sabato 28 gennaio 2017
"Populismi": comunisti, questione nazionale e insorgenze piccolo-borghesi. Radek, Moeller e Schlageter
Nonostante alcuni errori di gioventù che in un'epoca di sangue e ferro
non gli vennero perdonati, Karl Radek fu uno dei pochi comunisti che
negli anni Venti compresero la lezione leninista sul nesso tra questione
nazionale e questione sociale.
Proprio la scarsa ricezione della
sua linea, in un contesto politico e ideologico ancora fortemente
influenzato dal luxemburghismo, spalancò le porte all'egemonia
dell'estrema destra sulla piccola borghesia tedesca.
La
situazione è completamente diversa, ovviamente, perché oggi anche se
avessimo le migliori posizioni soggettive manco esistiamo. Però le sue
parole possono essere ancora di utile orientamento.
In un'epoca
di grande confusione, i passaggi che parlano del "popolo che fa parte
della famiglia dei popoli che lottano per la propria liberazione" e
della "libertà di tutti coloro che lavorano e soffrono in Germania" sono
quelli decisivi per distinguere l'inter-nazionalismo universalista e il
mondialismo anti-imperialistico del leninismo dal mero sovranismo
piccolo-borghese.
Sono parole pronunciate tre anni dopo aver
stroncato la frazione cosiddetta "nazional-bolscevica" di Amburgo
(esecrata da Lenin nell'Estremismo), gli equivalenti di quei rozzobruni
che oggi vorrebbero fare il "fronte comune anticapitalista oltre destra e
sinistra".
Vale la pena ricordare che a queste parole Arthur
Moeller van den Bruck, leader culturale della Rivoluzione conservatrice
tedesca, rispose in questi termini, oggi assai in voga:
"... Si
prepara semmai una disposizione spirituale del capitalismo nella quale
le differenze che Radek continua a fare, le differenze tra 'capitale'
qui e 'lavoro' lì, non saranno più sufficienti. Va formandosi ormai un
capitalismo che al posto del libero scambio commerciale [OGGI:
FINANZIARIO] pone il capitalismo imprenditoriale vincolato alla comunità
economica, nel quale 'capitale' e 'lavoro' sono sinonimi e 'capitale'
non significa più denaro ma potenza, forza discrezionale, libertà di
movimento. Da questo tipo di capitalismo il socialismo deve temere i
contraccolpi più pesanti. Questo tipo di capitalismo pone al posto dello
sfruttamento dei tanti il lavoro di tutti e sottrae al comunismo i suoi
presupposti. Si prepara uno sfruttamento dell’intero globo al quale
prenderanno parte tutti i popoli sovrani nella misura in cui il loro
sviluppo spirituale e quello delle capacità di lavoro li renderà capaci.
La Russia sovietica dovrà inserirsi in questo sistema, già oggi deve
inserirsi. Se però la Russia sovietica [OGGI: LA CINA] rifiuta di
collaborare, crescerà la possibilità – che ha già messo Mosca [OGGI:
PECHINO] in agitazione nella recente contrapposizione anglo-russa - che
il capitalismo globale accerchi in politica estera questo unico Stato
socialista e infine lo schiacci".
P.S.
Per il figlio della mamma del cretino, ancor sempre minacciato nell'eredità dal costantemente probabile arrivo di nuovi consanguinei: l'analogia con il presente che qui viene suggerita non significa identificazione ma semplicemente una traccia di lavoro [SGA].
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Karl Radek, da: Leo Schlageter, il viandante nel nulla.
Discorso tenuto nella seduta dell’esecutivo allargato
dell’Internazionale Comunista del 20 giugno 1923. Trad. it. di S.G.
Azzarà
"... Il Partito comunista di Germania deve dire
apertamente alle masse nazionaliste piccolo-borghesi: chi, al servizio
degli affaristi, degli speculatori, dei signori dell’acciaio e del
carbone, vorrà provare a rendere schiavo il popolo tedesco o a gettarlo
in qualche avventura, andrà a sbattere nella resistenza degli operai
tedeschi comunisti. Essi risponderanno alla violenza con la violenza.
Chi per incomprensione si unirà ai mercenari del capitale, sarà
combattuto con ogni mezzo. Ma noi crediamo che la grande maggioranza
delle masse dai sentimenti nazionali non faccia parte del campo del
capitale ma di quello del lavoro. Noi vogliamo cercare la via che
conduce a queste masse e la cercheremo, la vogliamo trovare e la
troveremo. Faremo di tutto affinché uomini come Schlageter, che erano
pronti ad andare verso la morte per una causa comune, non siano
viandanti nel nulla ma diventino viandanti verso un futuro migliore
dell’umanità intera. Affinché non versino più il loro sangue caldo e
disinteressato per il profitto dei baroni del carbone e dell’acciaio ma
per la causa del grande popolo tedesco che lavora, un popolo che fa
parte della famiglia dei popoli che lottano per la propria liberazione.
Il Partito comunista dirà questa verità alle vaste masse del popolo
tedesco, perché esso è il partito dei proletari in lotta, dei proletari
che lottano per la propria liberazione, per una liberazione che è
identica alla libertà di tutto il loro popolo e alla libertà di tutti
coloro che lavorano e soffrono in Germania. Schlageter non può più
sentire questa verità. Ma siamo sicuri che centinaia di Schlageter la
ascoltano e la intendono. (Applauso generale dell’esecutivo allargato)".
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