sabato 22 giugno 2019
Distruggere l'Unione Europea per fermare il neoliberalismo globale? Alcune riflessioni dopo il convegno in ricordo di Domenico Losurdo
È l'Unione Europea il cuore del sistema capitalistico globale
finanziarizzato, oltre che il maggior pericolo di guerra nel mondo
odierno?
Chi più di tutti esporta da sempre dominio e morte?
L'affermazione del neoliberalismo in Europa dagli anni Novanta ad oggi è
stata anzitutto la conseguenza della vittoria statunitense nella Guerra
Fredda e del mutato equilibrio internazionale, con il venir meno della
necessità di un meccanismo sociale di compensazione basato sul Welfare
alla luce dell'esito di fase del conflitto di classe.
Questa
mutazione registrava un drammatico squilibrio nei rapporti di forza
sociali che era parallelo a quello nei rapporti di forza globali.
Di fronte all'offensiva dell'imperialismo statunitense ormai privo di
ostacoli, l'Europa non è riuscita in questo senso ad essere abbastanza
indipendente. E le trasformazioni che ha subìto sono la fotografia di un
campo di battaglia completamente espugnato, dopo decenni di guerra, da
uno dei due contendenti: quello, tra l'altro, che maggiormente ne ha
condizionato lo sviluppo dal 1945 in avanti; quello che stava già
comodamente sul terreno perché vi deteneva i propri eserciti e che
tutt'ora considera i nostri paesi come una testa di ponte del proprio
potere nucleare.
Pensare di sgominare il neoliberalismo
distruggendo l'Unione Europea, allora, è sbagliato sul piano analitico
ma è anche politicamente autolesionistico.
E non solo perché i
rapporti di forza all'interno dei singoli Stati sono ancora più
arretrati di quanto non siano nell'Unione nel suo complesso, ma perché
significa eliminare l'unico - per quanto flebile e insufficiente -
contropotere potenziale in Occidente e significa esporre ancora di più i
singoli Stati nazionali, e in primo luogo le loro classi subalterne e i
ceti medi, all'influenza americana e degli interessi e della cultura
americana.
Renderebbe cioè le nazioni meno sovrane perché più
dipendenti dagli USA e gli esclusi ancora più esposti a un mercato
selvaggio.
Altro che "sovranismo"!
Distruggere l'UE non
apre al socialismo e non scalfisce minimamente il neoliberalismo o il
globalismo capitalistico ma li rende più forti, tanto più che ogni Exit
verrebbe guidata dalla destra e porterebbe più a destra.
Si
tratta invece di riavviare il conflitto nel Continente e riequilibrare i
rapporti di forza sociali in una lotta di lunga durata. Al fine di
rendere l'Europa anzitutto un'entità politica autonoma e capace di
proteggere dalle multinazionali (le quali sono il braccio armato degli
USA e non la fenomenologia di un capitalismo inteso come essenza
metafisca e non più come rapporto sociale) i singoli Stati e i ceti
popolari.
Una cosa che può essere fatta, tra l'altro, non
certamente in chiave di sciovinismo europeista o di pathos
occidentalista ma, semmai, solo battendosi al tempo stesso per costruire
un rapporto tra l'Europa e l'altro contropotere possibile, la Cina
postcapitalista, e con tutte le aree del mondo sottoposte alla
ricolonizzazione guidata da Washington.
Far capire le ragioni
della nostra crisi è tuttavia difficilissimo di fronte all'apparente
evidenza delle spiegazioni più immediate, spiegazioni che sono le più
facili da recepire anche perché, utilizzando efficacemente
l'esternalizzazione del conflitto, sono assai autoconsolatorie.
Questa degradazione - va notato - ha colpito anzitutto i ceti intellettuali.
Assorbiti ieri nel consensus dell'universalismo dirittumanista, questi
ceti sono ammaliati oggi, dopo il fallimento sociale di quella tendenza,
dal nuovo consensus sovranista. A conferma della loro disorganicita e
subalternita strutturale, che li rende in ogni circostanza apologeti
dell'esistente.
Chi più si atteggia a trasgressivo, più in realtà
fiancheggia il sovversivismo con cui le classi dirigenti outsider
stanno scalzando le vecchie classi dirigenti stabilite. In una lotta
mortifera tra frazioni di capitale che creano i rispettivi eserciti di
massa dopo aver distrutto ogni legame sociale con le armi dello
spettacolo analogico e, ora, di quello digitale [SGA].
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