mercoledì 2 maggio 2018

"Less is more": "Il povero è felice perché non ha nulla"


Il Corriere, la Busiarda e tutti gli organi della manipolazione delle forme di coscienza da tempo ci spiegano che dobbiamo ridimensionare le nostre aspettative, rinunciare alla speranza di progresso e ricchezza per tutti e ritornare alla zappa dei nonni riscoprendo i mestieri del passato, perché erano tanto belli. In sostanza, dobbiamo abbassare il costo del lavoro.
Quando l'ala redazionale negriera-divertentista non guarda, il Manifesto fa esattamente la stessa operazione ideologica, ma la chiama "decrescita felice" e la camuffa con paole evocative come "dono".
In realtà siamo nell'ambito della fobia populista e primitivista verso la modernità e lo sviluppo delle forze produttive e nel registro retorico della consolazione cristiana e, ancor prima, stoica. Questo primitivismo (siamo nella merda e allora facciamo l'elogio della merda) è chiaramente del tutto subalterno all'operazione neoliberale di cui sopra [SGA].

Salvatore La Porta: Less is more. Sull'arte di non avere niente, Il Saggiatore

Risvolto
Apri il tuo portafoglio. Cosa vedi? Scontrini, tessere della palestra, del discount, fotografi e di tuo figlio, della donna o dell’uomo di cui sei innamorato, la patente, il documento d’identità, la carta di credito, i biglietti da visita. Tutti oggetti che descrivono perfettamente chi sei, cosa fai, che persona ambisci a essere. Anche la tua casa, se ci pensi bene, dice molto di te: hai una tv nuova, i quadri di un artista che credi ti rappresenti, sul balcone hai costruito un piccolo orto verticale – va di moda, e poi è un’ottima strategia per risparmiare qualche euro sulla spesa. Da anni desideravi avventurarti in qualche località esotica e pericolosamente sperduta: hai già ricaricato la prepagata, scelto il volo più economico, confermato la stanza di un albergo a due stelle, ma con piscina. Ricorda di chiedere le ferie, ma prima devi pagare le bollette, il mutuo, l’assicurazione, il tagliando, la benzina. Quando sarai partito, non dimenticarti di scrivere a mamma e papà: non farli preoccupare. Il prossimo mese comincia il corso di nuoto: hai fatto l’iscrizione? Hai prenotato la visita medica? Lo stipendio ha iniziato il suo inesorabile countdown: il cinema, il sushi all-you-can-eat, i giochi per i bambini, la crema per la pelle liscia, il sapone per la pelle grassa. Beni indispensabili che dicono tutto di te. Oppure no? Forse sei intrappolato dalle cose che desideri, lettore, e sfortunatamente non ho trucchi da mostrarti. Non ti insegnerò a vivere con pochi euro al giorno, e comunque non ti basterebbe. Però posso fare molto di più per te: farti conoscere l’arte di non avere niente. È una pratica antica professata da filosofi e mistici orientali, pellegrini e cantori. Ed è l’unico sentiero che può condurti a riscoprire la vita nella sua essenza, sotto il velo delle illusioni, della nostalgia, delle maschere, dei rimorsi e dei bisogni indotti. Solo così potrai riconquistare la tua libertà, vivere senza rimpianti e rispondere alla più antica e impossibile delle domande: Chi sei?


Come evitare di confondere premio e dono 
Giacomo Giossi Manifesto 1.5.2018
Dalla crisi del 2008, crisi dalla quale in verità ancora si fatica ad uscire, una serie di riflessioni sono scaturite attorno ad un concetto molto ampio e a tratti confuso che va dalla decrescita alla frugalità.
Discorsi che spesso si affiancano ad una visione globale della vita che tentano a vari livelli di rilanciare un rapporto più solidale con il circostante, con la comunità di appartenenza e con l’ambiente naturale. Teorie economico-culturali che provano a riportare in sostanza l’uomo all’interno di una logica di senso biologica ed economica virtuosa non legata al ricattatorio e deprimente gancio di un consumismo totale. 
Questo ambito culturale è divenuto col tempo sempre più vasto fino a contemplare argomenti e temi quasi di ogni tipo che spaziano dall’alimentazione all’arredamento, dalla moda ai viaggi. Un susseguirsi di guide, manuali con al seguito santoni, stregoni, presunti medici e personal trainer che al meglio distorcono e riducono in maniera irrimediabile quello che sarebbe un discorso fondamentale e attorno al quale ormai è decisivo definire quanto prima anche delle strategie politiche. 
In tal senso, risulta utile soprattutto ad un ribaltamento concettuale dell’arte di non avere niente, il prezioso volume di Salvatore La Porta, Less is more (Il Saggiatore, pp.176, euro 16). Come del resto risponde Michel Poiccard alias László Kovács ossia Jean-Paul Belmondo a Patricia Franchini (l’indimenticabile Jean Seberg) in À bout de souffle di Godard: «Meglio il nulla perché il dolore è stupido». Ed in un certo senso questa frase sintetizza molto del brillante saggio di La Porta, perché proprio il nulla non va inteso come il vuoto o peggio ancora la mediocrità del meno: la decantata modestia come paradigma di dignitoso e borghese atteggiamento, ma invece il nulla come elemento totale e assoluto di liberazione. 
Less is more ha il tocco magico dell’erudizione unità alla delicatezza di spirito, un saggio che in piena crisi di studi umanistici ribalta il tavolo e apparecchia uno spazio naturale e culturale innovativo.
Qui, come ricorda, La Porta nell’introduzione non si tratta di fare l’orto sul balcone o di ridurre drasticamente il proprio guardaroba, ma di restituire senso e forma al gesto della relazione e allo scambio evitando di confondere il premio con il dono, l’acquisto con lo spreco. 
Ritrovare dunque la differenza utile ad abbattere il confine della presunta diversità, quella posticcia costruita con muri di merci inutili proprio perché caricate di un senso dell’inutile.
Le pagine di Less is more sono attraversate da Valery e da Proust, da Gramsci e da Jack London, da Kurt Cobain a Paul Gauguin (e non sarebbe stata una cattiva idea inserire un indice dei nomi), nomi che sono storie, luoghi e vite utili a ricordare al lettore il coraggio di affrontare da nudi la propria esistenza, finalmente liberi e non costretti da abiti che ci travestono non sapendo in fondo mai nulla di noi.

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