lunedì 27 marzo 2017
Una nuova edizione de "I demoni e la pasta sfoglia" di Michele Mari
Risvolto
La letteratura è ossessione. È un demone polimorfo che può assumere le
bianche fattezze di Moby Dick o l’aspetto mostruoso dei crostacei di
Wells, che può abitare tra le nevi di London, sulle aspre montagne della
follia di Lovecraft o nel condominio suburbano di Ballard. È nella luna
precipitata in un camino di Landolfi, nell’occhio cieco del gatto di
Poe, nei topi di Steinbeck. Si insedia tra le ecolalie di Gombrowicz
come nello sdegno con cui l’ingegner Gadda oppone titanicamente un
principio d’ordine al grottesco, alla vigliaccheria, all’ingiustizia del
reale. L’ossessione è destino e forma, nevrosi e scrittura, e scrivere
significa «consegnarsi inermi agli artigli dei demoni».
I demoni e la pasta sfoglia è il libro in cui Michele Mari affida alla
forma-saggio quel rapporto inquieto e vitale con la tradizione che
altrove ha esplorato attraverso il racconto, il romanzo, la poesia.
Testi che compongono un’indispensabile cartografia letteraria, seguendo
punti di fuga inediti e rintracciando parentele inaspettate: il sadismo
di Stephen King e quello di Collodi, la misantropia di Céline e la
bibliolatria di Kien in Auto da fé, il riemergere del lupo in Buck nel
Richiamo della foresta e la voluttà con cui Gregor Samsa si abbandona
alla nuova identità di insetto. E poi gli innumerevoli mostri e le
infinite stilizzazioni con cui ogni grande scrittore non fa altro che
parlare di se stesso, dei propri desideri e delle proprie ferite.
Accettando sfide spesso eluse della critica, Mari finisce per modellare
le sembianze di un nuovo canone, che attinge tanto alla letteratura
goticofantastica quanto a forme di scrittura come manierismi e pastiche
che, grazie alla loro «natura esibitoria», rivelano la propria
paradossale autenticità, il proprio osceno realismo. Ma I demoni e la
pasta sfoglia è soprattutto una dichiarazione di poetica in controluce,
in cui lo scrittore di Fantasmagonia e Tu, sanguinosa infanzia mostra il
suo rapporto vampiresco con una tradizione eletta a dimora, in una
dialettica serrata tra mostruosità e stile, morte e scrittura,
persistenza dell’infanzia e attrazione per l’abisso.
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