martedì 4 aprile 2017

La mia Sennaya Ploshad è più grossa del tuo Bataclan, o viceversa

Je suis Charlie, mais non, je suis Putin: terrorismo a convenienza, logica della subalternità e propaganda per loro ma anche per noi

Quando Bush jr. lanciò la dottrina della guerra infinita al "terrorismo" giustamente ne denunciammo l'intento politico strumentale, evidenziando i conflitti e le contraddizioni che si agitavano dietro questa costruzione linguistica.

Lo stesso facciamo, senza dimenticare di richiamare il passato coloniale, quando mettiamo in dubbio l'esistenza di un piano unitario e di una catena di comando che dal Medio Oriente smembrato e bombardato arriva nel cuore delle metropoli europee.

Pur nelle necessarie distinzioni tra il ruolo della Russia, che è un paese aggredito dall'imperialismo, e quello degli aggressori globali statunitensi, non è che se a usare le stesse formule è il pur caro Volodija esse diventano magicamente più reali o meno frutto di una costruzione politica (una costruzione politica dell'avversario, oltretutto).

Pensare in maniera oggettiva, anche se nell'immediato non conviene, è sempre più lungimirante. Sul piano della propaganda hic et nunc, del resto, e cioè se accettiamo la logica del discorso dell'Impero e ci impegnamo su quel terreno, saremo sempre perdenti.

Oltretutto, cosi facendo proprio quei compagni che oggi si fanno paladini a sinistra della questione nazionale, sino nei casi clinici a rivendicare un ambiguo "sovranismo", finiscono per rimuovere il peso schiacciante che questa questione ha avuto nell'URSS e nel provocarne la caduta, sia in Europa centro-orientale che in Asia.

Questi compagni dimostrano di non aver capito nulla degli errori commessi in passato e di essere solo apologeti nostalgici e chiacchieroni assai confusi.

Per non dire che questa grave incoerenza è sintomo di incorreggibile idealismo e moralismo, perché se Putin è politicamente nel giusto non è necessario ritenere che sia anche buono e bello [SGA].

P.S. Uno sciacallo Manifesto
Tra gli sciacalli che in queste ore ironizzano sulla Russia, ingaggiando una deplorevole gara di idiozia politica e pessimo gusto con quanti anche a sinistra sono ormai in preda al più ottuso delirio complottista, non poteva naturalmente non distinguersi uno che viene dal Manifesto, la sentina di produzione di tutti i maggiori rinnegati della scena politica e giornalistica nazionale.
E che, essendo stato a suo tempo direttore, con questa battuta del cazzo vince il premio del più stronzo di tutti: uno stronzo - o uno sciacallo - Manifesto [SGA].





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