martedì 4 aprile 2017

La storia della Fondazione Feltrinelli

La Biblioteca - Istituto Feltrinelli. Progetto e storiaGiuseppe Berta e Giorgio Bigatti: La Biblioteca-Istituto Feltrinelli. Progetto e storia, Feltrinelli

Risvolto
L’“Annale” ripercorre per la prima volta l’intenso lavorio sfociato nella costruzione di una delle più singolari istituzioni culturali, la Fondazione Feltrinelli, raccontandone la storia corale e collettiva, ma anche proponendo i profili biografici individuali degli intellettuali che concorsero a gettarne le fondamenta. Al momento della sua fondazione, nel 1949, la Biblioteca Feltrinelli si impegnò in un progetto ambizioso e originale: la costituzione di un patrimonio bibliografico e documentario relativo alla storia del socialismo e del movimento operaio italiano ed europeo, attraverso un lavoro di ricerca e di acquisizione che prese forma attraverso la tessitura di un solido reticolo di contatti culturali internazionali.

Il progetto voluto da Giangiacomo Feltrinelli poté svilupparsi mediante la collaborazione di una nuova generazione di studiosi, che sarebbero stati protagonisti del rinnovamento della storiografia dell’età moderna e contemporanea, attratti dall’idea di partecipare a un progetto culturale inedito, in grado di sostanziare l’identità della sinistra di allora, che aveva eretto la storia a canone interpretativo e a linea-guida della trasformazione politica.
Giuseppe Del Bo e Franco Ferri, Franco Della Peruta e Gianni Bosio, Giuliano Procacci e Stefano Merli, Luigi Cortesi e Luciano Cafagna, furono, insieme con altri storici di rango, coloro che animarono con le loro prime ricerche e con la loro passione politica la Biblioteca Feltrinelli, di cui questo “Annale” ricostruisce le vicende, attraverso l’uso di inediti documenti d’archivio. Il clima di esasperata contrapposizione ideologica di quegli anni, segnati dalla guerra fredda e dallo stalinismo, almeno fino al cruciale 1956, non impedì che si compisse uno straordinario sforzo collettivo all’insegna del rigore filologico e del rispetto della realtà storica, sfociato nella realizzazione di una sede unica di conservazione del patrimonio culturale della sinistra europea, dalle sue radici illuministiche fino all’Ottocento, tra rivoluzione industriale, Quarantotto e Comune di Parigi.

