domenica 19 febbraio 2017

Volare

Noah Strycker: Volare. La straordinaria vita degli uccelli, trad. di M. Belmondo, Codice pagg. 245, euro 24

Risvolto
Noah Strycker, naturalista e fotografo, escursionista instancabile e scrittore scientifico, ha viaggiato per due anni attraverso decine di paesi e osservato oltre 2500 specie di uccelli. Da questa esperienza è nato “Volare”, un libro in cui la passione dell’ornitologo si unisce a una capacità narrativa fuori dal comune. Ogni capitolo racconta le stupefacenti qualità intellettive degli uccelli. La gazza sa riconoscere la propria immagine riflessa in uno specchio. Le nocciolaie sono in grado di memorizzare centinaia di luoghi in cui hanno immagazzinato cibo. I piccioni viaggiatori possiedono uno straordinario senso dell’orientamento, una bussola interna di una perfezione che ha dell’incredibile. “Volare” è un inno d’amore alla meravigliosa ricchezza della natura. Una lettura irrinunciabile per gli esperti di uccelli, e per tutti noi che ci limitiamo a guardarli con invidia mentre si librano nell’aria.
Prima lezione di ornitologia cosa ci insegnano gli uccelli
MARCO BELPOLITI Rep 18 2 2017
Per il Poeta sono «le più liete creature del mondo», ma anche una fonte continua di scoperte. Dopo milioni di anni che ci siamo separati da loro in quanto mammiferi — verosimilmente 300 milioni di anni fa —, siamo noi a imparare dagli uccelli, e non viceversa. I colibrì, gli uccelli più piccoli del mondo, vivono al limite delle loro possibilità fisiche, e come tutti gli animali a sangue caldo perdono continuamente energia; perciò devono nutrirsi costantemente. Per contrastare il loro metabolismo ultraveloce possiedono un cuore molto
porto alla loro minuscola massa corporea (il colibrì ape che vive a Cuba pesa 1,8 grammi). Durante il volo compiono 1200 battiti il minuto. Per sostenere un ritmo simile devono mangiare continuamente, anche quando volano, così da non poter mai dormire. Per questo hanno imparato a spegnere di notte i loro motori e a raggiungere uno stato di torpore. Durante il sonno il colibrì abbassa così tanto la temperatura corporea da arrivare quasi alla morte termica. Prima dell’alba il cervello invia al corpo una sorta di segnale che gli permette nell’arco di venti minuti di tornare in vita.
Non è il solo uccello che possiede una simile prerogativa. Ci sono uccelli che durante i voli di trasmigrazione dormono mentre veleggiano col gruppo, e altri, al contrario, che non dormono mai per una settimana fino alla fine del viaggio. L’esercito americano ha cominciato a studiare, come scrive Jonathan Crary in 24/ 7 (Einaudi), queste particolarità, per arrivare a prestazioni simili nei militari nel corso dei combattimenti. La divergenza evolutiva tra noi mammiferi e gli uccelli, discendenti diretti dei dinosauri, ricorda Noah Strycker in un bel libro, Volare. La straordinaria vita degli uccelli (Codice Edizioni), non ci impedisce di apprendere da loro tecniche di varia natura. Come fanno, per esempio, i piccioni a orientarsi? Con il sole, di giorno, e con le stelle di notte; da esperimenti compiuti con vari tipi di uccelli migratori si è scoperto che percepiscono la polarizzazione della luce nel cielo anche nei giorni nuvolosi, come le api. Nel caso dei tordi migratori, coprendo alternativamente l’occhio sinistro e quello destro, si è arrivati alla conclusione che gli uccelli usano una sorta di sensori fotomagnetici elaborati dall’emisfero cerebrale sinistro: vedono il campo magnetico terrestre con un solo occhio, cosa per noi impossibile. Almeno per il momento. Ci arrangiamo con la bussola; loro l’hanno invece nel cervello e funziona meglio di Google Map.
