giovedì 27 febbraio 2020

Miseria della lamentazione "biopolitica"

Coronavirus. La paura dell’epidemia offre sfogo al panico, e in nome della sicurezza si accettano misure che limitano gravemente la libertà giustificando lo stato d’eccezione


Il virus della paranoia che permette al Potere di lavorare sulla nostra riprogrammazione cerebrale
Come nella questione delle migrazioni, al modello securitario neoliberale di impostazione repressiva si contrappone così un universalismo astratto e immediato che nessun interesse ha a comprendere le ragioni della psicosi e che ha a cuore solo l'Unico e le sue proprietà.

In entrambi i casi abbiamo spiegazioni all'insegna del complottismo che non spiegano nulla.
Se il primo tipo di risposta è odioso, il secondo è presuntuoso e fa di tutto per farsi odiare a propria volta: finisce oltretutto per coincidere con le posizioni di chi è assolutamente certo che dietro tutto questo ci siano le perfide multinazionali delle mascherine.



Nelle reiterate denunce di ispirazione foucaultiana relative all'uso "biopolitico" dell'emergenza al fine di creare artificialmente uno stato d'eccezione che verrebbe pian piano elevato a governo della normalità ai fini di un "disciplinamento" o - i foucaultiani stessi sono spesso in disaccordo tra loro - di un "controllo" sociale generalizzato, c'è sempre stata una cosa che non mi è mai tornata, al di là del rischio strisciante di un certo complottismo grossolano che è speculare al complottismo dei populisti-sovranisti.

Esattamente, quale selvaggia pulsione sociale alla sovversione dovrebbe essere oggi disciplinata o tenuta sotto controllo? Quale rivolta dei subalterni - che a me sembrano semmai desiderosi di intrattenimento, protezione e sangue altrui: questo bisogna spiegare - si tratterebbe di prevenire?
Nel vigente stato catatonico delle masse, conseguenza di una sconfitta profonda le cui ripercussioni saranno di lunghissima durata, l'unico empito di sovversione è oggi a guardar bene quello che proviene dalle classi dirigenti, come quasi sempre è avvenuto nella storia del nostro paese.
Usare un argomento che è stato anche valido in contesti e momenti determinati come una facile spiegazione monocausale passepartout, valida in ogni tempo e in ogni luogo - e presentare come chissà quale subdolo segreto dell'arte di governo alcune pratiche anche abbastanza scontate di gestione della società di massa - mi pare sia in realtà la copertura di un atteggiamento pregiudiziale nei confronti dello Stato in quanto tale e del potere in quanto tale: entrambi considerati per definizione e necessariamente come repressivi, e dunque segretamente "fascisti" a prescindere non solo dalla loro fenomenologia ma soprattutto dai rapporti di forza che li innervano.
E' una copertura, oltretutto, che sembra in realtà esonerarci con una formula magica dalla fatica dell'analisi e della negazione determinata e che ignora filoni interpretativi non meno significativi, come quello che riconduce semmai lo stile di governo novecentesco alla mobilitazione totale sperimentata nella guerra imperialista o ancora prima alla tradizione coloniale.
Ammesso che esista, infine, il potere biopolitico è sempre cattivo? E il bios che verrebbe manipolato è sempre di per sé spontaneamente buono - come il mitologico Popolo dei sovranisti - in quanto si identifica con un potere sociale costituente che è a sua volta sempre innocente? [SGA].

P.S.
Rimane comunque un angoscioso interrogativo: Camurri ha veramente 33 anni, come dice la scheda sul Foglio?


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