Un laboratorio aperto sulla Storia 
TEMPI PRESENTI. Pubblicato il cinquantesimo volume degli «Annali Feltrinelli». Le vicende di una Fondazione dove forti personalità hanno scandito uno straordinario istituto di ricerca. Dalla cultura politica del Movimento operaio all’analisi di un mondo in veloce trasformazione 
Michele Nani Manifesto 4.4.2017, 19:19 
Il cinquantesimo volume degli «Annali» della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli (datato 2014-2015, ma uscito alla fine dello scorso anno) è dedicato alle origini dell’istituzione milanese che li pubblica. Questa sorta di «auto-riflessione» coincide con il trasferimento della Fondazione nell’area di Porta Volta, aperta nel 1880 nelle vecchie mura spagnole, subito dopo abbattute. Affidata a un prestigioso studio di architetti, la progettazione della nuova sede ha sollevato critiche anche profonde: ad esempio su queste pagine, nell’articolo di Maurizio Giufrè del 14 gennaio scorso. 
Curato da due storici, Giuseppe Berta e Giorgio Bigatti, La Biblioteca-Istituto Feltrinelli. Progetto e storia copre il periodo che va dall’apertura della Biblioteca (1949) alla trasformazione, dopo la morte di Feltrinelli, in Fondazione (1974), passando per la transizione a Istituto nel 1961. Le vicende di un’istituzione culturale centrale nella storia dell’Italia repubblicana erano già state ripercorse precedentemente, fra gli altri, dalle biografie del fondatore, dagli importanti contributi di David Bidussa e dai ricorrenti dibattiti fra storici attorno alla breve ma intensa vita della rivista «Movimento operaio» (1949-1956). L’apertura degli archivi della Fondazione e la disponibilità di una sede come gli «Annali», ove si possono ancora pubblicare, a differenza che in molte riviste e volumi collettanei, ampi e documentati studi, permettono ora uno scavo molto più fecondo. Cambiando la prospettiva, si guadagna un’analisi più profonda del «progetto» dell’istituzione (o, meglio, dei molti progetti che vi convivevano, non sempre pacificamente) e della sua effettiva «storia», la risultante della cooperazione e del conflitto fra molte e diverse forze, incarnate nelle figure dei protagonisti. 
L’INTRODUZIONE DEI CURATORI sottolinea la dinamicità dell’istituzione: partita dall’impegno, di matrice politica, di costituire una base documentaria per lo studio del movimento operaio, nel giro di un decennio «si risolve nell’ipotesi contraria» di un’autonomia dalla politica che è anche allargamento di discipline, approcci e interessi, oltre il primato della storia e della storiografia, che ha a lungo rappresentato uno dei fondamenti culturali della sinistra, italiana e non solo. La centralità della storia del movimento operaio, dunque della politica si dissolse relativamente presto, quando Feltrinelli si lanciò nell’attività editoriale e abbandonò il partito all’indomani della repressione sovietica della rivoluzione ungherese del 1956 e del «caso Pasternak». L’autonomia finanziaria consentita dal patrimonio di una famiglia dell’alta borghesia milanese si convertì così in piena autonomia politica e culturale, ad esempio con l’ambizioso programma di analisi della società italiana di fronte allo sviluppo economico e al «neocapitalismo» (che qualcosa doveva all’ambiente milanese), ma anche nella dipendenza dalle scelte del «padrone», come era chiamato, scherzando solo a metà, Feltrinelli negli ambienti di un’istituzione che conobbe una congiuntura difficile nel passaggio dagli anni Cinquanta e Sessanta, destinata a risolversi solo con la costituzione della Fondazione. 
L’IMPIANTO DEL VOLUME è tripartito: alle «strutture» e agli «uomini», si affiancano i «documenti», che occupano un centinaio delle cinquecento pagine dell’«Annale». I saggi generali, fra i quali si può includere anche quello dei curatori, tracciano le grandi campate della vicenda. Il patrimonio cartaceo e di esperienze accumulato dalla Feltrinelli, grazie alle risorse del fondatore e all’acume di molti collaboratori, è testimonianza del progetto e del suo mutare, leggibile nella fisionomia delle ricchissime collezioni, qui delineata da Bidussa. La «Feltrinelli» fu uno dei luoghi di nascita e crescita della storiografia marxista italiana (il cui profilo istituzionale e culturale è efficacemente ricostruito da Albertina Vittoria), ma anche un crocevia di collegamenti internazionali, con l’Istituto di storia sociale di Amsterdam, con la «sesta sezione» della parigina Ecole pratique des hautes études, con molti «corrispondenti librari» rintracciati in giro per il mondo da Andrea Panaccione, fra i quali si può giusto menzionare uno dei più acuti studiosi di storia del socialismo, il romeno Gheorghe (Georges) Haupt. Una simile, fitta rete di collaboratori distese sul territorio nazionale l’impresa collettiva della bibliografia della stampa operaia e socialista. Pur destinata a magri risultati editoriali, rappresentò un terreno di fondazione della storia scientifica del movimento operaio. Viene ricostruita nel dettaglio da Gilda Zazzara, che sottolinea opportunamente la collaborazione di oltre 140 persone, fra giovani storici in formazione e altre figure sociali, studiosi non a tempo pieno come insegnanti, bibliotecari, quadri e militanti politici e sindacali. Nonostante la testata figuri in buona parte delle pagine, non viene dedicato uno studio specifico a «Movimento operaio». 
