martedì 2 aprile 2019

Montini preparò il viaggio di De Gasperi negli Stati Uniti

Montini, missione in America

Chiesa & politica. Giorgio Cigliana, nipote di Paolo VI, rivela che nel 1946 «don Battista» era volato in segreto negli Usa per preparare il celebre viaggio di De Gasperi del gennaio 1947

 Giovanni Santambrogio Domenicale 31 3 2019
Di ufficiale si sa che nell’agosto del 1951 Giovanni Battista Montini, allora sostituto della Segreteria di Stato Vaticana, compì un viaggio negli Stati Uniti. Prima tappa Washington. Oggi il nipote, Giorgio Cigliana, ricordando l’immediato secondo dopoguerra, rivela che già nel 1946 “don Battista”, com’era chiamato dagli amici più stretti, si era preso qualche giorno di ferie ed era volato in segreto in America. Perché? Per creare i presupposti di accoglienza di una auspicabile visita negli Usa di Alcide De Gasperi, segretario della Democrazia cristiana dal ‘44 e capo del primo Governo repubblicano con alleati il Psi di Pietro Nenni e il Pci di Palmiro Togliatti. Non si hanno documenti, ma quel viaggio di monsignor Montini ci fu. E portò anche risultati. Poco prima di Natale, a conclusione di un Consiglio dei ministri, De Gasperi annunciò di aver accettato un invito a recarsi negli Stati Uniti. La partenza sarebbe stata il 4 gennaio 1947. 
Giorgio Cigliana, 95 anni, ha sposato una figlia di Lodovico Montini, fratello maggiore del futuro Paolo VI proclamato santo da Papa Francesco il 14 ottobre dell'anno scorso. Giovanissimo, Cigliana fu ufficiale di artiglieria alpina, prima nei Balcani e poi in Nord Africa. Terminato il conflitto, dopo due anni e mezzo di prigionia in Algeria, riprese gli studi e si laureò. Poi una lunga carriera ai vertici di aziende pubbliche e private, in Italia e all'estero. Dice, ora, in una intervista rilasciata a Giorgio Giovannetti per la rivista “Nuova Antologia”: «Io lo ricordo come cosa di cui molti parlavano». Poi, avendo frequentato l’illustre zio, aggiunge: «Immaginare, come cosa del tutto naturale, che una parte del viaggio fosse dedicata a preparare, negli ambienti e tra le persone che conosceva, il viaggio di De Gasperi, è cosa inevitabile». 
Erano mesi cruciali e frenetici per il futuro del Paese. Il fascismo era alle spalle ma pesava molto perché le ferite erano ancora fresche. La liberazione aveva voltato la pagina della storia, tutto era in divenire in un clima di grande incertezza. Mancava il cibo e le famiglie erano alla fame perché gli approvvigionamenti alimentari scarseggiavano. De Gasperi lanciò un appello a Washington. In una lettera dell'aprile ’46 scrisse: «Il popolo italiano spera nel vostro cuore e nella vostra energia». Destinatario era Fiorello La Guardia, presidente dell’Unrra, l'organismo creato due anni prima per soccorrere le nazioni più colpite dalla guerra (dal 1947 gli subentrerà il Piano Marshall). La risposta non tardò: ogni mese incominciarono ad arrivare in Italia quattro navi cariche di derrate alimentari. De Gasperi dialogava con l’America da alta carica dello Stato, ma non aveva molte relazioni diplomatiche. Mussolini lo aveva fatto arrestare nel 1927, poi costretto a vivere da sorvegliato speciale a Roma. Nel 1929 ritrovò una vita normale iniziando a lavorare alla Biblioteca Vaticana, ma era come confinato. Qui intensificò la conoscenza di Montini. La domenica erano soliti incontrarsi nella villa di Castel Gandolfo, residenza di Emilio Bonomelli, bresciano come Montini e allora direttore delle ville pontificie. Piacevoli conversazioni, ma anche colloqui di progettazione del futuro quando sarebbero cambiate le condizioni politiche. 
I rapporti di “don Battista” con gli americani erano invece solidi e molteplici. Risalivano a prima dello scoppio della guerra. Confida Cigliana: «Aveva una costante frequentazione con l’ambasciatore personale di Roosevelt, Myron Taylor, e con l’incaricato di affari Harold Tittmann. Durante il conflitto, la collaborazione tra Vaticano e Stati Uniti fu intensa, fruttuosa e determinante, come testimoniano i documenti del Dipartimento di Stato. Inevitabile che monsignor Montini fosse considerato un interlocutore, oltre che autorevole, anche affidabile». Dal gennaio del ’46 le preoccupazioni americane sulle sorti del Paese si intensificarono di mese in mese. Il referendum del 2 giugno si avvicinava e l'esito non era scontato. In primavera intanto si sarebbero dovute svolgere le prime elezioni amministrative. All’interno del mondo cattolico e della Chiesa non c’era unità di vedute. In Vaticano si discuteva su tre orientamenti: l’adesione dei cattolici a una coalizione di più forze per creare un blocco anticomunista (posizione sponsorizzata dalla Civiltà cattolica), il sostegno alla nascita di un partito unico dei cattolici e autonomo dalle gerarchie ecclesiastiche oppure la presenza in più formazioni politiche. Montini non solo vedeva bene il partito unico ma ne era il discreto e abile tessitore presso il Papa. Pio XII si convinse della bontà di questa scelta. Gli americani si inserivano in questo dibattito inviando alla Segreteria di Stato Vaticana missive molto esplicite. A metà gennaio ’46 arrivò sul tavolo di Montini un’esortazione dell’ammiraglio Ellery W. Stone, capo della Commissione alleata: «Occorre che i vescovi si adunino, ricevano precise istruzioni dall’alto. E trasmettano queste istruzioni in modo tassativo a tutti i parroci. Solo la Chiesa può salvare l’Italia dal bolscevismo. Non possono farlo le autorità alleate: non può farlo il Governo né il Presidente americano; sono troppo legati a interessi politici». 
Che fare? In questo clima monsignor Montini vola negli Usa in segreto. I risultati della permanenza si possono riscontrare nel racconto che Giulio Andreotti, allora giovanissimo braccio destro del leader democristiano, fa nel suo De Gasperi. Visto da Vicino (Rizzoli 1986). Riguardo al viaggio in America del capo del Governo scrive: «De Gasperi era perplesso. A convincerlo contribuirono diversi elementi. Il segretario Byrnes gli preannunciò un colloquio ufficiale a Washington. L’arcivescovo Spellman condizionò a quella di De Gasperi la sua partecipazione a Cleveland e preannunciò un incontro di De Gasperi con i rappresentanti di tutte le Chiese, assai utile per fugare confuse impressioni sul clericalismo, anzi sul papismo della Democrazia cristiana…». Il viaggio del 4 gennaio 1947 fu un successo. Il discorso del premier italiano sull’Europa e l’America pronunciato al Forum di Cleveland fu pubblicato da Time. Washington in una nota annunciò di «assistere il Governo del primo ministro De Gasperi nella sua opera di ricostruzione». Così iniziò un nuovo corso e la strada della scelta atlantica che vedrà nelle elezioni del ’48 il suo momento di maggior tensione. Montini non mancherà di agire diplomaticamente e sempre con il suo impeccabile stile di fattiva discrezione. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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