venerdì 10 marzo 2017

Danilo Mainardi

Morto l’etologo Danilo MainardiLa moglie: «Mi ha sorriso ancora»Corriere della Sera
Morto Danilo Mainardi, il più importante etologo italiano - Il Foglio

Una vita per gli animali 

Ritratti. La scomparsa dell'etologo e grande divulgatore scientifico Danilo Mainardi 
Roberto Marchesini Manifesto 9.3.2017, 18:12 
La morte di Danilo Mainardi è un grave lutto per tutta la comunità scientifica e per quanti ne avevano apprezzato le doti di studioso e divulgatore. Conosciuto dal grande pubblico per le sue numerosissime partecipazioni televisive, Mainardi è stato sicuramente il padre dell’etologia italiana, ma la sua fama era internazionale, essendo stato membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze e dell’International Ethology Society. 
IL SUO INTERESSE specifico per la biodiversità espressiva del mondo animale e per le ricadute che tali conoscenze avevano nell’interpretazione di alcuni fenomeni, come l’intelligenza, la cultura, le relazioni tra le specie, ha reso i suoi libri affascinanti diario di viaggio, all’interno della galassia animale. Mainardi sapeva trasmettere l’etologia con uno stile fluido ancorché rigoroso, attraverso una prosa diretta e figurativa, che associava grandi capacità narrative con un guizzo pittorico dal tratto essenziale. 
LE DOTI DI SCRITTORE le ha dimostrate in romanzi e racconti, che hanno ricevuto importanti riconoscimenti, ampliando la sua produzione culturale all’ideazione di documentari e programmi per il largo pubblico. La vena artistica di vignettista, insieme alla scuola di ricercatore sul campo, lo ha portato non di rado ad accompagnare i suoi testi con disegni che in una quadro di essenzialità e stilizzazione sapessero rappresentare i profili principali delle specie descritte. 
LA SUA ATTIVITÀ di scrittore e giornalista è sempre stata all’ombra di una rigorosa metodologia di ricerca, occupandosi in modo particolare delle relazioni tra le specie e l’ambiente (eco-etologia) e dei comportamenti parentali, in particolar modo della trasmissione materna e dei processi di socializzazione. Al suo attivo, oltre duecento pubblicazioni scientifiche e il titolo di docente emerito di biologia ed ecologia comportamentale presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Tra i suoi libri più conosciuti vanno ricordati: La scelta sessuale nell’evoluzione della specie (1968), L’animale culturale (1974), Animali intorno a noi (1985), Dizionario di etologia (1992), Nella mente degli animali (2006). 
OLTRE ALL’OPERA dello studioso, va riconosciuto a Danilo Mainardi il forte impegno per la difesa della natura e per il rispetto degli animali, essendo stato presidente onorario della Lipu e dichiarandosi contrario all’impiego degli animali nei circhi e in alcune tradizioni come la corrida.
In nome di un riconoscimento pieno dell’autenticità di ogni specie, Mainardi ha sempre stigmatizzato le forme di antropomorfismo banale e di matrice disneiana, rimarcando tuttavia la continuità tra le specie e attribuendo ai fattori culturali e all’intelligenza un significato adattativo non esclusivamente umano. Nello stesso tempo ha sostenuto, senza mezzi termini, la validità degli interventi di pet therapy, in una logica di rapporto stringente con la natura.
Nel solco della tradizione etologica tracciata da Konrad Lorenz, anche Mainardi ha sostenuto che occorresse correggere la visione miope dell’antropocentrismo per affrontare i grandi problemi ambientali dell’età contemporanea. 
D’ALTRO CANTO i suoi lavori sull’insegnamento parentale e sui meccanismi ludico-esplorativi dell’apprendimento rappresentano importanti suggerimenti che meriterebbero di trovare una concreta traduzione anche nella didattica umana.
Mainardi è stato anche un grande amante dei cani e in tal senso non vanno dimenticati opere come Il cane e la volpe (1992), Il cane secondo me (2010) e l’ultimo libro, La città degli animali (2016). 
MAINARDI ERA NATO a Milano nel 1933, dimostrando fin dalla giovinezza quella passione verso gli animali che rappresenta il grande filo conduttore dell’etologia, una scienza che è interesse per la vita e per gli animali, ma che non cade mai nel bisogno di trasformare questi ultimi in maschere umanizzate e spogliate della loro autenticità.
È un insegnamento che la nostra società, lontana dai ritmi della natura, rischia di perdere.