La parte più ampia dell’«Annale» raccoglie le biografie intellettuali dei principali protagonisti, limitatamente al periodo considerato e con particolare attenzione al primo quindicennio dell’istituzione. Dalla raccolta restano fuori le persone ancora in vita al momento della progettazione del volume (anche Renato Zangheri, scomparso successivamente) e quelle a cui sono già stati dedicati «Annali» monografici (Leo Valiani nel 2008 e Franco Venturi nel 2006). Il rischio dei vecchi «medaglioni» è sostanzialmente eluso grazie a un approccio problematico, alla collocazione dei singoli in più reti e alla loro connessione ai progetti istituzionali. A quelli dei fondatori milanesi, Feltrinelli e Giuseppe Del Bo, figure decisive tratteggiate da Gianfranco Petrillo (che firma anche un contributo sull’uomo «mandato da Roma», cioè dal Pci, Franco Ferri), seguono i profili degli studiosi. A questi si deve la definizione, attraverso un lavoro appassionato, del volto della Biblioteca e poi dell’Istituto. 
ERANO QUASI TUTTI STORICI e tutti provenienti da fuori Milano, a sancire la dimensione nazionale dell’istituzione: l’altro romano, Franco Della Peruta; il fondatore mantovano di «Movimento operaio», poi esautorato, Gianni Bosio e il suo successore Armando Saitta, siciliano; il bergamasco Luigi Cortesi e il piacentino Stefano Merli, accomunati poi, come scrive Maria Grazia Meriggi, dalla «Rivista storica del socialismo»; l’umbro Giuliano Procacci e Luciano Cafagna e Gaetano Arfè, campani; l’economista torinese Silvio Leonardi. Bastano questi nomi a delineare la «Feltrinelli» come vera e propria fucina della storiografia contemporaneistica, prima che la storia novecentesca divenisse un settore disciplinare universitario. Per questo le traiettorie di molti dei collaboratori e dipendenti muovono da una formazione extra-accademica, nutrita di impegno militante e studio delle origini del movimento operaio, a un approdo, generalmente travagliato, a una cattedra, passaggio che accompagna un allargamento degli interessi e spesso include la storicizzazione dello stesso comunismo, italiano e non. 
Come si vede il volume rischia di restituire il profilo di un universo tutto maschile. In realtà la «Feltrinelli» era uno spazio popolato anche da figure femminili, sia a livello scientifico che amministrativo, ad esempio le compagne di Feltrinelli (Bianca Dalle Nogare e Inge Schönthal) e di altri collaboratori (la sorella di Bianca, Liliana, moglie di Della Peruta), Laura Conti e Stella Bossi, la «piccola russa» nata in una cascina pavese, che ripercorre il suo mezzo secolo feltrinelliano in una bella intervista a Simonetta Fiori. 
LA BIBLIOTECA-ISTITUTO Feltrinelli rappresenta il risultato solido di un lavoro collettivo. «Impresa straordinaria» è a buon diritto definita nell’introduzione l’avventura della «Feltrinelli», i cui veri e propri tesori documentari e bibliografici sono tuttora una risorsa imprescindibile per fare ricerca storica. Il quarto di secolo al centro del volume delinea la nascita di un’istituzione importante per la cultura italiana, nelle sue relazioni con l’impegno politico e con le più ampie vicende storiche, non solo nazionali. A quei tempi si può oggi guardare con «disincanto e distacco», come suggeriscono i curatori, ma anche con la nostalgia e la malinconia che accompagnano le rivoluzioni sconfitte e chi non si rassegna al cattivo presente. Sono sentimenti tutt’altro che improduttivi, come recentemente sostenuto, con consueta maestria, da Enzo Traverso nella sua ricostruzione della «tradizione nascosta» della Malinconia di sinistra (Feltrinelli, recensito da Marco Bascetta su questo giornale il 3 dicembre dello scorso anno). 

La presentazione domani a Milano 
Domani a Milano (Fondazione Feltrinelli Sala Del Bo, Viale Pasubio 5), un incontro di discussione riguardante l’ultimo annale (n. 50) dell’Istituto Feltrinelli dedicato alla storia della sua Biblioteca, curato da Giuseppe Berta e Giorgio Bigatti. Organizza l’iniziativa la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, la Fondazione Isec e la SisLav. Alla presenza di alcuni degli autori, interveranno Margherita Angelini (Università degli Studi di Padova), Mirco Carrattieri (Università degli studi di Modena e Reggio Emilia), Fabrizio Loreto (Università degli Studi di Torino), Michele Nani (Consiglio Nazionale delle Ricerche-Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea). Presiede e coordina l’incontro Maria Grazia Meriggi (SisLav-Società italiana di storia del lavoro).

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