo, Foos annota orari, professioni, misure fisiche, indumenti, cibi, tic. E tutto ciò che c’è di speciale in ognuna delle sue cavie. Ovvio che una fellatio è il centro della questione, ma è altresì importante sapere che l’uomo è un commesso viaggiatore, la donna una segretaria, e che entrambi sono sposati, quindi adulteri. Essendo vicino a un ospedale militare, capitano reduci dal Vietnam. E qui il voyeurismo si colora di patriottismo quando il gestore del motel stigmatizza la freddezza di una donna con il suo fidanzato senza gambe, non più virile come un tempo, che pensa di mollarlo. Plaude invece alla ragazza che sa donare piacere con dolcezza al veterano paraplegico in carrozzina. «Probabilmente lui ce la farà, ma cosa ne sarà delle altre centinaia di individui che non hanno qualcuno? Non c’è niente di più disturbante che ascoltare un soggetto che rivela di essere stato tradito dal proprio Paese».
Guarda donne che fanno la pipì, reverendi che si masturbano con una rivista porno, la bellissima signora con il vibratore, l’aspirante miss America che passa a letto due settimane col marito senza sesso, la madre che scappa dai figli piccoli per torride sedute con l’amante, la coppia di insegnanti lesbiche, i due coniugi a letto con il giovane impiegato della loro ditta di aspirapolveri. 
Testimone di un delitto
Vede (e causa involontariamente) persino un delitto. Quando scopre che un cliente oltre a copulare gagliardamente con la sua donna, una biondona, spaccia droga ai ragazzini, indignato, butta via di nascosto la droga. Quello, furioso, incolpa la compagna, la insulta, la picchia, e nella foga la strangola. Foos prima assiste al delitto senza intervenire e poi non fornisce informazioni utili alla polizia. 
A parte questa colpa grave, Foos è soddisfatto di aver violato la privacy dei suoi clienti, cedendo all’immarcescibile vizietto di spiare dal buco della serratura, perché in quelle camere, come un Hopper, un Bukowski, o metteteci chi volete, ha visto, e poi narrato, la solitudine dell’americano medio che cerca disperatamente di comunicare attraverso il sesso, visto che con le parole non ce la fa, e fallisce pure in quel campo. Il suo sgangherato kamasutra esistenziale parla di mariti che sbrigano l’amplesso veloci e a luci spente lasciando insoddisfatte le moglie; coniugi rapiti dalla tv che si dimenticano del partner accanto e persino di sé stessi; amanti che tra le lenzuola invece di affidarsi alla dolcezza litigano per i soldi, per i posti da visitare, per dove mangiare. Conclusione: «la loro vita privata è un inferno di infelicità» e «il mio voyeurismo ha contribuito immensamente a fare di me un nichilista».
Piccole incongruenze
Il libro ha suscitato un vespaio di polemiche. Non tanto per i contenuti, che nell’era di Youporn sono meno osé d’una favola dei Grimm, quanto per aver dato conto di crimini, persino un omicidio, senza informare la polizia. E soprattutto perché il Washington Post ha messo in dubbio la veridicità dell’intera vicenda. Da un’accurata indagine è risultato che alcune date e circostanze sarebbero farlocche. Talese è finito sul banco degli imputati. Lui, padre del nuovo giornalismo, che ha fatto della verifica dei fatti il proprio vessillo, come ha potuto pubblicare le fanfaronate di un truffatore? 
Talese, stizzito, ha meditato di mandare al macero libro e promozione. Poi ha riesaminato tutto e cambiato idea. La storia, assicura, è vera. Ci sono solo piccole incongruenze, che saranno corrette in una nuova versione. Foos resta un formidabile voyeur e un ottimo story teller. Molto prima che si entrasse nell’era della post-verità. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

“Il marito si è addormentato e quella sera non c’è stato sesso” 
Gay Talese Busiarda 15 1 2017
Una settimana dopo il mio ritorno a New York, ricevetti da Gerald Foos le prime diciannove pagine del «Diario del Voyeur», che partivano dal 1966. 
«Oggi si compie e realizza un sogno che occupava da sempre la mia mente e tutto il mio essere. Oggi ho acquistato il Manor House Motel, e il sogno è consumato. Sarò finalmente in grado di soddisfare la costante brama e il desiderio incontrollabile di osservare le vite degli altri. Le mie voglie voyeuristiche verranno ora messe in pratica a un livello più alto di quanto sia mai stato osato. I miei contemporanei potrebbero solo sognare di realizzare quel che io farò in concreto grazie alle strutture del Manor House Motel».
Tuttavia gli ci vollero diversi mesi e tanta frustrazione prima di riuscire a convertire la sua soffitta in una piattaforma d’osservazione. Dal Diario del Voyeur: [...]
«26 nov 1966
«Soggetto n. 3
«Descrizione: maschio bianco, 50 anni circa, 168 cm, 65 kg, istruito, ben curato e vestito. Moglie. 50 anni circa, 155 cm, 60 kg, ben curata e vestita, istruita, capelli neri tendenti al grigio, origine tedesca, in visita a figlio e nuora, residenti fuori Aurora, per le vacanze del Ringraziamento. 
«Attività: la Stanza n. 12 è stata assegnata a questa coppia attempata di ottimo aspetto per un periodo di 3 giorni. Ho osservato questa coppia in diverse occasioni dopo la registrazione alle 4 p.m., si preparavano a conoscere la moglie del figlio, e dalla loro chiacchierata si capiva che non approvavano la donna. Sono tornati in camera a mezzanotte, ancora arrabbiati per la situazione relativa alla nuora e hanno continuato a discuterne, valutando l’idea di non parlare al figlio della loro opinione. L’uomo ha detto che la moglie del figlio probabilmente era «brava a letto» e che era quello, probabilmente, il motivo per cui lui l’ha sposata. [La moglie] si è tolta i vestiti, slacciata il reggiseno facendo scorrere il gancio sul davanti. Si è tolta le scarpe e ne ha spruzzato l’interno con un qualche genere di deodorante. Si è preparata un bagno, e ha lavato i capelli nel lavandino. Dopo essersi avvolta i capelli in un asciugamano è entrata nella vasca e si è lavata, alzandosi in ginocchio per lavarsi l’area vaginale. Dopo il bagno, ha passato 1 ora a sistemarsi i capelli con i bigodini e ad agghindarsi davanti allo specchio. Una donna di 50 anni! Immaginate quante ore deve aver perso nella sua vita. A questo punto suo marito si è addormentato e per quella sera non si è verificato sesso. […] 
«Li ho osservati per i 2 giorni successivi: in un’altra occasione si sono concessi una combinazione di rapporto e sesso orale. Conclusione: coppia istruita di ceto medio-alto ed età avanzata, con un’ottima vita sessuale».  BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

