In origine era un sistema inventato dai batteri per difendersi dai virus, ed è studiando i microbi che l’abbiamo scoperto, quasi per caso. Dietro al nome oscuro si nasconde un processo biologico sorprendentemente semplice. La creatività dei ricercatori lo ha trasformato in uno strumento al nostro servizio. È l’equivalente del comando «trova e sostituisci» di un programma di videoscrittura, per eliminare i refusi dal libro della vita. Per questo si chiama «editing del genoma». La tecnologia non è ancora così efficiente da poter realizzare tutti i desideri, e qualche sfida potrebbe non essere mai alla nostra portata, come spiega Anna Meldolesi in questo libro. Ma se terrà fede anche solo a una piccola parte delle promesse, l’editing genomico renderà possibile un’infinità di esperimenti, regalandoci conoscenze, farmaci, prodotti capaci di migliorare la qualità della vita. 
I problemi sollevati da CRISPR, tuttavia, non sono una questione da poco. Quando sapremo cambiare i geni a piacimento, come faremo a impedire che questa tecnica cada nelle mani sbagliate? I primi esperimenti su embrioni umani sono già stati effettuati e il dibattito è appena iniziato. Esiste il pericolo che vengano progettati «bambini su misura»? Sarebbe un sogno o un incubo se l’uomo creasse l’uomo?


Crispr, come ti modifico i geni con tecniche low-cost 
Salone del libro di Torino. «E l’uomo creò l’uomo» della giornalista Anna Meldolesi, per Bollati Boringhieri. Tra i tanti interrogativi, quello bioetico: cosa impedirà di modellare i nascituri a tavolino? 

Andrea Capocci Manifesto 20.5.2017, 18:56 
La narrazione in diretta di una rivoluzione è da sempre appassionante, come dimostra anche l’iniziativa del Manifesto sul centenario della rivoluzione russa. Malgrado si parli di biochimica, anche il libro E l’uomo creò l’uomo della giornalista Anna Meldolesi (Bollati Boringhieri, pp. 159, euro 19: presentazione al Salone di Torino il 21, alle 11,30), rientra nello stesso filone letterario. La rivoluzione raccontata da Meldolesi si chiama Crispr, e nel nostro piccolo anche questo giornale ha tentato di darne conto: si tratta di una nuova tecnica che permette di modificare il genoma in modo straordinariamente preciso. 
Crispr, per quanto brutta, è un’abbreviazione di una sigla ancora più ostica, Crispr-Cas9: Cas9 è il nome di una proteina in grado di «tagliare» il Dna, Crispr è un apparato biologico capace di riconoscere sequenze precise di Dna. Nei batteri, questo sistema permette di riconoscere i virus e neutralizzarli. Nelle mani dei biologi, consente di disattivare i geni in maniera molto precisa e persino correggerli, anche se con meno efficienza. È dunque un prezioso strumento a disposizione di tutti i ricercatori che lavorano con il Dna. Lo dimostra il fatto che nel giro di pochi anni (l’idea fu descritta per la prima volta nel 2012) la tecnica sia diventata un utensile indispensabile e utilizzato quotidianamente in ogni laboratorio. 
COME SPIEGA BENE Meldolesi, l’idea di modificare i geni non nasce con la tecnica Crispr. Anzi, ci sono altri metodi per tagliare e ricucire il Dna nel punto desiderato: le tecniche «Zincfinger» e «Talen» ottengono sostanzialmente lo stesso risultato, ad esempio. Ma il vantaggio di Crispr è la sua grande facilità di utilizzo, che richiede conoscenze alla portata di qualunque biologo e costa circa cento volte meno delle altre tecniche. Inoltre, la metodologia Talen è coperta da brevetti in mano alla società farmaceutica Sangamo Therapeutics, le cui costose licenze hanno limitato l’accesso a potenziali utilizzatori, mentre Crispr (finora) ha avuto una diffusione ampissima. 
Il libro è prezioso, perché nel giro di 150 pagine squaderna tutte questioni aperte dalla nuova tecnica, le cui conseguenze ci toccheranno da vicino ben prima di quanto si pensi. Ad esempio, non è lontano il giorno in cui carni e verdure saranno state prodotte anche utilizzando Crispr. 
