domenica 17 giugno 2018

Modigliani e La Malfa critici dell'Euro

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Franco Modigliani e Giorgio La Malfa: Un’agenda per l’euro». Gli scritti 1998-2000, Fondazione Ugo La Malfa

Risvolto
“Un’agenda per l’euro”, raccoglie una serie di articoli scritti congiuntamente dal premio Nobel per l’economia Franco Modigliani e da Giorgio La Malfa fra il 1998 e il 2000 a proposito della moneta unica e dei compiti della Banca Centrale Europea, apparsi sui maggiori giornali italiani e internazionali. Gli articoli sono accompagnati da una prefazione di Paolo Savona.
Gli articoli di Modigliani e La Malfa individuavano tempestivamente molti dei problemi con cui la moneta unica europea ha dovuto fare i conti in questi anni e mantengono una assoluta attualità. Il libro è un omaggio a Franco Modigliani di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita.



Diseguaglianze cresciute in nome dell’austerità 
Materiali. «Un’agenda per l’euro». Gli scritti 1998-2000 di Franco Modigliani e Giorgio La Malfa 

Manfredi Alberti Manifesto 16.6.2018, 0:02 
A quasi vent’anni dall’introduzione dell’euro, dovrebbe essere ormai chiaro che i principali nemici della moneta unica e della stessa integrazione europea sono quelle forze politiche che continuano a difendere le politiche di austerità, dettate dalle teorie economiche neoclassiche e monetariste affermatesi alla fine degli anni Settanta. 
A partire da allora queste prescrizioni, per nulla disinteressate, hanno prodotto una ridefinizione dei rapporti di forza fra la classe lavoratrice e il capitale a vantaggio di quest’ultimo, con l’avvento di tassi di disoccupazione a due cifre, almeno nei paesi che hanno intrapreso il cammino dell’unificazione monetaria, prima con la nascita dello Sme (1979) e poi con il varo dell’euro (1999). Un percorso che ha sacrificato sull’altare della stabilità dei prezzi e del prestigio della moneta europea la sicurezza lavorativa e il benessere di molte generazioni, ormai rassegnate a una condizione di disoccupazione e precarietà esistenziale. 
AL MOMENTO dell’avvio dell’euro rimasero inascoltate quelle voci critiche, per quanto autorevoli, che segnalavano i rischi insiti nell’architettura economica definita dai trattati europei, insensibili verso quello che allora come oggi è il dramma principale, ovvero la disoccupazione di massa. Colpisce a questo riguardo la natura per molti versi profetica degli articoli scritti tra il 1998 e il 2000 dal premio Nobel Franco Modigliani insieme a Giorgio La Malfa, usciti all’epoca sulla stampa italiana ed europea e ora ripubblicati dalla Fondazione Ugo La Malfa in occasione del centenario della nascita di Modigliani, con una prefazione di Paolo Savona, Un’agenda per l’euro. Scritti 1998-2000 (pp. 84, euro 25). 
I due autori, il cui sodalizio intellettuale risale agli anni Sessanta, esprimevano il fondato timore che una politica economica insensibile al dramma della disoccupazione e al disagio sociale avrebbe messo in discussione la sopravvivenza non solo dell’euro, ma anche dell’unificazione politica europea e della stessa democrazia. Come sottolineavano i due economisti, infatti, se la moneta unica governata da una banca centrale totalmente indipendente non avesse dimostrato di garantire ai cittadini un benessere maggiore che in presenza della piena sovranità monetaria nazionale, si sarebbero necessariamente affermati partiti estremisti e antisistema. 
LE RADICI della disoccupazione di massa degli ultimi decenni, come ricordano i due autori, non stanno in presunte «rigidità» nel mercato del lavoro, ma risiedono da un lato nella flessione del volume degli investimenti in rapporto al reddito nazionale, iniziata a metà degli anni Settanta, dall’altro in quel sistema di cambi fissi e piena libertà di movimento dei capitali che ha fatto da sfondo alla nascita dell’euro. Riproponendo ancora oggi l’analisi di Modigliani e La Malfa, si può affermare che solo una politica della domanda coordinata a livello europeo, attraverso un rilancio su larga scala degli investimenti pubblici e privati, anche in deficit, potrà riassorbire in maniera significativa quell’enorme «esercito industriale di riserva» – i disoccupati – che oggi si aggira per l’Europa. Ricette come queste, per quanto prudentemente keynesiane, appaiono ancora oggi quanto di più radicale si possa proporre nel panorama politico attuale.

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