Coppie al motel, sordido guardone o sessuologo?
New Journalism. Da quindici anni spio quel che fanno in camera i miei ospiti: ecco l’archivio... Questa lettera anonima dal Colorado, spedita a Gay Talese nel 1980, è divenuta libro: «Motel Voyeur», Rizzoli
Stefano Gallerani ALias Manifesto Domenica 19.3.2017, 19:12
Nel gennaio del 1980 Gay Talese aveva da poco chiuso le ricerche che gli erano servite per terminare quel poderoso compendio della sessualità contemporanea che è La donna d’altri (e che sarebbe uscito di lì a pochi mesi) quando ricevette da Aurora, in Colorado, anonima, una lettera che gli sottoponeva una storia al limite del paradosso: da quindici anni, attraverso un complesso sistema di finte griglie per l’aerazione che davano su una soffitta di cui nessuno, se non la moglie, conosceva l’esistenza, l’estensore aveva spiato la vita privata e le abitudini più intime di un considerevole numero di ospiti del Manor House, il piccolo motel di cui era proprietario: «ho visto portare a compimento», confessava, «la gran parte delle emozioni umane, il ridicolo e il tragico. Sessualmente sono stato testimone, osservatore e studioso di prima mano del miglior sesso spontaneo, extra-laboratorio tra coppie e del grosso delle altre deviazioni sessuali concepibili».
Da questo segreto punto di osservazione era nato uno sterminato archivio che ora l’uomo offriva a uno dei padri del new-journalism a condizione, però, che la sua identità non fosse svelata. Provato dalla sua ultima fatica e fedele ai suoi principi di reporter (offrire, sempre e comunque, ai propri lettori, il massimo grado di verità possibile), Talese non poté accettare il dono se non in via strettamente riservata, ma a lungo rimase il custode privilegiato dell’acribia di questo strano personaggio che solo nel 2013, venduto da tempo il motel, acconsentì a rendere pubblica la sua vicenda: ne venne fuori un articolo per il «New Yorker» e, a seguire, un volume ora tradotto in italiano da Francesco Pacifico: Motel Voyeur (Rizzoli «la Scala», pp. 204, € 19,00).
«Era possibile», azzarda Talese, «che Gerald Foos – questo il nome dell’uomo – avesse bisogno della notorietà: il suo ego, soprattutto adesso che si rendeva conto della sua età, del peggioramento della sua salute, lo spingeva a voler farsi conoscere per ciò che aveva visto e scritto nei molti anni da osservatore privato, e la cosa aveva più presa su di lui della paura di essere scoperto». Pur composto, per la maggior parte, da brani espunti dall’incredibile mole di pagine trascritte da Foss, il libro è Gay Talese allo stato puro, perché se una dote fondamentale del grande giornalista è quella di far parlare non solo i fatti ma anche le persone, difficilmente il voyeur del Manor House avrebbe potuto trovare un interlocutore migliore: per esserne il primo e più coinvolto testimone, Talese si cala interamente nell’intrico ossessivo-compulsivo di Foss, sospende il giudizio morale sulla questione generale di un essere umano che vive per spiare gli altri esseri umani e tenta di portarne alla luce origini e declinazioni particolari.
Spintosi fino a creare un rudimentale ma quanto mai efficace laboratorio domestico per lo studio dei comportamenti umani, Foss non è, come si potrebbe banalmente pensare, un «sordido guardone» ma, piuttosto, quello che davvero crede di essere, ovvero «un pioniere della ricerca» paragonabile ai «rinomati sessuologi del Kinsey Institute e del Masters & Johnson Institute». E, difatti, al di là dei singoli episodi riportati ciò che sorprende sono i risultati complessivi del suo lavoro: osservando nell’ombra persone che non sanno di essere osservate, Foss incrocia dati, stila statistiche e registra cambiamenti sociali nella sfera delle relazioni umane; per di più, egli è la prima cavia di se stesso, tanto che nel tempo i suoi resoconti virano alla terza persona singolare quando di sé scrive «il Voyeur», nel tentativo di raffreddare l’inevitabile impatto emotivo della sua attività. Perché, ed è questo uno degli elementi di maggior interesse, in prospettiva, di Motel Voyeur, scrutare dal vivo nel buco della serratura della vita altrui è ben altra cosa rispetto al voyerismo virtuale cui oggi siamo abituati (non solo quello occulto di «una società sorvegliata da telecamere di strada, droni, e dagli occhi della National Security Agency», ma anche, soprattutto, quello spettacolare dei reality-show e dei social network): un’esperienza affascinante e terribile che, attraverso gli altri, ci svela ciò che siamo e, così facendo, forse, lo distrugge.

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