lunedì 30 novembre 2020

Una storia dei Bee Gees

Bee Gees fever
Il documentario sulla band simbolo della disco music

Fulvia Caprara Stampa 3' 11 2020
Oltre gli accordi ritmati di una musica che ha segnato epoche diverse, oltre i numeri straordinari del successo, tra vendite e posizioni nelle classifiche degli hit, oltre le esibizioni davanti a folle oceaniche, oltre i look sgargianti, camicie a sbuffo, giubbotti luminescenti, pantaloni a zampa d'elefante, c'è, nella storia dei «Bee Gees», una qualità unica che riguarda i legami parentali, il loro essere, prima di tutto, fratelli, uniti da una solidarietà di affetti capace di reggere l'impatto della popolarità travolgente, ma anche quello delle tragedie esistenziali, delle perdite, delle dipendenze, delle morti improvvise. Guidati da questa visione, il regista Frank Marshall e il produttore Nigel Sinclair hanno realizzato The Bee Gees: How can you mend a broken heart, il documentario che ricostruisce la vicenda della band formata da Barry, Robin e Maurice Gibb, artisti cruciali nella storia del pop e della disco music, nati nell'isola di Man, cresciuti a Manchester e poi emigrati in Australia, a Brisbane, alla fine degli Anni ‘50: «La ragione principale che ci ha spinti a realizzare il film - spiega Sinclair nell'intervista via Zoom - è stata proprio la volontà di ricostruire il percorso di una famiglia che, tra alti e bassi, accordi e disaccordi, è riuscita a stare insieme fino alla fine».
La scomparsa di Maurice, nel 2003, seguita da quella di Robin, nel 2012, chiude l'attività del gruppo che aveva deciso di chiamarsi «Brother's Gibbs» e che, dalla contrazione di quelle iniziali, aveva poi tratto il nome definitivo: «Abbiamo seguito il loro viaggio alla scoperta di se stessi, scoprendo ogni giorno cose nuove. A differenza dei film, in cui tutto è previsto e scritto nelle sceneggiature, i documentari offrono occasioni di libertà illimitata».
L'unico dei fratelli tuttora in vita è Barry, classe 1946: «Come tante altre persone nel mondo - spiega Frank Marshall - ho amato da sempre la musica dei "Bee Gees", ma solo quando, 3 anni fa, ho incontrato per la prima volta Barry, ho capito fino in fondo le ragioni che li hanno resi unici, il loro istinto creativo, il loro umorismo, la forza della loro unione. Sono sempre attratto dai soggetti interessanti e questo, indubbiamente, lo era». Gli interrogativi di fondo riguardavano la longevità dei «Bee Gees», la capacità di resistere alle mode, il miracolo dei celebri falsetti, i brani orecchiabili al primo ascolto: «Volevamo raccontare come mai le canzoni di questo gruppo sono riuscite a restare per tanto tempo nel cuore di tutti. Il talento di Barry, Maurice e Robin ha avuto un impatto straordinario in tutti i Paesi del mondo, per oltre 50 anni, e la loro eredità influenzerà le generazioni a venire».
Foto dei fratelli ragazzini e poi adolescenti, delle prime esibizioni, dei fan in estasi, dei titoli enormi sui giornali, di atterraggi trionfali negli aeroporti del mondo, scandiscono la cronaca delle tappe salienti. Dopo I started a joke, del ‘69, dopo Best of Bee Gees, Robin sceglie di imboccare la strada di una carriera solitaria, ma il periodo di separazione non giova a nessuno dei fratelli e il trionfo arriva di nuovo solo nel ‘71, con il singolo che dà il nome al film: «È il mio brano preferito - dice Nigel Sinclair - quello che testimonia il desiderio di ritrovarsi e che, proprio per questo, è diventato famosissimo».
Nel ‘77 i passi dei «Bee Gees» s'intrecciano con quelli di John Travolta che, sulle note della loro colonna sonora, volteggia nella Febbre del sabato sera, regia di John Badham. Il film fenomeno lancia il divo, scatenando un entusiasmo contagioso, in ogni angolo del pianeta. Le sale cinematografiche si trasformano in discoteche e gli spettatori, mentre seguono sullo schermo l'epopea di riscatto di Tony Manero, si alzano per ballare seguendo i ritmi di Stayin Alive, Night Fever, More than a woman. Le musiche vennero pubblicate il 10 dicembre, una settimana prima dell'uscita della pellicola, l'album scalò immediatamente le classifiche musicali, fino a conquistare, negli Usa, la vetta della «Billboard 200», dove rimase per 24 settimane consecutive, per poi diventare il disco più venduto dell'anno in diversi Paesi, tra cui Italia, e occupare la prima posizione nelle classifiche di più di 30 nazioni. Un'affermazione che quasi stupì gli stessi artefici: «Il "blend" delle loro voci e dei loro testi - osserva Marshall - era unico, capace di stabilire una connessione diretta con il pubblico e di trascendere le epoche». In Bee Gees How can you mend a broken heart (in versione originale sottotitolata dal 14 dicembre sulle piattaforme Prime Video, Apple Tv e Google Play) sfilano le testimonianze celebri di Eric Clapton, Mark Ronson, Noel Gallagher, Chris Martin, Justin Timberlake, tutti interrogati sulle ragioni di una persistenza così ampia e trasversale: «In genere i gruppi musicali formati da fratelli - riflette Nigel Sinclair - non vanno avanti per molto tempo, a un certo punto si sciolgono. I "Bee Gees", invece, hanno continuato a lavorare insieme e questo rende irripetibile la loro avventura umana». —
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