lunedì 6 aprile 2020

Il mito della democrazia liberale da Bobbio a Sartori a Pasquino


Gianfranco Pasquino: Minima Politica. Sei lezioni di democrazia. Utet, Torino, pagg. 176, € 14

I nervi sensibili della politica
Paolo Pombeni Domenicale 5 4 2020
Vagamente ispirato ai Minima Moralia di Adorno (ma l’autore subito avverte che non vuole andar oltre una suggestione per il titolo), questo volume si pone l’obiettivo di aiutare il lettore a capire la politica. Soprattutto in un contesto in cui, come Pasquino avverte anche con una certa verve polemica, ormai si parla a vanvera di un mondo che si pensa non abbia alcuna regola e men che meno alcuna razionalità, è quanto mai opportuno richiamare che la politica deve essere capita e rappresentata all’interno delle sue logiche. È la lezione che l’autore presenta come risalente ai suoi maestri Bobbio e Sartori che tanto hanno lavorato per dare fra il resto “definizioni” ai concetti della politica.
Il libro è articolato, come suggerisce anche il titolo, su sei argomenti, indubbiamente centrali nell’attuale dibattito. Per la verità c’è una certa differenza fra la trattazione dei primi tre casi in cui maggiormente si sentono la vis polemica e la passione politica di Pasquino, e gli altri tre dove è più marcato lo sforzo didattico (anche se lo stile si mantiene comunque leggibile).
Parlare di leggi elettorali, rappresentanza politica e presidenti della repubblica significa di questi tempi toccare nervi assai sensibili, per di più se a farlo è un autore che è stato anche attore all’interno dei dibattiti che queste tematiche hanno suscitato. Giustamente viene sottolineato che tra rappresentanza e governabilità non c’è quel nesso che viene a torto reclamato da qualche apprendista stregone e che la rappresentanza politica è tutt’altra cosa dalla rappresentanza populistica. L’autore non si sottrae mai, qui come altrove, dal prendere posizione sulle questioni in campo, per esempio schierandosi a favore dell’uninominale a due turni in materia di sistemi elettorali: lo fa però sempre argomentando e portando esempi su quanto avviene nei vari contesti, cioè dando un contributo utile anche a chi non fosse d’accordo con le sue tesi.
Il capitolo forse più “caldo” è quello dedicato ai presidenti della repubblica, figure divenute sempre più centrali nelle vicende politiche degli ultimi decenni. Pasquino si sofferma sulla nota immagine della “fisarmonica presidenziale” che si gonfia o si restringe a seconda dei contesti politico-parlamentari che richiedono e/o concedono più o meno spazio agli interventi del Quirinale. Viene discusso quel che emerge dai volumi dedicati ai presidenti della repubblica curati da Cassese, Galasso e Melloni, ma qui mi permetterei di dire che se si andasse un po’ oltre quelle rappresentazioni si vedrebbe che gli inquilini del Quirinale (e probabilmente i loro staff su cui si sa pochino) hanno sempre cercato di dare un loro apporto alle dialettiche politiche.
I capitoli dedicati a questioni legate più al dibattito sulla politica che al confronto politico corrente affrontano temi cruciali su cui è ancor più opportuno auspicare una crescita di consapevolezza nella pubblica opinione. Non che siano questioni di scarso rilievo. Partiamo dal tema del “deficit democratico”, una formula di cui Pasquino denuncia giustamente l’ambiguità, che viene applicata ai fenomeni più diversi: dal funzionamento della Ue alla vita interna dei partiti e dei sindacati. Se è vero che nella sua più corretta accezione il concetto stigmatizza una situazione in cui i cittadini hanno scarse possibilità di intervenire sulla politica e sui politici, viene anche fatto notare che a volte i cittadini che lamentano questo stato di cose sono deficitari nell’informarsi e nel partecipare.
Anche il tema della governabilità, intesa come la compresenza di stabilità politica e di efficacia decisionale viene sottoposto ad analisi critica, anche se in questo caso l’attacco en passant alla riforma costituzionale proposta da Renzi ci pare un po’ fuori target.
La conclusione sulle cosiddette “democrazie illiberali” tocca un tema di grande rilevanza oggi. Assolutamente condivisibile il rigetto della accettabilità di questo che è un autentico ossimoro: la democrazia è pluralismo competitivo, è poliarchia, non semplice presenza di strumentazioni tipo le elezioni o la distribuzione nominale dei poteri in organi diversi, che si possono benissimo manipolare per ricondurle ad una unica centrale che impedisce ogni dialettica e competizione. © RIPRODUZIONE RISERVATA


1 commento:

Mauro ha detto...

Sartori della democrazia liberale non ha mai capito nulla.
Infatti definì UK e Germania democrazie monopartitiche.
Questo chiarisce quanto sapesse di democrazia e di politica in generale.