sabato 11 marzo 2017

Una storia dei conflitti nell'arcipelago dell'islamismo militare

Arcipelago jihad. Lo Stato islamico e il ritorno di al-Qaeda
Giuliano Battiston: Arcipelago Jihad, Edizioni dell’Asino, pp.188, euro 12

Risvolto
Questo libro racconta una storia del jihad, la più rappresentativa oggi. Inizia tra la Giordania e l’Afghanistan alla fine degli anni novanta del secolo scorso, passa per il Medio Oriente e finisce nel cuore dell’Europa ai giorni nostri. Ruota intorno ad alcuni personaggi principali, incluso il sedicente Califfo Abu Bakr al-Baghdadi e la vecchia guardia della leadership qaedista, Osama bin Laden e il suo successore Ayman al-Zawahiri. È una storia contrassegnata dalla diffusione del salafismo-jihadista, da un parricidio e da una sanguinosa contesa per l’egemonia del jihad in cui si combinano elementi ideologico-dottrinali, interessi prosaici, scelte strategiche, pressioni esterne e rivalità personali. È la diaspora terrorista. L’arcipelago jihad.


Topografia del Califfato 

Scaffale. «Arcipelago Jihad» di Giuliano Battiston: una storia segnata dalle biografie di quattro personaggi, emersi dopo il fallimento del panarabismo: Osama bin Laden, Ayman al-Zawahiri, Musab al-Zarqawi e Abu Bakr al-Baghdadi 
Chiara Cruciati Manifesto 10.3.2017, 18:37 
Da movimento anti-sistema a entità statuale, da ideologia ad architettura amministrativa. È il percorso, travagliato e costellato di faide interne e scontri dottrinali, compiuto dalle reti jihadiste globali e analizzato con puntualità da Arcipelago Jihad di Giuliano Battiston (Edizioni dell’Asino, pp.188, euro 12). Battiston propone una storia del jihad attraverso quattro personaggi, i capisaldi della diffusione delle ideologie salafita e jihadista in un mondo nuovo segnato dal fallimento del panarabismo, il crollo dell’Unione Sovietica e l’emersione dell’impero unico: Osama bin Laden, Ayman al-Zawahiri, Musab al-Zarqawi e Abu Bakr al-Baghdadi. Attraverso le loro biografie, gli obiettivi che si sono prefissati, i pensatori e i teorici a cui si sono ispirati, la storia e la visione del primo vero «califfo», il mullah Omar, si snoda la galassia del jihad, naturalmente disomogenea, prettamente movimentista, che trova linfa vitale negli sconvolgimenti storici, economici e politici del Medio Oriente e nell’influenza neocoloniale occidentale. 
Con un filo che lega l’Afghanistan degli anni ’80 alla nascita di al Qaeda, l’emersione della filiale irachena alla conseguente filiazione dello Stato Islamico, Battiston studia un universo apparentemente monolitico ma sconvolto da faide interne, conflitti per la supremazia che è prima territoriale e poi di immagine. Quello che si delinea, tramite l’approfondita e documentata analisi della storia e dei confronti ideologici (che prima passano per missive private e poi sfociano nello scontro in rete a suon di proclami, riviste patinate, video hollywoodiani e guerra per il consenso virtuale) è un mondo multipolare in cui i centri di potere jihadista si mescolano e si ridefiniscono. 
Emerge con chiarezza l’errore compiuto dagli osservatori esterni: al Qaeda, data per morta, non è morta. Lo Stato Islamico non ha compiuto l’agognato matricidio, nonostante l’enorme sviluppo vissuto in un decennio e la costruzione di una narrativa alternativa, che passa per la guerra al «nemico vicino» e non per il confronto aperto con l’avversario «lontano», l’Occidente.
Se a rompere fu per primo il capo di al Qaeda in Iraq, al-Zarqawi, entrato in aperta collisione con la leadership, è l’autoproclamato «califfo» a fare della visione del predecessore un progetto statuale concreto, uno dei semi che hanno devastato Iraq e Siria negli ultimi anni. Seguendo una precisa stella polare: il settarismo confessionale, dove elementi dottrinali si incontrano con una strategia militare e politica volta ad impedire la ricostruzione del paese post-invasione Usa, allargare le divisioni settarie e permettere l’ampliamento del raggio d’azione qaedista. 
Da una parte sta l’espansione territoriale vista come strumento propagandistico per eccellenza, dall’altra la vecchia teoria qaedista che trova nuova spinta nel radicamento sociale. Una seconda vita di cui l’ex al-Nusra, il suo braccio siriano, ne è modello: il suo leader, il misterioso al-Joulani, punta sul movimento sociale locale e non semplicemente qaedista, tanto da occultare i legami con la casa-madre prima e uscirne (in un’opera di finto rebrandring) poi. 
È il complesso arcipelago jihadista che Battiston disegna in un lavoro pressoché unico in Italia, in grado di dare le giuste coordinate per un’analisi che non si fermi alle mere notizie belliche: il libro svela con fonti dirette (figlie di un’esperienza decennale in Afghanistan) le radici storiche dei singoli movimenti, le faide interne, gli scontri ideologici che si traducono in rotture concrete, le operazioni di restyling, ma soprattutto l’appropriazione delle caratteristiche tipiche degli Stati-nazione. Dalle forze armate al sistema burocratico, dall’uso della tecnologia a quello della comunicazione per definire identità e obiettivi, il jihad sogna di farsi Stato.

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