LE NUOVE VARIETÀ ottenute con questa tecnologia non contengono geni trasportati «di peso» da una specie all’altra. Secondo molte legislazioni, non sono quindi classificate come Ogm e arriveranno sulle nostre tavole senza particolari barriere. La Food and Drug Administration statunitense ha già deliberato in tal senso su una particolare varietà di funghi, e ci si aspetta un orientamento analogo anche da parte dell’autorità europea in materia. Anche molti big del settore agroalimentare, persino tra i fautori del cibo a chilometri zero, si sono espressi favorevolmente. Una lezione «severa ma giusta» per quell’ampio settore dell’ambientalismo che, abbandonato il terreno della politica e dell’economia, ha puntato sulla difesa della tradizione e sul salutismo un po’ new age, magari grazie a ricerche poco accurate.
Ora che la scienza permette di aggirare i divieti, quelle armi appaiono spuntate.
Il principale interrogativo posto da Crispr, però, è quello bioetico: ora che modificare il genoma è un’operazione alla portata di qualunque laboratorio, come impedire che si intervenga sulle cellule embrionali umane disegnando a tavolino i nascituri? La questione divide la comunità scientifica tra chi invoca prudenza e chi, anche con il sostegno delle associazioni di pazienti, vorrebbe affrettare le ricerche. Ma forse Crispr non rappresenta un baratro per l’umanità: «non è detto che la situazione debba sfuggire di mano (…) la fecondazione assistita è un settore già normato, più o meno severamente, ovunque nel mondo». 
LE APPLICAZIONI DI CRISPR sono così tante e articolate che, come suggerisce Meldolesi, non è il caso di schierarsi in base a scelte ideologiche, per la paura di una possibile deriva eugenetica: «quando riproponiamo meccanicamente l’idea di un’attrazione fatale tra Dna e totalitarismi, non facciamo solo un torto alla scienza, sminuiamo anche la complessità della storia». È vero, ma il problema che si pone oggi non è quello di leggi sbagliate imposte da un dittatore, ma quello di un mercato in cui applicare regole sensate si rivela impossibile.
La scienza, anche quella che genera Crispr, è una faccenda complicata perché dannatamente umana. Fa bene Meldolesi a raccontarne anche i protagonisti in carne ed ossa: Jennifer Doudna, Emmanuelle Charpentier, Feng Zhang e George Church. Sono in quattro, due scienziate e due scienziati (il titolo del libro non pare azzeccatissimo), a contendersi il titolo di «scopritore» di Crispr. Per tacere dei tanti, che prima, durante e dopo di loro hanno dato il loro contributo. 
«Alcuni l’hanno definita la fase comunitaria della ricerca su Crispr», spiega Meldolesi. Ma non tutti sono d’accordo nel vedere il proprio ruolo ridimensionato. Cosa succederà quando, come prevedono in tanti, il premio Nobel sarà assegnato agli scopritori di Crispr: dato che i vincitori possono essere al massimo tre, quale tra gli «eroi di Crispr» rimarrà fuori? Se toccherà a Church, come prevede Meldolesi, non è detto che sia la scelta giusta. 
L’ALTRA GARA riguarda la proprietà intellettuale e chi, come Zhang, Doudna e Charpentier, combatte per vedersi riconosciuto il brevetto sulla tecnologia. Per ora ha vinto Zhang (ma il libro di Meldolesi non ha fatto in tempo a includere queta notizia) che si è visto assegnare il brevetto dall’ufficio Usa. Non si tratta di una questione di semplice prestigio. I tre ricercatori hanno fondato ciascuno una propria azienda farmaceutica per commercializzare la tecnica una volta conclusa la fase sperimentale. 
La lotta per il brevetto, che assegna un monopolio sul suo uso, sposta dunque un sacco di soldi e limiterà l’accesso alle terapie. Già lo sviluppo del sistema Talen è stato frenato proprio dai brevetti in mano alla Sangamo. Se dovesse succedere anche a Crispr, sarà una rivoluzione a metà.