Nel caso dei piccioni, poi, usano il naso per ritrovare la via di casa, come gli avvoltoi percepiscono mediante l’olfatto gli animali morti a grande distanza. C’è anche altro. Se Joshua Foer, il giornalista scientifico, fratello del celebre romanziere, autore di Atlas obscura, è riuscito a conquistare il campionato americano di memoria (ne ha scritto in L’arte di ricordare tutto,
Longanesi), le nocciolaie dal piumaggio bianco e nero, tipiche delle impervie montagne americane, probabilmente lo batterebbero; e surclasserebbero anche Nelson Dellis, ex sviluppatore di software, alpinista e vincitore di un’altra edizione del premio. Imparentate con corvi e cornacchie, i più intelligenti volatili in circolazione, fanno scorte di pinoli che seppelliscono in appositi luoghi. A distanza di tempo, li ritrovano e se ne nutrono. Come fanno? I sagaci sperimentatori ornitologi hanno appurato che possiedono una memoria spaziale: si costruiscono una mappa tridimensionale sulla quale riportano l’ubicazione dei pinoli sepolti. Meglio della mappa del tesoro di Stevenson.
Se il segreto della memorizzazione, raccontano i vincitori del torneo americano, è quello di legare numeri e nomi ai loci, luoghi, a oggetti, immagini e persone, le nocciolaie costruiscono evidentemente dei veri e propri palazzi della memoria. Ne va della loro vita: se non ricordano dove sono i semi, muoiono di fame. Possiamo imparare da loro? Di sicuro dobbiamo tenere il cervello in funzione, perché come mostrano gli esperimenti condotti con questi uccelli in cattività, lo scarso allenamento a ricordare fa avvizzire la massa cerebrale; in quella umana l’ippocampo si restringe dell’1 o 2 per cento all’anno negli adulti (il 5 per cento nei malati di Alzheimer). Le gazze, poi, di cui Rossini ha dato un fervido ritratto come ladre (anche loro della famiglia dei corvidi) entrano perfettamente nella “fase dello specchio” di Lacan: si riconoscono immediatamente davanti alla superficie riflettente. Inoltre, riconoscono le persone pericolose, le ricordano a distanza di tempo; celebrano persino funerali. Dimostrano intelligenza portando rancore, schermendosi e addolorandosi. I ricercatori ci dicono che noi abbiamo sviluppato la corteccia frontale, mentre gli uccelli nella medesima regione cerebrale hanno un insieme di strutture differenti.
Siamo diversi, non c’è dubbio, oltre a piume e ali, però qualcosa di simile c’è. Ad esempio gli albatri, animali studiati da Strycker, dotati di un’apertura alare di 3,5 metri, s’innamorano. Sono animali spirituali dice l’ornitologo. Trascorrono il 95 per cento dell’esistenza sorvolando gli oceani. Sono capaci di percorrere 3.000 chilometri dalle isole del Pacifico all’Alaska per cogliere uno spuntino per i piccoli. Impiegano anni per scegliere il partner, ma poi manifestano grande tenerezza nei suoi confronti.
L’amore romantico fa parte del bagaglio genetico nostro e degli albatri? Di sicuro negli uccelli che vivono più a lungo questo sentimento funziona, ed è un formidabile elemento che giustifica lo stare insieme dei volatili mentre allevano i propri discendenti. L’amore si è evoluto come qualsiasi altra caratteristica fisica?, si chiede l’autore studiando i suoi amati albatri. Risposta difficile da dare. Di sicuro di quest’aspetto non s’interesseranno i laboratori scientifici dell’esercito americano, a meno che a dirigerli adesso, con Trump, non ci sia qualcuno che somiglia al dottor Stranamore di Kubrick. Imparare dagli uccelli è sempre utile, ci ricorda Leopardi. Amelio nell’operetta morale Elogio degli uccelli vorrebbe persino trasformarsi almeno per un poco in un volatile. Beato lui.
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