venerdì 3 marzo 2017

"Populismo" come categoria anodina che certifica l'inutilità del ceto intellettuale: il caso Antonio S.

La rivoluzione senza violenza della borghesia 
Antonio Scurati Stampa 2 3 2017
La violenza. La sua assenza, la sua estraneità. Questa è la principale, madornale differenza tra la crisi epocale che stiamo vivendo e altre, analoghe crisi della storia recente e della geografia prossima: che non si manifesti attraverso il segno rosso della violenza. 
L’Italia, l’Europa, l’Occidente, attraversano una fase storica di cambiamento radicale, sconvolgente, un periodo di decomposizione d’istituzioni politiche, forme di vita e di conoscenza, sono attraversati da una crepa tra un passato dimenticato e un futuro ignoto eppure si tratta, per quanto profonda, di una frattura non violenta.
L’attuale ondata populista e sovranista che va sommergendo l’Occidente suscita il paragone con gli Anni 20 che sommersero l’Europa sotto la marea fascista. È un paragone appropriato. Le analogie sono moltissime, le simmetrie talvolta sorprendenti.
In quegli anni formidabili e terribili la dissoluzione del vecchio mondo prodotta dal conflitto mondiale, la profonda crisi economica e di ruoli sociali che ne seguì, l’avvento sulla scena della storia di masse emarginate, la promessa disattesa di un imminente benessere, la minaccia del sovvertimento rivoluzionario comunista - propagandato come invasione dello straniero, arrivo della «peste asiatica» - sprofondò il «piccolo borghese imbestialito» in una psicologia dell’insicurezza, in una sindrome da deprivazione, in una cupezza malinconica e furente da cui si riebbe soltanto abbracciando anima e corpo l’illusione di riscatto populista e sovranista delle nuove destre. L’analisi offrirebbe molti punti di contatto tra la rabbia della piccola borghesia declassata di allora contro un ceto politico vecchio, sordo, corrotto, opaco, scollato dalla realtà e quella di oggi. Basti ricordare che tra i primi punti del programma fascista di San Sepolcro c’era l’abolizione del Senato.
Vogliamo, invece, rimarcare una differenza abissale: la violenza. La piccola borghesia nauseata e depressa di allora era reduce da quattro anni di guerra mondiale, quella di oggi non ha mai impugnato un’arma, quella di allora aveva trascorso la giovinezza tra i cadaveri delle trincee, quella di oggi ha fatto il servizio civile. La totale mancanza di consuetudine esistenziale con la violenza è la novità storicamente inaudita del populismo sovranista attuale. Il fatto che la violenza percepita sia in aumento, mentre tutti gli studi dimostrano che in Occidente la violenza reale è in diminuzione, lo conferma. Ci sentiamo sempre più minacciati da una aggressività fantomatica proprio perché ne abbiamo una scarsa esperienza vissuta. Oggi è sufficiente il tirapugni di un balordo durante una protesta di tassisti per guadagnare le prime pagine, negli Anni 20 le manifestazioni politiche si trasformavano regolarmente in scannatoi domenicali insanguinati da folle di militanti armati.
Riguardo alla violenza noi siamo quasi sempre nella posizione dello spettatore. La nostra inettitudine all’azione politica violenta fa sì che, di fronte all’unica forma reale di brutalità che aggredisca sistematicamente il nostro ambiente sociale, quella dell’islamismo radicale, riusciamo solo ad assumere l’identità simbolica della vittima. Il Medio Oriente islamico è scosso da fenomeni di disintegrazione nazionale apparentabili ai nostri, solo che da quelle parti generazioni cresciute nella guerra rispondono con la violenza terroristica, dalle nostre parti generazioni cresciute in 60 anni di pace reagiscono con un violento ritiro della delega politica all’establishment.
Questo è l’unico aspetto violento del nuovo populismo: la brutale, impersuadibile, apocalittica determinazione nel rigetto delle vecchie classi dirigenti. Trump ha affermato che non avrebbe perso uno dei suoi voti nemmeno se avesse aperto il fuoco sulla quinta strada. Aveva ragione. Il suo elettorato è non violento, ma la sua ripulsa lo è. In Francia il sovranismo rinunciatario di Marine Le Pen non chiede di riconquistare l’Algeria, ma di rigettare l’Europa e di uscire dalla Nato, in Olanda Geert Wilders si richiama all’eredità di un leader anti-islamista e xenofobo (Pim Fortuyn), ma omosessuale dichiarato, progressista e assassinato da una fanatico, in Italia tutto si può imputare ai 5 Stelle tranne la conquista violenta del potere.
Il populismo reattivo, il sovranismo remissivo. La loro sola violenza è quella del conato di vomito. Rigetto radicale del presente in assenza di un’affermazione dirompente del futuro. Con questa novità dobbiamo fare i conti. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

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