Addio a Danilo Mainardi l’etologo con il sorriso 
CRISTINA NADOTTI Rep
Da qualche tempo, in televisione non si sentiva più la sua parlata accattivante e Danilo Mainardi aveva affidato le sue ultime riflessioni sul rapporto tra uomo e natura al libro La città degli animali, uscito l’anno scorso per Cairo Publishing. Il più noto tra gli etologi italiani si è spento ieri mattina a Roma a 83 anni, la moglie ha raccontato che è stato sorridente fino all’ultimo, sereno. Piero Angela, che lo aveva reso il volto televisivo dell’etologia volendolo come ospite fisso a Quark e
Superquark, lo ha definito «insostituibile per il suo modo di raccontare le cose, il suo linguaggio semplice con cui poteva raggiungere il grande pubblico » senza mai distaccarsi però dal rigore scientifico.
Lo aiutava ad essere uno scienziato più vicino all’uomo della strada anche la sua passione per il disegno, l’accompagnare le sue prolusioni dottissime tratteggiando cavalli e cani che spesso avevano il suo stesso sguardo tra il divertito e il curioso. Dànilo (con l’accento sulla a) Mainardi era figlio di un pittore e poeta futurista, Enzo, e pur se nato in città, a Milano, la guerra gli aveva dato la possibilità di osservare la natura, come adorava fare. La famiglia era infatti sfollata a Soresina e Danilo passava tanto tempo a osservare gli animali e disegnarli.
All’università aveva studiato Scienze biologiche, e si era laureato in biologia, proseguendo gli studi con un altro grande delle scienze italiane, Luca Cavalli- Sforza. I primi studi sono stati molto influenzati dalla prospettiva genetica del suo maestro, ma nel 1970 aveva pubblicato Il comportamento animale. Introduzione all’etologia e nel 1975 era già conosciuto a livello internazionale. La carriera accademica l’aveva cominciata a Parma, dove si era laureato, proseguendo poi a Ca’ Foscari e a Venezia, dove si era infine stabilito venti anni fa. In un’Italia in cui il divario stridente tra città e campagna divideva la popolazione tra chi gli animali soprattutto li mangiava e chi li conosceva nei circhi e negli zoo, Mainardi pubblicava nel 1975 un testo rivoluzionario già nel titolo L’animale culturale, in cui metteva l’uno vicino all’altro due termini all’epoca pressoché inconciliabili. Mainardi cominciava infatti a spiegare a un pubblico sempre più ampio (il libro uscì infatti per Bur nelle edizioni economiche) che come negli uomini anche negli animali non tutto passa soltanto per trasmissione genetica, ma esiste una eredità culturale che può essere trasmessa tra un individuo e un altro. Non è un caso che Mainardi abbia tenuto per sé in un altro dei suoi libri fondamentali di cui è stato curatore, Dizionario di etologia del 1992, appunto il lemma “cultura”.
La voce di Mainardi mancherà tantissimo in tempi di fondamentalismo animalista urlato, in cui spesso prevale l’emotività. La sua umanissima difficoltà ad abbracciare la dieta vegetariana e la sua posizione scientifica e insieme empatica verso la sperimentazione sugli animali sono state dei punti di riferimento essenziali per chi dell’antispecismo non vuole fare una battaglia acritica. Mainardi amava la natura e gli animali, ma non perdeva mai di vista il rigore scientifico. Non poteva essere vegetariano perché la sua conoscenza dell’animale uomo gli rendeva ben chiaro cosa implica essere onnivoro, ma insieme la sua mente scientifica non gli impediva di chiedere che non si desse come unica possibilità di ricerca la sperimentazione sugli animali.
Mainardi è stato tra i primi a far procedere di pari passo etica e studio della natura e a indicare che non esistono animali più o meno vicini a noi. «Chiaro che questo avanzamento delle conoscenze delle capacità intellettive di certi animali – scrisse – soprattutto di quelli che, essendo domestici, vivono accanto a noi e da noi dipendono, pone problemi nuovi, anche di carattere etico, e ciò indipendentemente dal fatto che siano, come nel caso delle scimmie, nostri parenti genetici».
La pluralità di voci che ieri ne ha pianto la scomparsa conferma le sue capacità di scienziato- divulgatore. Lo hanno ricordato le associazioni ambientaliste (Lipu, Wwf, Enpa) e i politici insieme alle massime istituzioni accademiche e scientifiche.


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